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Ecco cosa ci è sfuggito sugli Usa di oggi. La lettura di Pennisi

Giuseppe Pennisi conosce bene gli Usa, dopo aver vissuto per più di tre lustri a Washington DC. Sulle ultime vicende americane teme siano sfuggiti due punti importanti, uno sul piano interno ed uno sul piano delle relazioni con l’Unione europea (destinate a migliorare)

Ho vissuto più di tre lustri a Washington DC, dapprima come studente alla School of Advanced International Studies della Johns Hopkins University e poi come funzionario prima e dirigente poi della Banca mondiale. Per diversi anni, anche dopo il mio rientro in Italia, sono andato frequentemente nella città dove ho incontrato mia moglie e dove sono nati i nostri figli e vi hanno vissuto da bambini.

Ho seguito con attenzione le elezioni ed il periodo post elettorale sino al drammatico assedio al Campidoglio. Mi sono sempre trattenuto dall’intervenire perché anche quando ero negli Stati Uniti, ospite con un visto G4, ossia para diplomatico, non partecipavo al dibattito politico. Avevo amici americani impegnati in politica, come Seth Tillman, più anziano di me, capo di gabinetto di Fulbright e protagonista dell’azione politica per frenare la guerra nel Sud Est Asiatico, e David Stockman, di poco più giovane di me e dopo alcuni anni come deputato repubblicano alla Camera dei Rappresentanti, Ministro del Bilancio della prima Amministrazione Reagan e autore quindi della politica di crescita di quegli anni. Tuttavia, non potevo avere la passione civile per partecipare, sia per il mio status sia perché viaggiavo tre mesi l’anno, nei primi anni in Medio e soprattutto Estremo Oriente e successivamente in Africa. Vivevo a Washington, ma guardavo la politica americana con il cannocchiale, leggevo un quotidiano italiano al giorno e, quando arrivava, un settimanale, oltre che il Washington Post ed il New York Times.

È stato scritto molto sulle ultime vicende americane. Temo, però, che siano sfuggiti due punti importanti, rispettivamente uno sul piano interno ed uno sul piano delle relazioni atlantiche. Quale che siano le opinioni sulla Presidenza Trump, è fuor di dubbio che il Great Old Party, il partito repubblicano, ha subito una sconfitta senza precedenti. Ha perso la Casa Bianca e soprattutto il controllo del Senato grazie alla vittoria del Partito Democratico nel ballottaggio per i due seggi della Georgia, cosa che non succedeva dal 1892.

Anche se un’indagine del settimanale The Economist (non certo favorevole a Donald Trump) avverte che il 64% dei 70 milioni di elettori che hanno votato per il Presidente uscente credono che la vittoria di Joe Biden dipenda da brogli elettorali (tra codesti ci sono anche miei cari amici personali), la caduta è stata tale che potrebbe innescare un riassetto del Partito Repubblicano vasto e profondo simile a quello che avvenne dopo la sconfitta di Barry Goldwater nel 1964 ed analoga a quella che fece il Partito Democratico dopo il crollo di Walter Mondale nel 1984. Tuttavia, la situazione sociale americana è profondamente cambiata. Nonostante la rapida ripresa economica dopo la crisi finanziaria del 2008-2009 (sino alle soglie della pandemia), il ceto operaio bianco che costituiva l’ossatura dell’elettorato del Partito Democratico è ora l’ala più “arrabbiata” del Partito Repubblicano. Ci vorrà tempo prima di tornare al “galateo istituzionale” che ha permeato gli Stati Uniti sino ad una decina di anni fa.

Per quanto riguarda le relazioni transatlantiche, le relazioni tra Stati Uniti ed Unione europea (Ue) paiono destinate a migliorare. Sembra certa una riaffermazione degli impegni americani alla difesa comune, in base all’articolo 5 della Nato, ma gli europei non potranno esimersi dall’aumentare il loro contributo. Biden ha anche in animo di creare “un vertice delle democrazie” contro le autocrazie che dovrebbe essere non tanto un evento di grande richiamo mediatico quanto il tema dominante di un dialogo costante con l’Ue. In questo contesto, si parla di un rilancio della Transatlantic Trade and Investment Partnership, i cui negoziati vennero interrotti ai tempi della seconda Amministrazione Obama. Ci sono due temi su cui i rapporti Usa-Ue potrebbero seriamente soffrire: dazi europei su prodotti americani considerati inquinanti e imposte Ue sui colossi del web. Occorre, quindi, stare in guardia.

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