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Quanto Draghi c’è nel discorso di Visco. Scrive Giuliani

Che cosa ha detto il Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, all’Assiom Forex, mentre il suo illustre predecessore era impegnato a chiudere il (primo) giro di consultazioni, con il Movimento Cinque Stelle e la Lega

Abbiamo seguito, oggi, l’intervento del Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, all’Assiom Forex. Ci si
avvicina sempre senza particolari brividi a questo tradizionale appuntamento invernale, perché anno dopo anno si è tramutato in una specie di litania, un elenco di problemi (sempre gli stessi) che ben conosciamo e ci guardiamo altrettanto bene dall’affrontare.
Quanto all’attesa relazione di oggi, però, acquistava ben altro spessore e interesse, in concomitanza con il tentativo di Mario Draghi di far quadrare i conti politici. Si spera, in attesa di far quadrare quelli del Paese.

Eravamo curiosi, insomma, di ascoltare il Governatore, mentre il suo illustre predecessore era impegnato a chiudere il (primo) giro di consultazioni, con il Movimento Cinque Stelle e la Lega.

Perché negarlo, anche per cogliere eventuali rimandi, assist, non osavamo sperare ammiccamenti. Che infatti non ci sono stati, secondo tradizione e stile dei governatori.

Nelle parole di Visco, però, alcuni passaggi suonano in modo inevitabilmente diversi, proprio nell’ottica di un governo-Draghi.

Al di là degli aspetti contingenti e legati alla pandemia, richiamati dal Governatore nella sue quattordici cartelle, spiccano alcuni passaggi.

Innanzitutto, l’ennesimo, allarmato richiamo di Ignazio Visco sulla bassa percentuale di occupazione di donne e giovani. Un ritardo ormai intollerabile, per l’Italia. Richiami ascoltati infinite volte, anche in consessi simili a quello di questa mattina. Regolarmente seguiti, poi, da vuoti impegni del mondo politico e ancor più desertiche promesse.

Uno squarcio di luce, per provare ad aggredire finalmente il problema, arriva proprio da Mario Draghi. Presentando la sua ipotesi di azione di governo, l’ex n.1 della Bce ha fatto un esplicito riferimento alle politiche attive per il lavoro, che devono necessariamente accompagnarsi alla fine dell’era dei sussidi. Almeno, a una loro decisa riduzione. È musica, per chi da anni lamenta le conseguenze della politica dei bonus, sentir parlare di strumenti per arrivare a far lavorare di più e meglio, piuttosto che di pannicelli caldi buoni solo a raggranellare voti.

Altro passaggio delicatissimo, pensando agli impegni che graveranno nel giro di poche settimane sul governo-Draghi, quello sulla scadenza del divieto di licenziamento. Visco, pur con tutte le cautele tipiche del ruolo, ha sostanzialmente detto che sarebbe opportuno far cadere il 31 marzo il blocco dei licenziamenti, senza ulteriori proroghe. Ha ammonito, infatti, a “non impedire la fisiologica riallocazione delle risorse verso imprese e settori con più opportunità di crescita”. Una bomba politica, per non poche delle forze che si apprestano a dire di Sì a un governo-Draghi. Eppure, se c’è un momento per dirlo, nella speranza che le parole non vengano piegate ai soliti giochini ideologici, è proprio questo. All’ombra di Mister Euro.

In ogni caso, oiano con gli entusiasmi: Ignazio Visco parlava e a Roma andava in scena la liturgia di sempre, che – se tutto andrà bene – richiederà un’altra settimana, prima che un nuovo esecutivo possa mettersi al lavoro.
Una settimana in cui parleremo di tutto, tranne che delle cose realmente importanti. Banalmente, i due punti di cui sopra.

Se Draghi dovesse riuscire in quest’impresa, costringere il Parlamento a lavorare in un’ottica del tutto nuova e certamente non elettorale, altro che Super-Mario. Sarà opportuno raccogliere direttamente i fondi per una statua equestre.

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