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La crisi? Si guarda il dito e non la luna. Scrive Elisabetta Trenta

L’opinione di Elisabetta Trenta, già ministro della Difesa, su una crisi politica “che guarda il dito, e non la Luna”. Dietro al Next Generation Eu serve una visione, dalla geopolitica alle scelte sugli investimenti, che tenga conto dei rapporti nell’Unione europea, della collaborazione con la Francia e delle sfide che si concentrano sul Mediterraneo

Mentre la crisi va avanti, diamo uno sguardo a cosa succede intorno a noi. Magari aiuta i partiti a risolvere l’impasse politico. D’altronde, il cambio di prospettiva consente sempre di vedere una più ampia porzione di spazio, offrendo spesso soluzioni che da dentro non vediamo. Quindi, estraniamoci un momento.

Oggi voglio volgere l’attenzione a Francia e Italia, nazioni più che alleate, sorelle, da sempre, ma di una sorellanza che condita di competitività a tratti aggressiva. Partner fondamentali e talora in concorrenza come, anche ora, nel progetto europeo, nel tentativo di farlo ripartire su basi nuove, alla luce delle sfide di questo terzo decennio del XXI secolo. Francia e Italia, alleate e talora contrapposte, ma chiavi imprescindibili della composizione degli assetti del Mediterraneo, dal Magreb al Sahel, alla Libia, all’Egitto, al Mar Rosso, all’EastMed e ai suoi mille conflitti di terra e di mare.

Volontà di potenza tardo coloniale e sovranismo di altri tempi sono fra i problemi con cui spesso le diplomazie, ma a volte anche le economie e persino i profili geostrategici, dell’uno e dell’altro Stato, hanno dovuto fare i conti. Tra Francia e Italia occorre lavorare a una soluzione fatta di composizione di interessi alterni e compensazioni. Per migliorare la collaborazione tra i due Paesi a reciproco vantaggio, certamente un’evoluzione dell’Ue che miri ad abbassarne il baricentro verso il Mediterraneo e l’Occidente su progetti ad alto contenuto tecnologico e ambientale può essere un fronte comune fra Italia e Francia per la politica comunitaria, certo migliore delle contese societarie dilanianti sull’assetto azionario di vecchi gruppi automobilistici o telefonici poco attenti al progresso.

E assai più importante risulta la definizione di una strategia comune per il Mediterraneo: sul futuro dei dispiegamenti nel Sahel, così fondamentale per la stabilità dell’area e per il controllo delle mafie di tratta; sul coordinamento degli aiuti alle sempre più minacciate democrazie arabe della costa; sul futuro di riconciliazione della Libia; poi, questione collegata e differente, su una via comune per affrontare la Turchia, essere presenti a Cipro, seguire lo sforzo Usa in Medio Oriente; e l’atteggiamento da tenere verso il regime egiziano, così indisponente e pure così fondamentale per l’area, messo sul canale di Suez, dorsale fondamentale fra Asia e Europa, a ridosso dei maggiori giacimenti di idrocarburi del Mediterraneo, a confine con Israele e le aree palestinesi.

Mi piacerebbe tanto se che chi sta gestendo la crisi e chi proporrà un governo facesse delle valide proposte di visione su questi temi. Al momento stiamo infatti guardando il dito. È stata promossa una crisi in prospettiva di una divisione di quote di Recovery Fund che i partiti vogliono gestire, e nessuno invece sta parlando della Luna. Il fondo di recupero è uno strumento, ma l’obiettivo è un altro ed è lì che dobbiamo guardare: il nostro futuro. Quello delle prospettive economiche e strategiche regionali della Ue è solo un esempio, e se ci concentriamo sulla nostra visione di Paese e di futuro, ogni scelta, anche di investimento, deve essere e sarà conseguente. Allora, anche le scelte sullo sviluppo, la tecnologia e la digitalizzazione non saranno più fini a se stesse, ma necessarie a perseguire un fine. Alziamo lo sguardo. Guardiamo alla Luna e, da lì, all’Italia. È bellissima.

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