Skip to main content

Anticorpi monoclonali per trattare il Covid, Lilly: “Sono efficaci, aspettiamo piano organizzativo”. Il video

Anticorpi monoclonali per trattare il Covid, Lilly: “Sono efficaci, aspettiamo piano organizzativo”

Roma, 9 feb. (askanews) – Anticorpi monoclonali, un’arma in più nella lotta al Covid-19 ora anche in Italia. All’indomani della pubblicazione in Gazzetta ufficiale del decreto del ministro della Salute, Roberto Speranza, che autorizza il bamlanivimab e per la prima volta al mondo l’associazione di anticorpi monoclonali bamlanivimab-etesevimab, prodotti dall’azienda farmaceutica Eli Lilly, e l’associazione di anticorpi monoclonali della Regeneron/Roche, askanews è andata alla BSP Pharmaceuticals S.p.A. di Latina che la Lilly ha individuato per alcune fasi della produzione a livello mondiale del bamlanivimab.

Gli anticorpi in pratica sono proteine prodotte in risposta alla presenza di antigeni estranei all’organismo, come batteri e virus. Il processo per arrivare a un monoclonale è lungo e complesso e attraversa varie fasi. A Latina arrivano gli anticorpi che la Lilly produce in altri stabilimenti; vengono frazionati e sterilizzati, tutto in sicurezza e in ambienti contenuti; poi la Lilly si occupa della distribuzione, dopo i test di rilascio fatti in un laboratorio negli Usa. Attualmente il bamlanivimab è già stato autorizzato all’uso in emergenza in Stati Uniti, Canada, Arabia Saudita, Ungheria e Germania. Ora che c’è il via libera lo sarà anche in Italia.

Aldo Braca, presidente e fondatore della BSP Pharmaceuticals: “Io mi fido molto di questo prodotto, è una cura, se si fa trovare il corpo pronto, all’inizio dell’infezione, con una dose molto alta di anticorpi specifici non si può dire che non sia cura. Non è un vaccino, sono anticorpi specifici iniettati nel sangue pronti a intervenire”.

L’azienda è pronta a fare la sua parte. “Per l’Italia o altri paesi in Ue se riceviamo l’anticorpo possiamo quasi raddoppiare l’attuale capacità. Attualmente stiamo intorno ai centomila a settimana ma ne possiamo fare anche di più”.

La Lilly, azienda statunitense, con sede in Italia a Sesto Fiorentino, ha investito molto sui monoclonali per il Covid-19 anche quando c’era scetticismo nella comunità scientifica e ha puntato sulla flessibilità non vincolandosi a un solo Paese, con 8 siti di produzione nel mondo, 4 per i principi attivi e 4 per realizzare il prodotto finale. E anche l’Italia con la Bsp con cui aveva già collaborato, è entrata in gioco.

Concetto Vasta, direttore affari istituzionali di Eli Lilly, ha sottolineato come ci sia grande collaborazione tra le aziende per fare presto, anche nell’ottica di prevenire le varianti del virus. Al momento, ha spiegato, non c’è ancora un contratto con l’Italia per la produzione, ma dovrebbe essere una questione di settimane, si aspetta un piano organizzativo. “L’efficacia è considerata molto buona, oltre il 70%, il punto cruciale di questi farmaci è che vengano somministrati subito, entro i primi sei-sette giorni, più è veloce la somministrazione più si vedono gli effetti. Ora bisogna concentrarsi sulla parte organizzativa”.

Ed è questa la sfida. L’assessore alla Sanità della Regione Lazio, Alessio D’Amato e il sindaco di Firenze, Dario Nardella, hanno sottolineato l’importanza di avere anche quest’arma in più e di individuare rapidamente le linee guida per assicurare ai cittadini queste cure, i criteri di scelta dei pazienti e i luoghi in cui somministrarle.

(Servizio di Lucilla Andrich)



×

Iscriviti alla newsletter