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Gli anni frizzanti in Mediaset, il futuro della tv (che non è Netflix). Parla Modina

Di Valentina Buggio

Conversazione con Giovanni Modina, dal suo percorso particolare all’approdo a Mediaset. Esperienze professionali e sfumature personali di un uomo che è riuscito a unire lavoro e passioni

Giovanni Modina ha ricoperto negli anni diversi incarichi per il gruppo Mediaset. È stato anche direttore di Canale 5 e responsabile contenuti Mediaset Premium, attualmente è vicedirettore generale palinsesto e distribuzione R.T.I.

Primo amore universitario?

Architettura. Dove, caso volle, che sul treno da Bergamo per Milano viaggiavamo io e Giorgio Gori che molti anni dopo ritrovai a Canale 5. Lui aveva le idee già chiare mentre io molto meno. Dopo il primo anno, infatti, avvertii la sensazione di perdere tempo e decisi di cambiare.

Qualcosa ti condusse al mondo finanziario…

Si, scelsi finanza in Bocconi. Ma non fu facile per il continuo confronto e concorrenza col mondo anglosassone che da sempre conduce i ragazzi nel mondo del lavoro prima di noi. Nel mentre ebbi anche un brutto incidente che mi costrinse a fermarmi. Alla fine riuscii comunque a laurearmi e a ottenere un buon incarico nella sezione capital market al Banco di Roma (una delle tre banche che allora erano di interesse nazionale). Erano gli anni della finanza, dove tutto sembrava possibile. Molti strumenti nati allora portarono ai grandi disastri più recenti fino alla crisi del 2008. Ma ben presto decisi di fare un master lontano dal quel mondo.

Perché in tutt’altro ambito?

Non mi sentivo adeguato al settore finanziario. Lì serviva scaltrezza e sicurezza. E non avevo il curriculum per poter accedere a Harvard o alla Wharton. Sentii parlare del master di Publitalia ‘80 e decisi di provare. Erano solo 30 posti a disposizione per un master retribuito. Rinunciavo però a uno stipendio incredibile al Banco di Roma.

Dopo il master a Publitalia’80…

Per la mia timidezza pensai che l’ambito pubblicitario non fosse adatto a me, così entrai in Nestlé. Ma quando ricevetti una proposta da Fininvest, capii che quella era la mia occasione. Era un gruppo nuovo, pieno di giovani, in grande espansione, non regolato come le multinazionali. Un mondo frizzante ed entusiasmante dove chiunque ci lavorasse si sentiva parte di qualcosa che avrebbe cambiato il futuro.

Oggi esiste qualche realtà simile?

In ogni periodo esistono settori alla fine del loro ciclo e altri in grande evoluzione. Potrei citarne alcuni, ma sono sicuramente di più. Per primo il mondo tecnologico e tutte le sue applicazioni. Nel mio settore invece gli sviluppi del Branded Content e dei prodotti seriali e cinematografici di mercati non occidentali. Sono importanti le piazze del Libano e del Maghreb, ma anche la Nigeria, mercato poco conosciuto, che tuttavia presenta una vivacità importante. Recentemente, per esempio, un famoso produttore americano ha scoperto proprio lì un prodotto di fantascienza realizzato “artigianalmente” da alcuni ragazzi e li ha incoraggiati fornendogli apparecchiature professionali.

Direttore di Canale 5…

Sono diventato direttore il 1 aprile 2001, sembrava uno scherzo. Erano anni diversi rispetto a quelli dei miei predecessori Roberto Giovalli e Giorgio Gori, due grandissimi professionisti. Giovalli faceva la televisione direttamente con Berlusconi. Poi è diventata un’azienda più strutturata, con una maggiore incidenza del settore marketing, conducendoci a contenuti più vicini al gusto generale del pubblico.

Quindi, a volte, avresti scelto contenuti differenti?

Qualche volta sì. Ho avuto qualche perplessità anche sul “Grande fratello”, ma come diceva un mio illustre collega: “Io fotografo la realtà, da ciò che vedo questo è quello che chiede il pubblico e questo gli diamo. Tu hai un’impostazione simile a quella della Rai anni ’60 di Bernabei, quasi da maestro Manzi. Quella è solo un’impostazione oggi presuntuosa”. Ed effettivamente… dove risiede il giusto?

Con la Rai amore e odio?

Qualche volta in opposizione diretta, altre volte girandoci vicendevolmente attorno.

Con l’arrivo delle piattaforme come Netflix, a Mediaset cosa accadrà?

Ci hanno dati per morti tante volte, invece eccoci qui. Riceviamo critiche, ma abbiamo dirigenti preparati e consapevoli della nostra offerta. Forse è merito anche dello stile di alcuni programmi di cui si discute molto che gli ascolti reggono. Netflix? È il presente, non il futuro.

Quale è il valore aggiunto di reti generaliste come le vostre?

Tutti abbiamo bisogno di sentirci comunità e condividere contenuti. Le altre visioni sono individuali. Questo si nota anche dalle interazioni indirette con programmi tipo le Iene, Ciao Darwin o quelli di Maria De Filippi. Parlando di giovani sembra che non ci seguano, invece lo fanno moltissimo e non solo loro. Come ai tempi della Democrazia Cristiana: apparentemente nessuno diceva di votarla ma…

Mediaset Premium non è andata come si sperava.

Non è esatto. Sicuramente avremmo potuto fare meglio ma la concorrenza diretta con Sky ha scatenato una guerra sui prezzi. In realtà Premium nacque con l’idea di attrarre nuove risorse dopo un periodo di stasi nella raccolta pubblicitaria e in quel senso ci siamo riusciti.

Sky in che direzione sta andando?

Con l’arrivo di Ibarra mi sembra stiano ridisegnando il loro profilo. Stanno diventando una piattaforma di contenuti non solo propri ma anche altrui.

Anche Amazon proporrà il calcio, cosa ne pensi?

Credo che il loro pensiero non sia il calcio in particolare ma dove allocare le risorse. Succede perché gli analisti chiedono di dare un senso e uno sviluppo alla tua attività. Amazon è un’azienda-stato.

In che senso?

Esistono Paesi che stanno addirittura rinunciando ad aprire o mantenere le loro rappresentanze diplomatiche in alcuni Stati posizionandosi invece nella Silicon Valley o dove risiedono i colossi come Amazon, Netflix e Apple. Probabilmente saranno queste grandi aziende a muovere alcuni equilibri diplomatici in futuro.

Ruoli che ti sei sentito più cuciti addosso…

Sicuramente l’ultimo, che mi riporta alla passione per i cineforum. Ora mi posso occupare di scouting di prodotti medio-orientali e dell’est europeo. In passato, subito dopo lo sgretolamento dell’ex-Jugoslavia e dell’Unione Sovietica, ho partecipato al lancio del canale tv Polonia 1 e successivamente, l’interesse di un imprenditore di emulare l’esperienza straordinaria di Silvio Berlusconi, mi ha portato a Istanbul per seguire l’ampliamento e la crescita di Kanal D.

Ognuno ha punti deboli o paure che talvolta si possono trasformare in punti di forza. Quali sono i tuoi, Giovanni?

Ho pensato spesso di aver perso tempo mentre il mio treno passava. Questa sensazione unita alla timidezza, invece, mi ha fatto fare scelte coraggiose. Il grande valore aggiunto? I professionisti che hanno creduto in me più di quanto abbia fatto io. La vera spinta? La curiosità.

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