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Sicurezza nazionale, ecco il filo rosso del discorso di Draghi

Mario Caligiuri rilancia le proposte già avanzate su Formiche.net, per utilizzare pienamente gli organismi dell’intelligence, indispensabili, insieme alle altre forze di polizia, nel perseguimento degli obiettivi indicati dal premier

“Uscire dalla pandemia non sarà come riaccendere la luce”, ha affermato ieri Mario Draghi nelle sue dichiarazioni programmatiche, dove opportunamente non ha fatto alcun riferimento all’intelligence.

In ogni caso, i Servizi hanno il compito di aiutare il decisore pubblico a “riaccendere la luce”, rappresentando il deep state, lo Stato profondo, che prescinde dalle alternanti maggioranze parlamentari. E nella gestione degli esiti della pandemia l’intelligence è destinata ad essere sempre più centrale.

Proverò quindi a interpretare il discorso del premier in una chiave di intelligence. Prima di tutto ha ribadito la scelta di campo delle nostre collocazioni internazionali: “soci fondatori dell’Unione Europea” e “protagonisti dell’Alleanza Atlantica”.

Ha poi rilevato come la crisi economica accentui il disagio sociale, che, come più volte argomentato, costituisce una priorità per la sicurezza nazionale, perché, se diventasse fuori controllo, rappresenterebbe una incontrollabile minaccia per la stabilità delle istituzioni democratiche.

Ha precisato, infatti: “Gravi e con pochi precedenti storici gli effetti sulla diseguaglianza […]. Il nostro sistema di sicurezza sociale è squilibrato, non proteggendo a sufficienza i cittadini con impieghi a tempo determinato e i lavoratori autonomi”. E la crisi sociale porta con sé tensioni territoriali tra Nord e Sud d’Italia, con la possibile ripresa di tendenze separatiste.

Insistendo ripetutamente sulla transizione ecologica, ha sottolineato un tema indiscutibilmente caldo per l’intelligence, perché “il riscaldamento del pianeta ha effetti diretti sulle nostre vite e sulla nostra salute”. La Cia agli inizi del Duemila aveva messo in conto tale impatto sul futuro ordine mondiale.

Avendo ricordato, pur se di passaggio, l’aerospazio, ha pur sempre nominato una dimensione geopolitica fondamentale.

Quando ha messo in risalto la necessità di attrarre investimenti dall’estero, non si può non evidenziare su questo punto l’impedimento costituito dalle mafie.

È noto che quando si parla di investimenti e di infrastrutture, gli interessi della criminalità siano palpabili. Pertanto, sulla realizzazione delle opere pubbliche, e nelle dichiarazioni si fa esplicito riferimento alla rete ferroviaria veloce nel Sud, la criminalità è spesso infiltrata.

I meccanismi li spiegano Antonello Mangano nel libro “Zenobia. Dalla Salerno-Reggio Calabria ai cantieri del Nord. Il laboratorio dei rapporti tra ‘Ndrangheta e imprese” e, in linea più generale, Alberto Statera in “Il termitaio. I signori degli appalti che governano l’Italia”. Lo stesso avviene quando, negli obiettivi strategici, si affronta il tema necessario della produzione di energia da fonti rinnovabili, già pesantemente infiltrate dalle mafie.

Il premier nomina esplicitamente le reti di comunicazione 5G, tema rilevantissimo per la sicurezza nazionale del quale si è già occupato più volte il Copasir.

Quando poi ribadisce i compiti dello Stato, la leva della sicurezza, nel senso più ampio, è implicita in quanto premessa di tutte le altre: “Le leve della spesa per ricerca e sviluppo, dell’istruzione e della formazione, della regolamentazione, dell’incentivazione e della tassazione”.

Non poteva quindi non affrontare il campo della giustizia, tra le cui priorità individua la repressione della “corruzione”, sulla quale, come aveva intuito Giorgio Galli, sembra oggi radicarsi la struttura sociale del Paese. E in tale quadro acquista ancora più spessore il riferimento che Draghi fa sul merito. Sostiene infatti che occorre “promuovere al meglio il capitale umano, la formazione, la scuola, l’università e la cultura”, soprattutto per fare in modo che i giovani non siano costretti ad emigrare, poiché la comunità nazionale “troppo spesso non sa valutare il merito”.

Sulla politica estera, il ruolo dei Servizi è chiamato ad essere particolarmente attivo, viste le dichiarazioni del governo, dovendo spaziare dai Balcani al Mediterraneo allargato, con particolare attenzione all’Africa.

Questo significa affrontare dossier caldi, dal caso Regeni alle rotte dell’immigrazione, dalle mafie straniere alla presenza in Libia della Turchia e della Russia, con le quali peraltro auspica costruttivi dialoghi.

Contemporaneamente, all’interno dell’Unione Europea vanno coltivati i rapporti con Francia e Germania, comunque concorrenti in tanti ambiti e le cui multinazionali penetrano nell’economia del nostro Paese.

Allo stesso modo della Cina, che viene nominata una volta e in relazione all’aumento delle tensioni in Asia. In tutto ciò, con la nuova amministrazione Usa di Joe Biden “le collaborazioni non potranno che intensificarsi”.

Infine, c’è il passaggio sulla presidenza italiana del G20 che durerà fino a dicembre 2021. In definitiva, si tratta di impegni straordinari in tempi straordinari, che richiedono provvedimenti rapidi per cogliere le opportunità del Recovery Fund, avviando le riforme strutturali indispensabili al Paese e sollecitate dal vincolo esterno.

In tale scenario, la sicurezza nazionale, sebbene non esplicitamente citata, rappresenta il filo rosso dell’intero discorso di Mario Draghi, a cominciare dal richiamo alla Ricostruzione.

In questa complessa fase di unità nazionale che è appena all’inizio, i Servizi sono chiamati a occuparsi di pandemia e di transizione ambientale, di criminalità organizzata e di opere pubbliche, di prevenzione della corruzione e di relazioni internazionali, delle reti 5G e delle infiltrazioni nelle aziende strategiche. Come si vede, l’essenziale è invisibile non solo agli occhi ma anche nelle dichiarazioni programmatiche del governo.

Rilanciamo allora le proposte già avanzate su Formiche.net, per utilizzare pienamente gli organismi dell’intelligence, indispensabili, insieme alle altre forze di polizia, nel perseguimento degli obiettivi indicati dal premier.


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