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Draghi, il tempo propizio del governo

Quanto durerà questo governo non è dato saperlo. Di certo alcuni dei componenti della maggioranza hanno posto delle condizioni. Ma, a parte ciò, è assai verosimile che durerà finché il presidente Draghi avrà materia per svolgere il suo compito di alto conoscitore delle dinamiche Ue non solo economiche. Il commento di Pietro Paganini, Competere

Questi nove giorni di confronto politico e parlamentare confermano la supremazia del Parlamento. Gli interessi dei cittadini hanno prevalso su chi voleva imporre un nuovo esecutivo da fuori servendosi dei parlamentari solo per una fiducia scontata.

Mario Draghi ha smentito le stesse élite che lo hanno spinto, senza rendersi conto che stavano facendo un autogol. Draghi ha accettato l’incarico con la riserva e ha subito confermato il prevalere del Parlamento, quindi incontrando tutti, confrontandosi, cercando di cogliere le attese. Lo aspetta il compito difficile di promuovere riforme importanti in un contesto di equilibrio politico complicato.

E noi? Per prima cosa, dal nuovo primo ministro Mario Draghi vogliamo naturalmente un programma di azioni e di riforme che si prefigge di intraprendere.

Il tempo è la seconda variabile. Quanto durerà il nuovo esecutivo?

Dall’accordo con i partiti che compongono la nuova maggioranza dipenderanno le azioni che Draghi potrà promuovere. La durata dell’esecutivo condizionerà le azioni che il governo riuscirà a realizzare. Entrambe le variabili dimostrano, ancora una volta, il primato del Parlamento, e quindi dei cittadini.

Tra Martedì 2 e Mercoledì 3 Febbraio (2021) in molti celebravano – già – la Restaurazione con la nascita di un Governo Draghi; la formazione di un esecutivo dei migliori da contrapporre ai peggiori di prima; la fine del Movimento 5 Stelle (ignorando che in Parlamento ha la maggioranza dei seggi); la sottomissione della Lega alle burocrazie di Bruxelles per meglio rappresentare gli industriali italiani; l’emarginazione della Destra e della Sinistra più radicale secondo tradizione storica.

Sono stati smentiti. Ha prevalso il parlamentarismo e quindi gli interessi – anche se non sempre ben rappresentati – dei cittadini. Draghi si è confrontato a lungo con tutti. Ha raccolto molti consensi, ma implicitamente anche tante richieste e veti. Il suo esecutivo non potrà non rispondere alla diversità della maggioranza.

Il M5S si è preso persino il tempo di chiedere ai propri iscritti di scegliere. Naturalmente l’establishment non ha gradito. Invece di apprezzare un ulteriore coinvolgimento dei cittadini, seppure goffo e sospettato di essere baro, lo ha criticato perché non in linea con l’idea che il vertice decide a prescindere.

Il M5S resta al governo, e con tutti quei seggi – i media fanno fatica a contare – non poteva essere altrimenti.

Questa è la democrazia liberale, seppure sempre in maturazione. Per il momento, i fatti hanno sconfessato il tentativo epistocratico, l’idea ottocentesca per cui solo i più competenti dovrebbero governare perché illuminati dall’idea di bene comune.

L’epistocrazia con cui si esaltano i sedicenti liberali contraddice il liberalismo quale metodo perché nega il primato del cittadino come individuo responsabile che attraverso lo Stato promuove le proprie libertà.

Quanto durerà questo governo non è dato saperlo. Di certo alcuni dei componenti della maggioranza hanno posto delle condizioni. Ma, a parte ciò, è assai verosimile che durerà finché il presidente Draghi avrà materia per svolgere il suo compito di alto conoscitore delle dinamiche Ue non solo economiche, nel trattare al meglio l’applicazione del Recovery Plan mediante programmi italiani adeguati a finanziare la transizione all’economia ambientale e all’innovazione della Pubblica amministrazione e della struttura imprenditoriale. Per la durata, vale quanto si dice nelle ricette culinarie. Durerà quanto basta.


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