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Intelligenza Artificiale etica e mobilità del futuro. Sull’asse Italia-Usa

Nel 160° anniversario delle relazioni diplomatiche tra Italia e Stati Uniti, il primo incontro dedicato all’intelligenza artificiale organizzato dall’ambasciata italiana e dal consolato di San Francisco, in collaborazione con la National Science Foundation. Il tema: il futuro della mobilità. Ecco come i due Paesi possono collaborare, dall’etica alla tecnica, passando per gli atenei

Mettere l’intelligenza accademica a servizio di quella artificiale, rinsaldando la collaborazione tra atenei e lavorando congiuntamente su progetti specifici per guidare lo sviluppo di tecnologie che presto saranno onnipresenti, essenziali, strategiche. Celebrando i 160 anni di rapporti diplomatici tra Italia e Stati Uniti, l’Ambasciata d’Italia a Washington e il Consolato Generale di San Francisco – in collaborazione con la National Science Foundation (NSF) – hanno indetto una serie di incontri per sviscerare la questione dell’intelligenza artificiale (IA) e le sue applicazioni nella ricerca come nella società.

“Stati Uniti e Italia sono all’avanguardia dell’innovazione e contano gia’ molte collaborazioni tra istituti di ricerca e aziende,” ha dichiarato in apertura Armando Varricchio, ambasciatore italiano a Washington. Che vira subito sul pratico, ricordando come al World Economic Forum di Davos si è predetto che l’IA darà un contributo del 14% alla crescita del PIL mondiale da qui al 2030. Tempo di rimboccarsi le maniche e lanciarsi all’avanguardia di un settore che sta già ridefinendo intere industrie e realtà.

La recente approvazione in Italia della Strategia Nazionale per l’IA e l’adozione del Programma Nazionale per la Ricerca 2021-2027 (dove l’IA è considerata essenziale) dimostrano la strategicità di questa tecnologia. Che è ancora embrionale, ma le sua applicazioni sono già rivoluzionarie. In America la NSF, l’ente non militare più importante per la ricerca sull’IA, ha già creato una rete di centri per concentrare competenze, progetti e condivisione di progressi. E il dialogo moderato dal corrispondente del Corriere della Sera Massimo Gaggi, è servito anche per capire come l’Italia può stare al gioco.

L’oggetto dell’incontro, la mobilità sostenibile, è un’area in cui l’impatto dell’IA si sta già avvertendo. Gestione digitale del traffico e dei trasporti pubblici basati su big data sono già realtà, senza stare a scomodare le auto che si guidano da sole. Eppure possiamo parlare di automatizzazione dei trasporti appunto grazie ai progressi compiuti con l’IA, argomenta Alberto Broggi, direttore della società di manifattura di chip Ambarella Italy. Quantità di dati massicce non servono a nulla senza un’interpretazione avanzata, e viceversa. Solo ultimamente abbiamo raggiunto le capacità computazionali – e la facilità di produzione delle tecnologie – che consentono a un’auto di guidarsi autonomamente e più efficientemente di come possa fare un umano.

E però, rimarca Silvio Savarese, direttore del Computational Vision and Geometry Lab presso la Stanford University, “quando si tratta di auto a guida autonoma, il 99% di sicurezza non basta, serve più lavoro prima di rendere questa tecnologia mainstream”. Il problema sono i “corner cases”, eventualità praticamente imprevedibili, ma potenzialmente catastrofiche. Dunque serve un’IA più intelligente, assieme a una modellazione più precisa dell’ambiente, basata su più dati.

Eppure i problemi possono emergere a monte, annidarsi tra le righe di codice dell’IA. Come sottolinea Marco Pavone, Direttore dell’Autonomous Systems Lab di Stanford, un algoritmo di gestione del traffico potrebbe porre un problema di privacy o discriminare gli utenti del traffico, “cannibalizzando”, ad esempio, i trasporti pubblici. Perciò occorre coinvolgere politici e dirigenti dei trasporti per determinare le priorità e le regole di questo nuovo mondo interconnesso.

Qui subentra l’etica in modo dirompente. Secondo Rita Cucchiara, tra le massime esperte di IA in Italia e direttrice del Consorzio Interuniversitario Nazionale per l’Informatica, “gli immensi sviluppi nel campo dell’IA non sono necessariamente attuabili nel mondo reale” se prima non si ristruttura interamente la ricerca sull’IA attorno all’umano. Come sancito, peraltro, nel Piano italiano per l’IA e nel white paper europeo di riferimento.

Insomma, c’è ancora parecchio lavoro da fare – e far convergere le realtà di ricerca è la soluzione migliore per accelerare e migliorare il processo. Tutti gli esperti si sono espressi in favore di un impegno congiunto tra Italia e Stati Uniti attraverso la condivisione di ricerche, progetti pratici, e trasferimenti fisici di dottorandi e professori tra atenei. Nel solco dell’impegno comune occidentale per costruire un’IA efficace, etica, incentrata sull’umano.

Nel discorso di chiusura, il Console Generale d’Italia a San Francisco Lorenzo Ortona ha rimarcato la necessità di rinsaldare il legame transatlantico attraverso iniziative del genere. Gli exchange accademici, ha detto, aiuteranno a svolgere la ricerca fondamentale ancora incompiuta e ripensare il modello di AI in senso etico.

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