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La solidarietà a Meloni è un’occasione per la politica. La bussola di Ocone

Che i partiti, di destra o di sinistra, non abbiano fatto distinguo e compatti abbiano condannato le affermazioni di Gozzini è un segno di novità da non sottovalutare e da cogliere al volo

Gli irriferibili insulti sessisti diretti a Giorgia Meloni da Giovanni Gozzini, ordinario di Storia contemporanea all’Università di Siena, dai microfoni di una storica emittente radiofonica fiorentina, non sono passati sotto silenzio. E, seppure forse un po’ a scoppio ritardato, hanno generato una unanime indignazione fra le forze politiche fino ad una telefonata di solidarietà alla leader di Fratelli d’Italia dello stesso Presidente della Repubblica.

Che i partiti, di destra o di sinistra, non abbiano fatto distinguo e compatti abbiano condannato le sbracate affermazioni di Gozzini, fra l’altro completamente fuori segno anche nel merito considerate le straordinarie doti di intelligenza non solo politica riconosciute alla leader romana, è un segno di novità da non sottovalutare e da cogliere al volo. L’episodio, infatti, porta in sé l’occasione di una “riconciliazione nazionale” che faccia finalmente maturare la lotta politica in Italia e faccia scomparire certe sue ataviche, e impolitiche, tare ereditate dal secolo scorso.

Quali siano queste tare è presto detto: il manicheismo e la faziosità estreme che, portando ad una delegittimazione morale dell’avversario politico, trasformato perciò in Nemico e Male assoluto, rendono accettabili agli occhi dei più gli insulti e le offese a chi milita nell’altro campo. Che queste tare siano impolitiche è dimostrato proprio dal fatto che, evitando di scontrarsi in concreto con le idee e gli interessi altrui, negando ogni compromesso e mediazione (che sono poi il sale della democrazia), semplificando e banalizzando le differenze, escludono dal campo di gioco l’avversario e fanno sì che ci si auto-ponga come unici custodi del Bene e della Purezza (una sorta di “gnosticismo” moderno).

La solidarietà a Giorgia Meloni è una novità perché, almeno fino ad oggi, la sinistra aveva goduto in Italia, rispetto alla destra, di una sorta di libertà di hate speech e di sottovalutazione dello stesso quando proveniva da quella parte politica. Ciò soprattutto nel mondo intellettuale e della comunicazione, ove l’”egemonia culturale” esercitata da un antifascismo divenuto col tempo dogmatico, e perciò negatore di sé stesso, è stata forte e decisa.

Il “fascismo” è stato infatti usato come una clava da certa sinistra, soprattutto salottiera e professorale, sia per delegittimare l’avversario sia per darsi una identità dopo la morte delle ideologie (e ciò, dispiace dirlo, anche sulla scia di certe teorizzazioni astratte di Umberto Eco, che l’etichetta di Ur-fascism appiccicata a una parte dell’Italia l’ha resa comune con la sua indubbia influenza culturale anche all’estero).

Che la solidarietà alla Meloni abbia anche a che fare con la nascita del governo presideuto da Mario Draghi, che fra i suoi obiettivi non dichiarati ha anche quello di rendere più civile in Italia la lotta politica accompagnando quasi per mano nella crescita i partiti politici, ci piace pensarlo.

A maggior ragione dopo che Giorgia Meloni si era tirata fuori dalla maggioranza “bulgara” che sorregge l’attuale esecutivo, circostanza che avrebbe potuto facilitare la ghettizzazione e l’eterna accusa di “fascismo” per la pasionaria conservatrice. In questa occasione, chi scrive ritiene che, in nome di una astratta corenza, il partito dei Fratelli d’Italia abbia sbagliato a corrispondere con dei veti e con un diniego prima di vedere un programma ad un appello del capo dello Stato e di Draghi che veti non ne ponevano.

Il modo in cui però Giorgia Meloni ha dopo argomentato il suo no, cioè con l’importanza per una democrazia di avere anche una opposizione che controlli e vigili, nonché con la volontà di votare alle Camere singoli e condivisibili provvedimenti del governo, è stato indubbiamente intelligente e ha mostrato a tutti che il fascismo in Italia è morto settant’anni e che la mentalità fascista è residuale e, nei casi in cui c’è, alligna in entrambi gli schieramenti e soprattutto, ahimé, al livello degli intellettuali.

Che poi qualche intellettuale esecrabile alligni anche a destra e che attui il doppiopesismo col segno cambiato, e soprattutto non sappia concepire altrimenti la lotta politica che come libertà di insulto all’avversario, è nella logica delle cose. Proprio perché donna intelligente, Giorgia Meloni, ne son sicuro, si fiderà solo di chi, anche dalle sue parti, la solidarietà non la dà a senso unico.


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