Le aziende europee temono sempre più l’inevitabile decoupling tra Usa e Cina e si lamentano della Via della Seta con cui Pechino le esclude dai Paesi terzi. Ultima chiamata per l’Europa? Il rapporto della European Chamber of Commerce in China in partnership con il Merics
Pechino cerca la via dell’autosufficienza, gli Stati Uniti progettano il decoupling economico, soprattutto in tema digitale. Che ne sarà dell’Europa e dei suoi progetti di autonomia (o sovranità, che dir si voglia) strategica specie dopo il discusso accordo sugli investimenti con la Cina? Le conclusioni del recente rapporto “Decoupling: Severed Ties and Patchwork Globalisation” pubblicato dalla European Chamber of Commerce in China in partnership con il Merics, istituto che si occupa delle relazioni tra l’Unione europea e la Cina con sede a Berlino, non sono affatto incoraggianti.
I TIMORI
“Le aziende europee che operano in Cina sono già state colpite in vari modi” dal decoupling in corso tra Stati Uniti. “Molte temono che proseguire su questa pericolosa rotta verso una completa frattura dei legami economici e tecnologici tra gli Stati Uniti e la Cina possa suonare la campana a morto per i loro affari in Cina o costringerli a un approccio ‘a doppio binario’ verso la tecnologia e le catene di approvvigionamento, che causerà danni irreparabile alle loro operazioni globali e ai mercati interni”.
PAURE IN CAMPO DIGITALE
Lo studio è stato effettuato su 120 aziende europee che operano in Cina ed evidenza le dinamiche delle catene di approvvigionamento, dei componenti critici e dell’innovazione, rivelando “preoccupazioni in rapida crescita” da parte delle compagnie del Vecchio continente in merito alla definizione di standard, ai dati e alla tecnologia digitale, all’intelligenza artificiale e all’Internet delle cose.
UN PUNTO DI SVOLTA
Siamo a “un punto di svolta”, spiegano gli esperti parlando del futuro della globalizzazione. L’amministrazione di Joe Biden “sarà probabilmente meno corrosiva e creerà meno svolgimenti all’ordine economico globale” rispetto a quella di Donald Trump. Ma, oltre a essere un errore pensare che il decoupling sia stato scatenato dal presidente uscente, vanno considerati alcuni elementi: in particolare lo spostamento dell’opinione pubblica quando si parla di Cina e un crescente consenso bipartisan a Washington per considerare il Dragone un competitor strategico.
LA VIA DELLA SETA
Di particolare interessa per l’Italia, che nel marzo del 2019 è diventata il primo Paese del G7 a siglare un memorandum d’intesa sulla Via della Seta, sono alcuni passaggi dedicati al suddetto progetto espansionistico di Pechino. Il rapporto racconta delle difficoltà delle aziende europee a ottenere “l’accesso alle attività di standardizzazione all’interno della Cina”. Si osserva come Pechino abbia cercato di promuovere gli standard cinesi nei Paesi terzi attraverso la Via della Seta, che potrebbe portare alla dipendenza tecnologica e all’esclusione delle aziende europee. “Di grande preoccupazione, in particolare per le aziende coinvolte nelle infrastrutture o nell’energia, è la promozione degli standard cinesi lungo l’iniziativa Belt and Road, in particolare nei progetti che sono per lo più finanziati dalla Cina. Se un Paese ‘destinatario’ del progetto accetta l’utilizzo di standard cinesi, l’effetto immediato sarà una drastica riduzione delle possibilità per le aziende straniere di partecipare a tali progetti”, si legge. Questo sembra valere soprattutto per i gruppi europei che cercano di lavorare in quei Paesi africani e nel Sud-Est asiatico che hanno aderito alla Via della Seta. E sembra un’ulteriore conferma che la firma del 2019 non abbiamo portato all’Italia né maggiori scambi commerciali con la Cina né maggiori aperture né un migliore rapporto politico su cui basare intese industriali.