Skip to main content

Un National security council per l’Italia. L’analisi di Mesini

Di Lorenzo Mesini

Dopo le polemiche sulle attribuzioni per le posizioni di Intelligence, da più parti ci si interroga sulla capacità italiana di esprimere una politica di sicurezza e difesa coerente e attenta agli interessi nazionali del Paese. Perché non dotarsi di un Consiglio di sicurezza nazionale sul modello americano e britannico? L’analisi di Lorenzo Mesini, PhD in Filosofia presso la Scuola normale superiore di Pisa

Le recenti polemiche sull’Intelligence hanno richiamato l’attenzione sull’opportunità di sottrarre una materia tanto delicata alle liti politiche. In Italia è stata avanzata più volte la proposta di istituire un National security council (Nsc) secondo l’esempio americano. La proposta è di grande interesse e pone urgentemente al centro del dibattito temi che meriterebbero una riflessione più approfondita rispetto a quella svolta sinora. Occorre tuttavia maggiore precisione nel definire i termini della questione per evitare imprecisioni, ambiguità e confusione. Quale funzione assolve il Nsc americano?

Da quando è stato istituito nel 1947 per supportare il presidente in materia politica estera, difesa, Intelligence ed economia, il Nsc ha garantito il necessario coordinamento tra i dipartimenti governativi e la Casa Bianca. Al suo interno si riuniscono i principali attori responsabili per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti. Il Nsc è inoltre dotato di un proprio staff e le sue attività sono organizzate all’interno di un sistema di commissioni multilivello. Il consigliere per la sicurezza nazionale (incarico non elettivo di nomina presidenziale) gestisce l’agenda quotidiana del presidente in materia di sicurezza ed è supportato dallo staff nella stesura di documenti classificati da sottoporre ai membri del consiglio.

L’esempio americano ci invita a riflettere sul carattere poliedrico del concetto di sicurezza nazionale, non riducibile alle più specifiche attività di Intelligence. La sicurezza dei propri cittadini e del proprio territorio rientra tra i doveri fondamentali di ogni governo. La sicurezza nazionale chiama in causa una pluralità di ambiti (difesa, Intelligence, politica estera e cooperazione internazionale, commercio internazionale, sicurezza interna, cyber-sicurezza) e definisce un insieme dinamico di sfide e problemi che richiedono risposte adeguate e coerenti. Si tratta di un compito complesso e al tempo stesso indispensabile per assicurare le ambizioni di ogni governo sulla scena internazionale.

L’Italia non dispone attualmente di un organismo analogo al National security council americano. Presso la presidenza del Consiglio dei ministri è presente il Comitato interministeriale per la sicurezza della Repubblica (Cisr), un organismo di consulenza e deliberazione sugli indirizzi e le finalità generali specifiche dell’Intelligence. Ammesso (e non concesso) che la principale esigenza italiana sia una maggiore indipendenza dell’Intelligence, allora il modello a cui rivolgersi non è il Nsc americano, in cui vige il primato della politica sulla burocrazia. Se si cerca l’indipendenza dalla politica e dai partiti occorre guardare ad altri esempi. Le tensioni verificatesi negli ultimi anni tra il presidente Trump e il Nsc ci ricordano che i contrasti tra politica e burocrazia non rappresentano una anomalia imputabile a indebite intromissioni politiche bensì l’esito fisiologico della mancanza di fiducia reciproca. Se invece, come ritiene chi scrive, la nostra principale esigenza è una cooperazione politica rafforzata in materia di sicurezza nazionale (non solo per l’Intelligence), allora il Nsc può fornire un valido modello.

Anche la Gran Bretagna ha istituito nel 2010 il proprio National security council, traducendo l’esempio americano all’interno del proprio sistema di governo. Quello inglese rappresenta probabilmente l’esempio più appropriato alle esigenze del nostro Paese, per via del comune sistema parlamentare. Un Consiglio per la sicurezza nazionale fornirebbe un forum per il dialogo e il coordinamento interministeriale garantendo una maggiore regolarità ed efficienza nei processi decisionali, una elaborazione strategica più sistematica e la costante attenzione del presidente del Consiglio in materia grazie al supporto di un apposito consigliere per la sicurezza. L’esempio americano e britannico ci invita tuttavia a una riflessione disincantata sulla condizione del Paese. Cosa accadrebbe se si istituisse un Consiglio per la sicurezza nazionale nelle condizioni attuali?

Il rischio di vedersi moltiplicare al suo interno le divisioni già presenti nella maggioranza di governo è molto elevato. Un consiglio interministeriale sul modello anglo-americano richiederebbe inevitabilmente il rafforzamento, attraverso modifiche costituzionali, della figura del presidente del Consiglio. Un simile organo presuppone infatti l’esistenza di un potere esecutivo coeso e di partiti fortemente intenzionati a condurre una politica estera corrispondente all’interesse nazionale. Si tratta di due elementi rari in un Paese come l’Italia che fatica ad accettare gli oneri politici e materiali connessi a una presenza attiva sulla scena internazionale.

L’assenza di una nozione condivisa di interesse nazionale nell’attuale classe politica è un limite culturale di lungo corso che non verrà direttamente colmato mediante l’istituzione di nuovi organi o comitati. Da solo un Consiglio per la sicurezza nazionale non colmerà le nostre lacune storiche. Senza uno sforzo di maturazione politica anche i migliori modelli organizzativi sono destinati all’impotenza. L’istituzione di un Consiglio per la sicurezza nazionale rappresenterebbe un passo in avanti necessario ma non sufficiente per risolvere le mancanze italiane, che sono di carattere etico-politico prima ancora che istituzionali. Un dibattito più ampio su questi temi consentirebbe sicuramente alle proposte recenti di acquisire maggiore profondità, aumentando le proprie possibilità di successo.

×

Iscriviti alla newsletter