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Quel grande alibi degli anglicismi

“Ti do uno slot”, per intendere un banale “appuntamento”, fa ridere i polli. Su questo non c’è il minimo dubbio. Allo stesso modo l’ilarità aviaria è scatenata da un corso di formazione che si svolge sul suolo italico ma si chiama “food & wine”, quando in tutto il mondo le persone amano pronunciare le parole mozzarella, Chianti e parmigiano. Tuttavia ho sempre pensato che la demonizzazione degli anglicismi sia un falso problema, addirittura un alibi. Una ignoratio elenchi (direbbero quelli colti) per non affrontare un problema di gran lunga più grave. Ossia la capacità di noi italiani di leggere e capire un testo. E con questo intendo due sfide. Leggere con pazienza – e fino in fondo – anche un breve articolo e capire di cosa parla e di cosa non parla. Dai commenti che si trovano sotto gli articoli online si evince che questa abilità appartiene solo a pochi eletti. I commenti infatti si concentrano spesso e misteriosamente su temi che non sono trattati nell’articolo.

Abbiamo parlato di questo argomento e di molto altro ancora con uno dei più grandi linguisti di sempre. Il professore Luca Serianni. Leggi l’intervista di Telos A&S su PRIMOPIANOSCALAc.

“Non basta il numero relativamente alto, di anglicismi per ‘impoverire’ la lingua. Il problema, già individuato dal grande linguista Tullio De Mauro molti anni fa, è la scarsa istruzione media, il fatto che una quota rilevante di adulti perda ciò che ha imparato a suo tempo a scuola e si trovi quindi a maneggiare una lingua impoverita, con difficoltà a comprendere testi scritti anche non particolarmente complessi” ha chiarito Serianni nella sua intervista.

In un articolo sul Corriere della Sera di qualche tempo fa, Andrea Riccardi fa emergere come il nostro recovery plan (PNRR) non preveda un investimento nella lingua italiana, come strumento di rilancio turistico del Paese (Investire sull’italiano per rilanciare il Paese, 15 gennaio 2021). Dall’uscita dell’articolo non è passato nemmeno un mese, ma sono successe fin troppe cose e, oggi, non sappiamo quale aspetto avrà la nuova formulazione del PNRR. Però un segnale positivo lo abbiamo avuto. Il presidente incaricato Mario Draghi ha annunciato la sua idea di prolungare la scuola oltre giugno, per recuperare il tempo perduto. È anche questo un modo per investire sulla nostra lingua e sulla sua comprensione. E, chissà, potrebbe comportare, in futuro, anche un maggiore impegno nella promozione del suo insegnamento all’estero.

 


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