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La crisi sociale può deflagrare, a meno che…

Di Biagino Costanzo

In questo periodo tutti devono esser impegnati a dare il proprio contributo con convinzione, a partire dal mondo variegato dei media: seguire la pancia del Paese ed essere complici nel diffondere fake-news, è intellettualmente disonesto e molto pericoloso. L’intervento di Biagino Costanzo, dirigente di Azienda e docente Master in Homeland Security

Vi è nell’aria qualcosa di strano, subdolo, impalpabile ma che parla di quello che i latini chiamavano “tŭrbĭdus” da turba, confusione, disordine”.

“Quando esaurirà la sua onda d’urto, la pandemia lascerà dietro di se una società più incerta e impaurita, ma soprattutto una società con una profonda crisi economica e occupazionale, di cui, non tutti pagheranno le spese allo stesso modo. Basta interventi di sussidio e di ristoro senza termine e senza logica, la Bonus Economy. Con un effetto devastante sui comportamenti, sulla base che regge ogni sistema democratico. La paura perché passiva dell’ignoto porta alla dicotomia ultimativa meglio sudditi che morti e porta vite non sovrane volontariamente sottomesse al buon Leviatano”.

No, non sono io che lo affermo con il mio solito scetticismo misto a, qualcuno lo chiama cinismo (e su questo amo spesso citare Lillian Hellman che affermava “il cinismo è un modo poco piacevole di dire la verità”… No, sono gli autorevoli studiosi e ricercatori del Censis lo scorso dicembre.

L’attenzione quindi deve essere massima. Anche le parole devono ritornare ad avere un significato e non bisogna buttarle al vento tanto per… Quando si afferma, “crisi sociale”, “arriverà la rivolta sociale”, “sarà una crisi sociale devastante”, si muove poi un mondo che legittima la sua stessa esistenza nel soffiare sul fuoco dei disagi, ben presenti certo, ma che vengono sistematicamente strumentalizzati.

Rispetto agli anni scorsi, quando la situazione, bisogna ricordarlo, era non meno grave per altri motivi, (anche in questo caso vi è bisogno di uno sforzo di seria professione di verità) vi è un alleato potentissimo e molto penetrante, il Web. Il Sistema non può permettersi di sottovalutare i tanti campanelli di allarme che provengono non solo da gruppi anarco-insurrezionalisti, ma da esponenti extraparlamentari sia di estrema destra che di estrema sinistra che continuano ad alimentare queste fiamme

Il momento è grave, è vero e lo diciamo da tempo. Il mondo intero è logorato da una crisi che però si incuneerà in svolte epocali che ciclicamente avvengono e che hanno trovato il triste sbocco, in passato, in guerre globali. Ora non si corre quel rischio ma al contempo vi sono guerre striscianti e, se vogliamo, più subdole e pericolose. Si intacca il pensiero libero, la cultura intesa come desiderio di conoscere, capire e sapere, lasciando il posto alla semplice, banale, facile, superficiale risposta che si pio dare in un tweet o credere che aver letto un blog su internet possa sostituire anni e anni di competenti studi e soprattutto di esperienza concreta. I continui tentativi di relativizzare la normalità, sono chiaramente più comodi e facili, ma non implicano la ricerca della verità e l’utilizzo del ragionamento.

Siamo ancora in emergenza, certo, ma ricordiamoci che il termine “emergenza” deriva dal latino “emergĕre” quindi quando emerge, viene alla luce, improvvisamente, un evento ma è, appunto, un allarme, un pericolo, una urgenza, un disastro qualcosa di eccezionale al quale bisogna porre con celere risolutezza rimedio e non far divenire la stessa duratura e costante, sarebbe un ossimoro grave e vergognoso per una società che si vuole sana.

In questo periodo tutti devono esser impegnati a dare il proprio contributo con convinzione, a partire dal mondo variegato dei media: seguire la pancia del Paese ed essere complici nel diffondere fake-news, timori, nell’amplificare anche cose non vere a volte, è intellettualmente disonesto e molto pericoloso.
Sì, è certo, il Paese è logorato da un anno di pandemia, molti hanno bruciato i risparmi per tamponare le perdite, sempre più insofferenti per le chiusure dei Dcpm, sempre più angosciati dai sacrifici per arrivare a fine mese. E c’è questa maledetta scadenza che preoccupa tutti, la primavera, quando terminerà il blocco dei licenziamenti e se anche sarà prorogata significherà solo posporre l’agonia.
A quel punto la tentazione di scendere nelle piazze, per convinzione o per calcolo politico, rischierà di diventare inarrestabile: si teme non più il famoso “autunno caldo” ma una “primavera calda”.

Il Covid sta gettando nella povertà quasi 5,5 milioni di italiani e l’Istat ritiene che 14 milioni di persone rischino di trovarsi presto nella stessa condizione. Ecco perché è vitale saper spender bene i fondi, siano essi strutturali o i cosiddetti ristori. Si ha invece la sensazione di aver sprecato molto denaro in misure tampone senza alcun controllo certosino dei destinatari che ne avrebbero avuto davvero diritto per ricevere supporto in un momento così drammatico.

Il capo della polizia Gabrielli, oggi meritevolmente chiamato da Draghi a ricoprire il delicatissimo ruolo di Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio in qualità di Autorità Delegata per il Sistema di informazioni e sicurezza della Repubblica, lo ha affermato chiaramente: “Assistiamo a un moto di ribellione che sta coinvolgendo trasversalmente tutte le categorie sociali”, “alle intenzioni mobilitative di esponenti della piccola e media impresa si sono affiancate quelle di aderenti a movimenti neo sovranisti e indipendentisti, tutti accomunati da una sola critica verso il governo. Si è registrata la presenza di gruppi ultras con l’evidente obiettivo di canalizzare il malcontento popolare: c’è un diffuso sentimento di ribellismo e opposizione alle regole con azioni di intolleranza e violenza”.

Ritornano i cattivi maestri a fare “lezioni” sul web, monitorati però dalla Polizia, lo spiega ancora Gabrielli: “C’è stata un’intensificazione dei momenti di confronto online tra i militanti ed i gruppi più rappresentativi che hanno convenuto di prepararsi per affrontare il futuro che ci attende, elaborando nuove strategie per tornare in strada”.

Finora si è tentato, appunto, di arginare l’onda con “ristori” a pioggia, che però non hanno nemmeno “bagnato” tutti i richiedenti, e con gli ammortizzatori sociali. La Banca d’Italia in uno studio ha affermato che le misure governative hanno già salvato circa 600mila posti di lavoro; un paracadute molto costoso, che si vorrebbe prorogare, ma il bilancio statale ha già cumulato 142 miliardi di debiti.

Certo, vi è l’Europa e il Next Generation Eu, ma sarà comunque distribuito, sempre che l’Italia faccia un Recovery Plan serio, sostenibile e fattuale, in più anni. Quindi accompagnare il Paese nella transizione post-pandemia è compito complesso, immenso ma possibile ed ecco perché oggi abbiamo un nuovo, per metà, governo, ma soprattutto una guida, Mario Draghi che rappresenta, al momento, l’ultima, competente, autorevole, anche e soprattutto a livello internazionale, vera riserva della Repubblica. I problemi sono tanti e seri, al Mise per esempio, vi sono più di 100 tavoli di crisi ancora aperti, da cui dipende lo stipendio di 110 mila persone con il concreto rischio che nei prossimi mesi si possano perdere due milioni di posti di lavoro.

E non ritorno sul pericolo reale degli appetiti della criminalità organizzata su questi ingenti fondi, come da poco evidenziato nella relazione semestrale della DIA e già argomento di un mio articolo , nel luglio scorso.

Ritornando alla crisi strisciante, chi vive a Roma per esempio, ha modo di notare e parlare con queste prime vittime dell’imperante crisi. Un ristoratore del centro si sfoga: “Siamo stati sempre bersagliati come evasori, afferma, ma qui di evaso c’è solo la speranza di poter portare da mangiare ai miei figli, tra l’affitto delle mura, la mancanza di turisti e la chiusura alle 18 non riuscirò più a restare aperto e finora sono riuscito a non licenziare nessuno dei miei 12 dipendenti, ma è finita”.

Attraversi una piazza vuota e buia (altra cosa assurda…tenere buia e con lampioni spenti, ora che purtroppo anche molti negozi non sono più aperti con le loro luci, una grande capitale europea, la più antica e tra le più belle al mondo, cosa che prima o poi esige chiare spiegazioni a riguardo, che vadano oltre qualche sorrisino saccente e di un finto “amore per il risparmio energetico”), trovi il tassista fermo sul suo taxi che ti guarda speranzoso di una corsa spiegandoti con il vuoto di una Roma senza turisti e la paura della pandemia le corse sono quasi azzerate e lui non sa come far andare avanti la sua famiglia.

Voci tra tante che alimentano la grande paura della “primavera calda”. Con piazze disperate e pronte a tutto. Con agitatori professionisti che dall’estremismo di destra a quello di sinistra, innescano lo scontro. Le prove generali le abbiamo viste ad ottobre con i disordini da Catania a Torino, da Milano a Napoli.

Il rischio è dunque grande anche per un Paese disincantato come il nostro. Le grandi crisi economiche creano un esercito di individui “marginali”, cioè di donne e uomini che sono nel mondo senza essere del mondo, i nuovi invisibili, che hanno perso molto o quasi tutto. Così le masse perdono anche il legame con le Istituzioni, andando alla deriva, innanzitutto nel pensiero, che diventa un delirio fantastico in cui tutto si può fare, smarrendo i punti di riferimento. Nessuno potrà giudicare con il proprio moralismo un tale sbandamento che avviene in circostanze eccezionali.

La mobilitazione sociale ha inizio da una “rottura”, una grave crisi del sistema, che vomita una lava rovente, fatto di migliaia di individui marginali e risentiti, pronti a tentare qualunque strada, inclusa l’eversione.

Che la strada sia buona o cattiva, dipende, in misura preponderante, dalle élites politiche, sociali, industriali e culturali: perché si è arrivato a credere, in questo Paese (ma la presenza è ancora granitica, velata solo da un davvero mai visto trasformismo per salvare il proprio “particulare” e i propri interessi) e ad affidare il potere a venditori di fumo che al contrario di quanto hanno sempre affermato, approfittano della credulità popolare, purtroppo ancora tanto presente, e che hanno sempre considerato vera democrazia solo la NON competenza ed ecco che siamo arrivati in un’epoca inesorabilmente “debole”.

Il governo Draghi nasce in questa crisi, spero basti l’indubbia e riconosciuta autorevolezza di chi lo guida, l’intero sistema comprenda bene questa rottura, siamo dentro la mobilitazione sociale. Tuttavia può diventare anche un momento di possibile rilancio positivo, se solo tutti noi, attori pubblici e privati, quelli “dell’economia legale”, facciamo la nostra parte anche per coloro che, o non vogliono per dolo e indolenza, o che non riescono proprio a capire, il lento declino del progresso e della conoscenza.

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