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Chi sarà l’ambasciatore di Biden a Roma? Gli indizi portano a Hickey

Corsa tra i finanziatori di Biden a incassare un posto da ambasciatore in Europa. Julie Smith verso la Nato, a Roma potrebbe arrivare Doug Hickey, ex commissario per l’Expo Milano 2015

C’è un articolo della sempre informatissima testata statunitense Axios.com che sta rimbalzando nelle chat di diplomatici (e non solo) tra Washington e Roma. L’articolo è un toto-ambasciatori. Chi sceglierà il presidente Joe Biden per le sedi più prestigiose? Come e quanto ricompenserà i suoi finanziatori? A colpire è il fatto che, nonostante l’immagine che correda l’articolo raffiguri l’ex vicepresidente nel 2015 assieme all’allora presidente del Consiglio italiano Matteo Renzi e all’ambasciatore statunitense a Roma John Phillips, nel pezzo non c’è alcun riferimento al nostro Paese.

Chi sostituirà l’ambasciatore Lewis Michael Eisenberg scelto da Donald Trump nel 2017 ma valido rappresentante dell’establishment statunitense? Nell’articolo di Axios.com c’è soltanto un indizio: “Anche Doug Hickey, un altro grande donatore di Biden, è interessato a un incarico all’estero”, si legge. Nei giorni scorsi era stata La Stampa a citare come possibile prossimo ambasciatore a Roma proprio Hickey, che ben conosce il nostro Paese. Infatti è stato Commissioner General dello USA Pavilion all’Expo di Milano 2015, a capo (con rango di ambasciatore) della partnership tra Friends of the US Pavillon (il consorzio scelto allora dal dipartimento di Stato) e AmCham, l’American Chamber of Commerce in Italy diretta allora come oggi da Simone Crolla.

Imprenditore nella Silicon Valley e tra i principali finanziatori di John Kerry, Barack Obama e Joe Biden, Hickey si è laureato al Siena College, università dei francescani a Nord di New York e in passato è stato membro del consiglio di amministrazione di Illy Caffè. “È un cattolico praticante, ha aiutato molto la Diocesi di San Francisco, e questo lo mette sulla stessa linea di Biden e del Papa”, raccontava il quotidiano torinese. Che aggiungeva poi un dettaglio: l’altro nome che è circolato è quello di Anthony Luzzatto Gardner, già rappresentante presso l’Unione europea con Obama e figlio di Richard Gardner, ambasciatore statunitense in Italia durante l’amministrazione di Jimmy Carter. “Gardner però potrebbe avere altre ambizioni, e negli ultimi giorni sono salite le quotazioni di Hickey, che sta conducendo una forte azione di lobby”, riportava La Stampa.

Axios.com incastra le scelte diplomatiche di Biden con le richieste interne al Partito democratico a favore della diversità, che già hanno avuto un impatto nella composizione dell’amministrazione. “Significa che i finanziatori maschi bianchi — il nucleo della sua base di raccolta fondi — saranno in grande competizione per meno posti”.

Ecco qualche nome e possibile destinazione secondo Axios.com. L’ex senatrice Claire McCaskill sembra in lizza per “un incarico dorato in Europa”, si legge. E ancora: Julianne Smith, ex consigliera per la sicurezza nazionale di Biden, potrebbe essere nominata ambasciatrice presso la Nato; Denise Bauer, ambasciatore in Belgio con Obama e tra le “migliori” nella raccolta fondi, potrebbe tornare in Europa, forse a Parigi; James Costos, un ex dirigente della HBO che è stato ambasciatore in Spagna con Obama, “ha espresso interesse per il Regno Unito, ma molti altri sono interessati, tra cui David Cohen, dirigente di Comcast”, scrive Axios.com; interessati a Madrid o a un altro posto in Europa anche Louis Frillman, investitore immobiliare, e Nathalie Rayes, presidente del Latino Victory Project. C’è da decidere anche chi andrà a Pechino: tra gli interessati ci sarebbe Robert Iger, presidente esecutivo della Disney.

Per ora c’è soltanto una certezza. Molti grandi finanziatori rimarranno delusi perché, scrive Axios.com, il presidente Biden sceglierà persone fuori dalla carriera diplomatica per circa il 30% dei circa 190 ambasciatori totali, una ripartizione in linea con la tradizione secondo l’American Foreign Service Association. L’attuale inquilino della Casa Bianca dovrebbe scegliere di dare più spazio a esperti e politici rispetto ai donatori invertendo la rotta. Infatti, il predecessore Trump aveva scelto ambasciatori “politici” (dando grande spazio ai finanziatori e ai sostenitori da ringraziare) per circa il 44% delle sue nomine e oltre il 90% erano maschi bianchi, secondo quanto riportato da Foreign Policy nel 2018.


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