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Cuba in crisi apre agli investimenti privati. E all’America di Biden

Il regime cubano anticipa la nuova strategia di Joe Biden e annuncia l’apertura delle attività economiche ai privati. Ma la transizione sarà lenta e resta, in alcuni aspetti, incerta

Era il 2014 quando Barack Obama aveva cominciato l’apertura nei rapporti con il regime cubano dopo quasi 60 anni di embargo. Ma con l’arrivo di Donald Trump, già nel 2017, la normalizzazione delle relazioni ha fatto molti passi indietro. Ora con il nuovo inquilino della Casa Bianca, Joe Biden, ci sono nuovi segnali di cambiamento tra L’Avana e Washington. L’obiettivo sarà quello di cancellare le nuove sanzioni imposte dall’ex presidente repubblicano e riprendere la via tracciata da Obama sui rapporti con Cuba.

Biden, che ha seguito la strategia di Obama su Cuba come vicepresidente, non ha bisogno di “accontentare” gli esiliati cubani residenti in Florida – un elettorato molto forte negli Stati Uniti -, giacché ha conquistato la presidenza senza il loro voto.

Per anticipare questo nuovo dialogo con gli Usa, il governo cubano ha deciso di giocare in anticipo. Il ministro del Lavoro cubano, Marta Elena Feito, ha annunciato che le attività economiche aperte all’iniziativa privata saranno aumentate a 2.000 (prima della decisione erano soltanto 127). Lo Stato cubano, comunque, vuole mantenere l’esclusiva nel controllo di 124 aziende, che per adesso non sono state specificate.

Come il resto del mondo, anche Cuba ha sofferto gli effetti della pandemia nella propria economia, basata sul turismo. Il PIL nel 2020 si è contratto dell’11%; la peggior recessione negli ultimi 30 anni. Un terzo delle importazioni sono crollate, “lasciando i creditori a mani vuote e i cubani in coda per ore per acquistare beni di uso quotidiano”, da quanto si legge sul Financial Times.

Sull’isola solo 600.000 lavorano nel settore privato (il 13% della forza lavoro) e il 40% nell’industria del turismo. Il regime cubano prevede di porre fine ai sussidi ad alcune società statali, anche se questo comporterà il fallimento di molti commercianti.

Cuba non fa parte della Banca Mondiale né del Fondo Monetario Internazionale, per cui non ha accesso ad alcun finanziamento. Con un probabile avvicinamento, gli Stati Uniti potrebbero presentarsi come un “consigliere” in materia finanziaria. E le attività economiche private potrebbero accedere a fondi americani per operare e crescere sull’isola.

Ma saranno vere le intenzioni del regime castrista? Secondo il Financial Times, John Kavulich, presidente del Consiglio economico e commerciale Usa-Cuba, se Cuba promuove la liberalizzazione del tasso di cambio ed espande il settore privato, ciò creerebbe incentivi per Washington a impegnarsi: “La chiave è che l’amministrazione Biden deve credere che l’amministrazione Díaz-Canel sia seriamente intenzionata a ristrutturare l’economia. L’unico modo per dimostrare serietà è sopportare i sacrificil della trasformazione”.

Comunque, come tutte le riforme a Cuba, anche questa sarà lenta, e ci vorranno mesi prima di avere effetti sulla vita dei cubani.

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