Nei prossimi giorni, Mario Draghi completerà l’esecutivo. Dovrà prendere decisioni importanti sull’indispensabile ruolo dei Servizi. Prima di tutto valorizzandone le competenze e le capacità. Inoltre, sarebbe importante fare funzionare il Comitato Interministeriale per la Sicurezza della Repubblica, integrando i ministri esistenti con quello della Transizione ecologica
Dal crollo del sistema dei partiti nel 1992, è la terza volta che il sistema politico fa ricorso a un esponente della Banca d’Italia.
Mario Draghi si è presentato al Paese equilibrando una non facile ma indispensabile composizione tra presenza tecnica e rappresentanza politica, con un’assegnazione delle deleghe che si illustra da sé. Tanto più che, per la complessità del momento, non siamo di fronte a un normale passaggio di governo ma probabilmente a un cambio di regime, dove ci sarà bisogno dell’apporto di tutte le energie.
A cominciare dal cuore del deep state, rappresentato dalle donne e dagli uomini dei Servizi. Tema delicato, poiché è stato uno dei punti critici del secondo governo Conte, che, per la prima volta nella storia della Repubblica, ha visto diventare l’intelligence oggetto di discussione in una crisi politica. Almeno per un anno, il Governo Draghi dovrà affrontare nodi strutturali e prioritariamente l’impiego efficace del Recovery fund, che vanno restituiti ed impiegati in progetti considerati credibili dall’UE, dalle agenzie di rating e dagli investitori.
Il fatto centrale è che la qualità della spesa dipende principalmente dalle strutture burocratiche, sostanzialmente le stesse chiunque governi. Se l’Italia va in default viene coinvolta tutta l’eurozona e, in un inevitabile effetto domino, l’intero sistema finanziario internazionale. Davanti a noi abbiamo pochi mesi per dimostrare quanto siamo capaci di fare. Il nostro ruolo in Europa va precisato e le alleanze internazionali vanno chiarite: Draghi è in ogni caso quanto di meglio in questo momento l’Italia possa esprimere.
Da un lato la Germania, poiché il Nord del nostro Paese è inserito nella catena del valore tedesco, e dall’altro la Francia, avversaria in alcuni ambiti e alleata in altri, hanno tutto l’interesse a non fare fallire il nostro Paese. Infatti, nel Mediterraneo dobbiamo avere un ruolo che tenga conto della presenza della Russia e della Turchia, oltre che approdo cinese della Via della Seta marittima. L’inadeguatezza del sistema politico, che in quest’ultimo anno ha trasformato in delirio la deriva delle Regioni, richiede probabilmente una trasformazione costituzionale in senso presidenziale.
Inoltre, la pandemia allarga le diseguaglianze territoriali, con un serio rischio di deflagrazione tra Nord e Sud, con un pericoloso ampliamento del disagio sociale e con l’ulteriore penetrazione della criminalità nel sistema economico, già sotto assedio da multinazionali e fondi sovrani. C’è poi bisogno di un grande rilancio infrastrutturale, che non si fermi a Eboli. Pertanto, l’attuale governo, composto in gran parte da Ministri del Nord, se non si occupa di Sud ha la strada ancora più in salita. Una serie così impegnativa di compiti richiede che il Presidente del Consiglio sia costantemente assistito dall’intelligence.
Nei prossimi giorni, Mario Draghi completerà l’esecutivo. Mi permetto di invitarlo a riflettere sull’indispensabile ruolo dei Servizi. Prima di tutto valorizzandone le competenze e poi facendo funzionare il Comitato Interministeriale per la Sicurezza della Repubblica, dove inserire anche il Ministro della Transizione ecologica. E questo non solo in funzione del Recovery fund, tanto che il dicastero è stato assegnato a un ricercatore internazionale come Roberto Cingolani, ma perché il clima, l’energia e l’ambiente sono aspetti cruciali per l’interesse nazionale: la CIA lo ha evidenziato da tempo e la pandemia lo ha drammaticamente confermato. L’economia circolare è decisiva nell’immediato futuro e richiede investimenti consistenti nelle fonti alternative che sono fortemente attenzionate dalle mafie.
Infine, Draghi valuti se gestire direttamente la materia dei Servizi, come prima di lui hanno fatto quasi la metà dei Presidenti del Consiglio, a cominciare da Ciampi e Dini, oppure indicare una persona di sua totale fiducia alla quale delegare quanto possibile. Draghi ha le qualità per operare da solo, ma dovendo affrontare temi quanto mai gravosi una riflessione ponderata potrebbe essere utile. Magari consultandosi con il Capo dello Stato Sergio Mattarella, il quale, durante il governo D’Alema I che vide il nostro Paese partecipare al conflitto del Kosovo, rivestì il ruolo di Vice Premier con la delega ai Servizi.