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Draghi e l’atlantismo come filosofia politica. Parola di Panarari

L’atlantismo, insieme all’europeismo e all’ambientalismo, fornirà la stella polare dell’esecutivo Draghi. Un “governo di salute pubblica” anche sotto questo profilo, dopo gli sbandamenti a corrente alternata in politica estera, a volte pro-Cina e a volte pro-Russia. Il corsivo di Massimiliano Panarari, professore di Sociologia della comunicazione ed editorialista per le testate del Gruppo Gedi

Un ritorno, a chiare lettere, nell’alveo naturale delle alleanze internazionali. E in quel posizionamento sullo scenario globale che fu uno dei driver della politica di Alcide De Gasperi all’indomani della Seconda guerra mondiale (e la pandemia di Covid-19, nella sua violenza dirompente e negli sconvolgimenti che ha provocato, va considerata per l’appunto alla stregua di una catastrofe bellica, come l’ha definita lo stesso presidente del Consiglio incaricato).

Si tratta, naturalmente, dell’atlantismo che, insieme all’europeismo e all’ambientalismo, fornirà la stella polare della navigazione dell’esecutivo di Mario Draghi. Un “governo di salute pubblica” anche sotto questo profilo, dopo gli sbandamenti a corrente alternata in politica estera dei governi Conte 1 e 2, che hanno lasciato trasparire degli orientamenti a volte pro-Cina e a volte pro-Russia, destando preoccupazione nei policy-makers e negli addetti ai lavori.

Il tramonto di un’Amministrazione statunitense neo-isolazionista e “sovranista”, e la sua sostituzione con una di segno liberal, ha rappresentato una finestra di opportunità per un riallineamento del nostro Paese rispetto al suo sistema genetico di relazioni internazionali. E Draghi costituisce l’interprete esemplare di questa fine della stagione di disallineamento, all’insegna di una visione di euro-atlantismo, con l’Italia collocata saldamente e senza tentennamenti nella coalizione atlantista e nell’Unione europea, dove – come scriveva Stefano Folli qualche giorno fa su Repubblica – l’ex presidente della Bce risulterà, altresì, in grado di tutelare gli interessi nazionali “attraverso una triangolazione con Francia e Germania, trattando da pari a pari con quei governi sulla base di una consapevole determinazione”.

L’atlantismo di Draghi è, dunque, anche una filosofia politica a tutti gli effetti, che innerva la sua visione di tecnico-politico (e non di “tecnocrate puro”, come lo dipinge una certa vulgata antipatizzante). E che offre un punto di caduta – certo, tutt’altro che scontato – per la maggioranza che sosterrà il suo governo (specie quanto maggiormente larga si rivelerà).

Una concezione dell’Occidente e delle sue acquisizioni (dal razionalismo alla centralità della scienza e della tecnologia, dall’idea di progresso a quella di coesione sociale) che è anche una netta e chiara vision della politica.

E se la tecnica è, solitamente, la sospensione del principio del politico, in questo caso ci troviamo, invece, di fronte a una formula nuova e ibrida, per effetto del quadro emergenziale, ma anche della rinnovata e decisa scelta atlantista.

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