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Il ministro dell’Armonia e il governo dei migliori. Ricordando Tatarella

Di Domenico Crocco
tatarella

Nel giorno in cui ci lasciava Giuseppe Tatarella, Domenico Crocco, autore della biografia a lui dedicata “Pinuccio. Vita di Giuseppe Tatarella” (Edizioni del Roma), ricorda il suo ruolo e la sua capacità di trovare una sintesi tra tesi differenti

Non è un caso che sia stato proprio Sergio Mattarella, oggi Presidente della Repubblica, a commemorare per primo Giuseppe Tatarella, dopo la sua morte, giusto ventidue anni fa, in una sala di Palazzo San Macuto. Ai loro due nomi sono legati i due sistemi elettorali che, insieme a quello attuale dei comuni, hanno meglio funzionato nella storia della Repubblica: il “Mattarellum”, il sistema prevalentemente maggioritario per la Camera e il Senato del 1993, e il “Tatarellum”, il sistema elettorale delle Regioni del 1995. Oggi, con l’affidamento dell’incarico di presidente del Consiglio a Mario Draghi, Mattarella ha auspicato il governo dei migliori e la selezione dei ministri anche tra le migliori espressioni della società civile. E questo era un vecchio pallino di “Pinuccio” Tatarella che, sin dagli anni Novanta, nella Puglia suo feudo elettorale, sorprendendo tutti, scelse tre nomi illustri della società civile per gli incarichi di presidente della Regione, presidente della Provincia e sindaco di Bari, vincendo a mani basse le elezioni. E nei suoi ultimi articoli, scritti pochi giorni prima di morire, immaginava una esperienza di governo, aperta anche alle migliori espressioni della società civile, in grado di unificare gradualmente le tre anime politiche che, con varie sfumature, compongono ancora la destra attuale: quella federalista (Lega), quella riformista e liberal popolare (Forza Italia) e quella conservatrice (Fratelli d’Italia erede del Movimento Sociale e di Alleanza Nazionale).

La trasformazione della destra post fascista in destra di governo è sempre stata l’ambizione fondamentale di “Pinuccio”.

All’alba degli anni Novanta , Tatarella ha già individuato la strategia d’inserimento della destra nel gioco alto della politica italiana. Pinuccio è sempre stato un maestro nel fiutare l’aria politica che tira. Capisce che occorre approfittare subito delle falle profonde che le elezioni del ’92 hanno aperto nel traghetto centrista democristiano. Comprende che la missione politica dev’essere duplice: da un lato contribuire elettoralmente ad affondarlo; dall’altro fare in modo che i passeggeri di questo traghetto, il popolo moderato anticomunista che ha votato Dc anche malvolentieri, non si disperdano in mare ma trovino nella riva destra un approdo politicamente rassicurante, moderno ed allettante.

Tatarella capisce che occorre un contenitore arioso e moderno, tradizionale ma non clericale, moderato ma non compromissorio, liberale ma non libertario, nazionale ma non nostalgico. Nasce così, con il contributo di molti, Alleanza Nazionale. E la sottile strategia che deve portare la destra dal ghetto politico a Palazzo Chigi ha il suo compimento.

A novembre del ‘93 Gianfranco Fini, grazie ad una straordinaria rimonta, arriva nelle elezioni a sindaco di Roma sorprendentemente al ballottaggio contro Francesco Rutelli. È una iniezione di fiducia per la destra che conquista ben 19 sindaci alle amministrative di novembre e riesce addirittura a conquistare Cerignola, la Stalingrado del Sud . Nel ’94, è il trionfo: l’alleanza con Berlusconi porta la destra prima allo sfondamento elettorale e poi a Palazzo Chigi. Tatarella diventa vicepremier e ministro delle Poste e Comunicazioni. Bianca Stancanelli, su Panorama, dopo aver osservato da vicino Tatarella, gli dedica un ritratto divertente: “Perennemente impataccato, perché ha il vizio di sbrodolarsi con caffè e pastasciutta, patito di tressette, maestro nei giochi congressuali e infaticabile nei giochi d’Aula parlamentari, il Richelieu di Cerignola è imbattibile nel conquistare caselle di potere”.

Nel giugno del ’94 Berlusconi è impegnato all’estero e Tatarella lo sostituisce a Palazzo Chigi. Così diventa il primo politico della destra italiana a presiedere il Consiglio dei ministri nell’Italia repubblicana. Pinuccio, da vicepresidente vicario, si mette in luce per la concretezza, la simpatia, la capacità di trovare una sintesi tra tesi differenti. Il Consiglio dei ministri dura pochissimo e tutte le decisioni vengono assunte all’unanimità.

Il destino vuole che Tatarella, che spesso esce di casa col telecomando del televisore in tasca invece del cellulare, diventi un ministro delle comunicazioni convincente. È stato uno dei rari missini di orientamento liberale ed è quindi felice di varare la liberalizzazione della telefonia mobile firmando la concessione al secondo gestore Omnitel Pronto Italia. La concorrenza porta grandi benefici per l’utenza: possibilità di scelta, prezzi più bassi, servizi migliori. Nasce una nuova direzione generale per la regolamentazione del mercato nelle telecomunicazioni. L’Italia si avvicina finalmente agli standard europei.

Intanto su Berlusconi c’è un fuoco di fila: il pool mani pulite, i sindacati confederali, la sinistra, i poteri economici forti, il sempre più irrequieto alleato Bossi che non è convinto della finanziaria. Tatarella e Gianni Letta, entrambi vocati all’armonia, diventano il pronto soccorso della maggioranza e cercano di ricucire strappi sempre più larghi. Il capolavoro di mediazione segue il siluramento del consiglio d’amministrazione della Rai dei “professori”. Tatarella s’impegna a ricucire uno strappo grave che, su questo problema, si sta consumando tra il Presidente della Repubblica ed il governo. Dopo 45 minuti di laboriosa tessitura, Tatarella ottiene l’ok di Scalfaro su un emendamento armonico senza del quale i libri contabili della Rai sarebbero finiti in tribunale e un commissario liquidatore sarebbe al posto dei “professori”. Il Presidente della Repubblica parla della “straordinaria ricchezza umana di Tatarella”. I giornali italiani battezzano Pinuccio “ministro dell’armonia”. Le Monde gli dedica un ritratto intitolato: “Tatarella le renard”, la volpe.

Ogni volta che si muove in Transatlantico, nugoli di giornalisti gli sciamano intorno come api davanti al miele. Un giorno una di queste api si avvicina: “On. Tatarella, ce l’ha un consiglio per Berlusconi?”. Tatarella prende tempo. “A lui dico di interpretare, fuori dalla partitocrazia, il motivo per cui gli elettori lo hanno votato. Più interpreterà la gente e meglio sarà per lui”.

Qualche tempo dopo l’esaurimento dell’esperienza di governo, Tatarella riflette sulle ragioni della debolezza dell’esecutivo del ’94: “Era un’alleanza elettorale, non di governo”. Invece il centrodestra deve diventare vaso di ferro. L’armonia può essere trovata solo trascinando i concetti e l’ azione politica verso i veri problemi, i problemi quotidiani della gente, verso il disagio sociale che può diventare speranza. Tatarella vuole una destra di qualità, “europea per cultura e collegamenti, capace di far propria la cultura delle privatizzazioni contro l’intreccio tra politica e finanza”: “Solo se la destra coniuga quantità e qualità si può costruire la coalizione aperta e ariosa che vince”.

In un’editoriale su Millennio, uno dei suoi ultimi articoli, Pinuccio si spinge per la prima volta a immaginare che, una volta tornata al governo, la coalizione plurale possa diventare, dopo alcuni necessari passaggi, in un contesto bipolare, un partito unico, leggero, ramificato e diversificato sul territorio”. Un partito unico in cui, una volta al governo, le tradizioni liberali, popolari, federaliste e conservatrici si “armonizzano” e trovano il loro collante non nella spartizione delle poltrone ma nell’ascolto quotidiano dei valori comuni e dei problemi della gente.



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