Skip to main content

Ecco la sfida indiana al Consiglio di sicurezza dell’Onu. Scrive Vas Shenoy

Di Vas Shenoy

Il mandato Indiano al Consiglio di sicurezza dell’Onu inizia in un mondo colpito dalla pandemia con tante crisi aperte che minacciano la sicurezza di quasi un miliardo di abitanti di questa terra. Tuttavia, dopo la pandemia, il problema più grave che affronta la comunità globale è l’aggressività economica e militare cinese. L’analisi di Vas Shenoy, ricercatore sulle relazioni Europa-India

Con il 1 gennaio 2021, inizia il mandato biennale dell’India al Consiglio di sicurezza Onu. Per l’India, che da tempo mira ad una posizione permanente all’interno del consiglio, questo è il suo ottavo mandato. Oggi il popolo indiano rappresenta un sesto della popolazione mondiale. E la democrazia più popolosa al mondo ed entro il 2025 supererà la Cina come il Paese con un maggiore numero di abitanti. Dopo la pandemia, è la sesta economia e rappresenta l’unico potere democratico laico in Sud Asia che resiste al dominio cinese. Dovrebbe già meritare il posto permanente nel consiglio di sicurezza Onu ma in realtà, non è ancora così.

Il mandato Indiano inizia in un mondo colpito dalla pandemia con tante crisi aperte che minacciano la sicurezza di quasi un miliardo di abitanti di questa terra. I conflitti in Libia, in Siria e in Yemen e le instabilità nel corno di Africa, le tensioni nel Medio Oriente tra Iran e Israele. Tuttavia, dopo la pandemia, il problema più grave che affronta la comunità globale è l’aggressività economica e militare cinese.

DAL MOVIMENTO DEI PAESI NON-ALLINEATI (NAM) A VASUDHAIVA KUTUMBAKAM

L’elefante indiano ha ricoperto un ruolo nell’indottrinamento internazionale di non allineamento e non interferenza. Nel 1955 l’India ha fondato il Movimento dei Paesi non-allineati (NAM) con l’Indonesia e la Jugoslavia. Nel suo discorso inaugurale del mandato Onu, il presidente del Consiglio Indiano Narendra Modi ha dichiarato che la strategia Indiana per il suo biennio seguirà i principi di rispetto, dialogo, cooperazione, pace e prosperità. Il premier ha iniziato il mandato con la dichiarazione: “Il mondo è un’unica famiglia”, citando il saggio antico di Mahā Upanishad Vasudhaiva Kuṭumbakam che si trova inciso all’ingresso del Parlamento indiano. Questa dichiarazione di alti ideali non sembra niente altro che una continuazione di uno storico progetto dove l’India cerca di raccogliere consensi e non passa mai ai fatti.

Per diventare una grande potenza ed avere un posto permanente nel consiglio Onu è importante che l’India prenda posizioni nette nella politica internazionale, cominciando per esempio dai Paesi vicini. Il problema dei Rohingya, espulsi da Myanmar da un regime appoggiato dalla Cina, ha creato una profonda crisi umanitaria e di sicurezza al Bangladesh, che ha solo ricevuto gesti di aiuti simbolici e parole di supporto dal governo Indiano. È necessario che il governo Modi sia pronto ad impegnarsi a difendere i Rohingya, supportare il Bangladesh e utilizzare il suo mandato per fermare la pulizia etnica in Myanmar. Ma anche le comunità Uigure della provincia Cinese di Xanxiang, perseguitate per la loro fede Islamica dalle autorità di Pechino, sono alla ricerca di un campione per la loro causa nei fori internazionali. L’India, il terzo Paese Islamico nel mondo con una minoranza di 200 milioni di musulmani ha il dovere e diritto di difendere queste due minoranze, quando i paladini di Islam, Arabia Saudita, Turchia e Pakistan rimangono in silenzio per non affrontare la Repubblica Popolare Cinese.

2020 È DOMINIO CINESE

La (mala) gestione della pandemia doveva isolare la Cina nel 2020, ma ha portato alla luce la dipendenza del mondo dall’industria low cost cinese. Invece la Cina ha iniziato il 2021 più potente. Nel novembre del 2020 ha firmato la Rcep (“Regional comprehensive economic partnership”) che unisce i paesi Asean-10, l’Australia, il Giappone, Sud Corea – in totale 15 Paesi della Sud-Est Asia e ha creato una zona di libero scambio che rappresenta il 30% della popolazione e Pil mondiale. Gli ultimi giorni del 2020, l’Unione europa ha siglato l’Eu-China comprehensive investment agreement (CAI), dopo 7 anni di negoziati. L’accordo con l’India è invece, dopo 11 anni, ancora sul tavolo. La CAI è stata fortemente voluta da Angela Merkel che negli ultimi giorni della presidenza tedesca (in uscita nel 2021), è diventata uno di suoi ultimi atti importanti a livello europeo. Merkel ha ignorato le posizioni dell’uscente presidente Americano Trump che dava filo da torcere al neo-eletto presidente Biden. La firma della CAI è stata un’azione franco-tedesca, ignorando gli altri membri dell’Unione, con la presenza del presidente francese Emmanuel Macron alla firma virtuale che, così facendo, è andato contro ogni protocollo. Italia è stata esclusa da questo progetto, come altri membri dell’UE.

Se l’apertura alla Cina aiuta l’export di Paesi industriali come la Germania e Francia, la Cai è un vero pericolo per Paesi come l’Italia che sono fatti di piccole media imprese. Con questi due accordi il dominio economico cinese si consolida e diventa una seria minaccia per la comunità internazionale, creando due fronti: Americana e cinese, lasciando il resto del mondo vittima delle aggressioni Cinesi.

LA NECESSITÀ DI UNA DOTTRINA MODI

In questo scenario l’India ha tanto da offrire se Modi cambiasse la sua “wait and watch” policy. Con il mandato sul consiglio di sicurezza, l’India può giocare un ruolo importante di mediatore in Libia, un storico alleato, dove è considerato “extra partes”. Potrebbe anche mediare tra l’asse Israele-EAU e Iran, avendo dei rapporti eccellenti con entrambe le parti. Prendendo la leadership in questi due conflitti, India inizierebbe a contrastare la Turchia, alleato cinese con sogni di espansione e anche sponsor importante di terrorismo in India. L’approccio Indiano per colmare il vuoto diplomatico che esiste tra gli Stati Uniti, Israele, paesi del Golfo persico e Iran può essere l’inizio di un dialogo sostenibile che rompe anche l’alleanza tra Cina-Pakistan-Turchia-Iran-Qatar.

Con la “Indian Ocean Rim Association”, l’India ha già una base per il suo dominio nell’oceano Indiano che è di importante beneficio per l’Europa per la sicurezza aumentata dalle sue navi. Il rinnovamento del Quad (un gruppo marittimo navale considerata la Nato di Asia con Usa, India, Giappone e Australia) con la firma del Basic Exchange and Cooperation Agreement (BECA) iniziano a sfidare il dominio cinese nel Mar Cinese meridionale e nell’Indo-Pacifico.

Nei vari conflitti risulta chiaro che ci vuole una terza via più ragionevole, pacifista e del centro. Per questo ci vuole una dottrina Modi. La sua eredità nella politica internazionale è a metà strada tra il consumismo sfrenato americano e l’aggressione cinese da dominare. Se in questi due anni l’India utilizza il suo mandato bene, può ricoprire finalmente il ruolo di una grande potenza, quello che gli aspetta. L’era della globalizzazione come impostata da Clinton è ora finita con la pandemia. La dottrina Modi può essere l’inizio di una nuova globalizzazione sostenibile ed equa.

EUROPA E OCCIDENTE PER LA SICUREZZA

L’Europa e l’occidente devono riconoscere l’importanza della democrazia indiana per combattere la dittatura comunista cinese. Accordi e commercio sostenibile sono possibili con partner che hanno valori comuni e l’Europa condivide poco con la Cina ed i suoi alleati. L’occidente libero deve appoggiare l’India in un percorso singolare per controllare l’espansione cinese.

La presidenza indiana del G20 nel 2022 può anche diventare il tributo a una “pax-Indiana”, un ombrello per i Paesi piccoli e deboli che hanno una voce forte e che lottano per conservare i loro valori.

×

Iscriviti alla newsletter