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A che punto è la variante inglese (ma occhio alla brasiliana)

vaccino covid

Non c’è più solo la lotta al Covid, perché non c’è più un unico Covid, ma il corpo a corpo con le varianti, nell’evidenza che se non si accelera sul fronte dei vaccini il virus che da un anno a questa parte ha cambiato la vita dell’intero Pianeta muterà e muterà ancora, costringendo la scienza ad una rincorsa permanente, se fosse una gara di fondo sempre in coda al gruppo delle mutazioni

“In questa fase dell’epidemia quello che più ci preoccupa è la presenza di varianti virali. Quella sudafricana e brasiliana possono ridurre parzialmente l’efficacia dei vaccini, quindi abbiamo una sola cosa da fare: sbrigarci nelle vaccinazioni”. Taglia corto il direttore della Prevenzione del ministero della Salute, Gianni Rezza, nel punto stampa odierno sull’analisi dei dati del Monitoraggio settimanale della Cabina di Regia. E gli fa subito eco Silvio Brusaferro, presidente dell’Istituto superiore di sanità: “La situazione è molto delicata con segnali di ripresa anche nella circolazione delle varianti comune a tutti i Paesi europei”.

Insomma non c’è più solo la lotta al Covid, perché non c’è più un unico Covid, ma il corpo a corpo con le varianti, nell’evidenza che se non si accelera sul fronte dei vaccini il virus che da un anno a questa parte ha cambiato la vita dell’intero Pianeta muterà e muterà ancora, costringendo la scienza ad una rincorsa permanente, se fosse una gara di fondo sempre in coda al gruppo delle mutazioni. Che abbiamo scoperto parlano le lingue, c’è l’inglese, il sudafricano ma anche il brasiliano. E a guardar bene i dati regionali parlano anche i dialetti. Stiamo sui numeri. A livello nazionale la stima di prevalenza della cosiddetta ‘variante inglese’ del virus Sars-CoV-2 è pari a 17,8%, come rilevano i risultati preliminari della ‘flash survey’ condotta dall’Iss e dal ministero della Salute insieme ai laboratori regionali.

I campioni analizzati sono stati in totale 852 per 82 laboratori, provenienti da 16 regioni e province autonome, ripartiti in base alla popolazione. L’indagine ci dice che nel nostro Paese, così come nel resto d’Europa (in Francia la prevalenza è del 20-25%, in Germania sopra il 20%), c’è una circolazione sostenuta della variante, che probabilmente è destinata a diventare quella prevalente nei prossimi mesi. Nei prossimi giorni l’indagine sarà ripetuta, per verificare la velocità di diffusione della nuova variante. Il virus muta infatti continuamente e sono già state isolate centinaia di varianti, anche se la maggior parte di queste non ne cambia le caratteristiche. Nello studio sulle varianti in Italia condotto dall’Iss sono emerse 495 varianti Uk, ma con una prevalenza molto differente tra regione e regione. Tutto dovuto al caso, cioè alla data di introduzione della variante che, corre di più rispetto ai ceppi circolanti normali.

Ma se prima per diffusione è quella inglese, è la variante brasiliana, per ora, a fare più paura. Tv7, il settimanale di approfondimento del Tg1, è entrato in esclusiva nella stanza ad alto bio-contenimento degli Spedali civili di Brescia dove sono state isolate le varianti inglese, brasiliana e sudamericana del Covid-19. “Il 60% dei campioni analizzati appartiene a quella inglese – ha detto Arnaldo Caruso, direttore del laboratorio di microbiologia e presidente dei virologi italiani – il vaccino risulta efficace ma la contagiosità è altissima”. In provincia di Brescia sono stati isolati anche due casi di sudafricana: “È quella che ci preoccupa maggiormente – ha spiegato il professor Caruso – perché più resistente ad alcuni vaccini”. Altro che Carnevale.


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