Cento grazie per Donald Trump. Il presidente in uscita medita l’ultimo giro di grazie prima di abbandonare la Casa Bianca, e chiede anche una parata militare (ma il Pentagono dice no). Il punto di Giampiero Gramaglia
Donald Trump è pronto a concedere la grazia e a commutare la pena a circa 100 persone alla vigilia del suo addio alla Casa Bianca. Lo riferisce la Cnn, secondo cui il magnate avrebbe però rinunciato a graziare se stesso, come s’è ripetutamente ipotizzato che avrebbe fatto.
Nella lista delle persone in odore di grazia ci sono colletti bianchi condannati per reati penali, rapper di alto profilo e vecchi amici e alleati come Steve Bannon o Rudolph Giuliani. Circola sempre la voce di grazia preventiva a membri della sua famiglia.
Ieri, il New York Times pubblicava una sorta di tariffario della grazia: i provvedimenti di clemenza del magnate sarebbero oggetto d’un vero e proprio mercato nel quale hanno prosperato intermediari.
I sondaggi più recenti indicano che Trump lascia la presidenza con l’indice di gradimento più basso del suo mandato: il 29%, secondo l’ultimo rilevamento del Pew Research Center. Nei quattro anni alla Casa Bianca, l’indice del magnate si era sempre attestato tra il 35% e il 45%.
Il crollo della popolarità di Trump è collegato ai fatti del 6 gennaio, con l’assalto al Congresso dato dai suoi sostenitori. Secondo un sondaggio per la Cnn, il 54% degli intervistati ritiene che Trump dovrebbe essere rimosso dal suo incarico prima della fine del mandato il 20 gennaio – è però escluso che la procedura d’impeachment avviata vada in porto così rapidamente.
Secondo un sondaggio di Washington Post ed Abc, Joe Biden entrerà mercoledì alla Casa Bianca con il favore del 49% degli americani: è un indice di gradimento superiore a quello di Trump quattro anni or sono (38%), ma ben distante dal 61% di Barack Obama nel gennaio 2009.
Il 67% approva come Biden ha gestito una contrastata transizione, contro il 40% di Trump nel 2017. Anche qui però si è lontani dall’80% di Obama nel 2009, dal 72% di George W. Bush nel 2001 e dall’81% di Bill Clinton nel 1993. Sei americani su dieci, infine, pensano che Biden sia stato eletto legittimamente, anche se sette repubblicani su dieci continuano a pensare il contrario.
Il week-end ad alta tensione, nel quale si temevano proteste e disordini a Washington e altrove nell’Unione, è invece trascorso senza incidenti di rilievo. A Washington, che è una zona di guerra dopo l’assalto al Congresso, i militari schierati a difesa della Casa Bianca e del Campidoglio sono già quasi 10 mila e saliranno a ben 25 mila di qui a mercoledì; e almeno altri 19 Stati Usa hanno già mobilitato la Guardia Nazionale a protezione delle sedi delle proprie istituzioni.
Oggi, è una festa federale negli Stati Uniti: il Martin Luther King Day. A tenere alto l’allarme sono post sui social e sui siti dell’estrema destra che da giorni invitano i sostenitori di Trump a marciare su Washington e a manifestare anche nelle capitali di tutti i 50 Stati Usa.
Il Pentagono avrebbe respinto la richiesta di Trump di una parata militare il 20 gennaio per la fine del suo mandato. Secondo media Usa, che citano fonti non identificate, il magnate avrebbe voluto l’evento immediatamente prima del giuramento di Biden, presente una folla di suoi sostenitori. Non è chiaro se la cerimonia doveva avvenire davanti la Casa Bianca, alla base militare di Andrews oppure a West Palm Beach in Florida.
S’è intanto saputo che fra i primi atti di Biden appena insediatsio alla Casa Bianca ci sarà la revoca del permesso di realizzare l’oleodotto Keystone XL. L’autorizzazione per la controversa opera, che attraversa territori considerati sacri dai nativi americani, era stata concessa da Trump nel 2017, dopo che Obama l’aveva bloccata nel 2015.
Il Keystone XL è un’opera lunga quasi duemila chilometri che dovrebbe trasportare a regime circa 830 mila barili di petrolio al giorno, dalla regione dell’Alberta in Canada negli Stati Uniti attraverso Montana, South Dakota e Nebraska. Chi si oppone al Keystone XL ritiene l’infrastruttura dannosa sia dal punto di vista ambientale che culturale.
Twitter sospende la neo-deputata di QAnon – (ANSA) Una neo-eletta deputata repubblicana nota per aver promosso le teorie complottiste di QAnon accusa Twitter di ensura: il suo account è stato sospeso per 12 ore per “violazioni multiple”. Marjorie Taylor Greene aveva postato accuse di frodi frodi elettorali presunte in Georgia, il suo Stato d’origine.
Twitter ha segnalato almeno due suoi tweet come “contestati”, impedendo che fossero condivisi o ritwittati, evidenziandoli come a rischio di incitare alla violenza. L’account della neo-deputata è stato sospeso a causa di “molteplici violazioni della nostra politica di integrità civica”, ha spiegato un portavoce di Twitter.
La Greene, una sostenitrice di Trump, ha fatto eco alle infondate affermazioni del magnate di brogli nelle elezioni del 2020. Ha pure abbracciato le teorie complottiste di QAnon ed è stata presentata dal presidente come una “futura star repubblicana”.
La sospensione dell’account della Greene è l’ultima di una serie sulla scia dell’attacco del 6 gennaio al Campidoglio degli Stati Uniti. Due giorni dopo, Twitter ha bandito Trump e ha poi cancellato oltre 70.000 account legati a QAnon. Apple e Google hanno anche vietato il download di Parler, un’app simile a Twitter popolare nella destra, e Amazon ha cacciato la piattaforma dai suoi server. Ciò ha indignato molti conservatori, che affermano che i giganti della tecnologia violano la libertà di parola.