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Un economista austriaco combatte il mito della decadenza italiana

Nel sentir comune europeo, l’Italia è il “malato d’Europa”, incapace di fare i conti con la stessa razionalità dei Paesi cosiddetti “frugali”. Ma i dati raccontano un’altra storia. Abbiamo contattato Philipp Heimberger, l’economista austriaco che ha creato la “Campagna contro le sciocchezze sull’Italia”

“Cos’è l’Italia senza il turismo? È ancora il secondo polo industriale dell’UE, le cui aziende producono ed esportano molti beni ad alta tecnologia. L’Italia è un partner che dovremmo voler rafforzare, invece di raccontare storie distorte e usare un linguaggio divisivo”. Così twittò Philipp Heimberger, l’economista austriaco del Vienna Institute for International Economic Studies che si è schierato in difesa dei conti pubblici italiani costruendo una “Campagna contro le sciocchezze sull’Italia”, in più lingue, su Twitter (con l’hashtag #Cain).

 

L’operazione di Heimberger è rilevante non solo per la lucidità e l’imparziale ricorso ai dati, ma anche e soprattutto perché non sono molti a pensarla come lui. Secondo la vulgata europea, l’Italia appesantisce e mette a rischio il resto dell’eurozona con la sua irresponsabilità fiscale (leggi: debito pubblico alto), incapacità di portare a termine riforme strutturali ed efficaci, e un pizzico di “pigrizia” dal sapore stereotipato.

Più che altrove, questa visione trova largo consenso nella sfera pubblica dei “frugali”, come fa notare l’economista austriaco. Non fosse stato per l’intervento della Germania, la battaglia della scorsa estate sui fondi di ripresa europei si sarebbe risolta  a favore della rigorosa moderatezza promossa dai cosiddetti “Frugal Four”: Austria, Danimarca, Olanda e Svezia.

La controversa copertina della rivista olandese Elsevier Weekblad dell’estate 2020. Il titolo recita: “Non un altro centesimo all’Europa meridionale!”

Inizialmente questi Paesi si erano opposti allo sforzo di ricostruzione collettivo per via del mal di pancia provocato dall’idea di dover sacrificare la loro credibilità per emettere debito comune europeo, a beneficio degli “spendaccioni” del Sud Europa. Dopodiché hanno combattuto per diminuire i fondi e imporre più condizionalità e controlli. Plausibilmente, i Frugal Four hanno basato il loro ragionamento sulla pessima reputazione dell’Italia in fatto di economia, anche perché il Belpaese sarebbe diventato il beneficiario maggiore dei fondi europei.

Ma questi pregiudizi – che peraltro sono condivisi da molti italiani – sono lontani dalla realtà empirica. Ecco una carrellata di verità basate sui dati, direttamente dai thread di Heimberger: l’Italia è stato un contribuente netto dell’Ue nelle scorse decadi, si è sottoposta a più consolidamento fiscale di qualsiasi altro Paese europeo, è un gigante industriale, produce più di quel che consuma (non “vive aldilà delle proprie possibilità”), e il debito privato degli italiani è decisamente ragionevole rispetto agli altri Paesi OCSE.

“Credo che in questo Paese da 60 milioni di abitanti, la stagnazione degli scorsi vent’anni sia stato un terreno di crescita per il fatalismo, piuttosto che l’ottimismo”, ha detto Heimberger a Formiche.net. “A maggior ragione i media e i politici in Germania, Austria e altrove dovrebbero evitare di trattare l’Italia come un paziente dell’Europa del Sud che sta avendo problemi perché rifiuta la medicina riformista del dottore nordeuropeo. Questo ragionamento è fallace e controproducente, i dati ne bocciano la narrativa”.

L’economista è a conoscenza dei problemi strutturali dell’Italia, tra tutti il settore bancario sproporzionato, i problemi burocratici della pubblica amministrazione e il divario Nord/Sud; ma “quale Paese non ha di questi problemi?” Il nocciolo della questione è che la fragilità dell’Italia – o la sua forza – si traducono direttamente in fragilità, o forza, del sistema europeo.

“L’Italia è la terza maggiore economia dell’eurozona, il suo sistema bancario è gigantesco, e il Paese è di importanza sistemica per l’eurozona e l’Ue. La stagnazione dell’economia italiana negli scorsi venti anni è un problema serio. Se gli sviluppi economici e politici italiani prendessero una brutta piega, potrebbe essere un colpo potenzialmente fatale per il progetto di integrazione europea”, ci ha detto Heimberger.

L’economista ha anche aggiunto che molti lo hanno contattato su Twitter condividendo la sua idea di dover fare qualcosa per modificare questa percezione distorta. Alcuni di questi hanno anche tradotto i suoi tweet in olandese, per spedirli direttamente nei Paesi Bassi (i lettori si ricorderanno del premier olandese Mark Rutte e della sua intransigenza la scorsa estate). Ma una minoranza di utenti ha respinto le sue analisi con durezza.

“Dobbiamo guardare ai fatti, valutare onestamente la politica economica e fare di meglio. Questo è il mio giudizio, e spero che la mia piccola iniziativa su Twitter sia vista come un gesto di solidarietà nei confronti degli italiani e un campanello d’allarme per i leader politici europei”.

Gli ultimi tweet di Heimberger coincidono con la nascita del governo di Mario Draghi, personaggio che secondo lui potrebbe innescare una “Nuova Politica Sud Europea” nel Vecchio Continente e offrire una fotografia meno distorta dell’economia italiana. Una politica economica basata su dati empirici e vantaggi comuni, e non l’opposto.

Immagine di copertina liberamente tratta da “Der Spiegel”, numero 02/06/2018

 

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