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Turismo italiano 2021. La crisi annunciata

Riuscirà il neo ministro Garavaglia a mettere mano a uno dei settori più colpiti dalla pandemia, assieme a tutta la filiera ad esso collegata? Con la chiusura delle regioni e lo stop nei fine settimana, il blocco del turismo sembra proseguire ancora anche nel 2021

Ci sono categorie che si fanno sentire, altre che sembrano condannate ad un relativo silenzio. Se per esempio un temporale, una grandinata o una alluvione anche territorialmente limitata scuoterà l’Italia tempo poche ore ed i media daranno spazio ad una comunicazione della Coldiretti che annuncia danni, perdite per il settore e conseguenti aumenti di prezzo di frutta e verdura: una attenta e costante azione di lobby.

Il silenzio tombale è sceso invece sul futuro del turismo italiano che si appresta a vivere anche per il 2021 una stagione drammatica.

I numeri parlano chiaro: chiuse le frontiere, difficili i collegamenti tra regioni (e comunque bloccati già ora fino alla vigilia di Pasqua) se uno può decidere di scendere al bar può farlo entro le 18, così come può prenotare il ristorante almeno per pranzo, ma difficilmente può pensare a programmare una vacanza o anche solo uno spostamento se non d’emergenza e ben documentato.

Se si verifica così uno dei tanti siti on line di prenotazione il quadro è desolante, con l’abbandono di quasi tutte le strutture dalle piattaforme. D’altronde i pochi viaggiatori sarebbero soggetti a controlli così pesanti in partenza ed in arrivo da bloccare tutti i viaggi intercontinentali salvo estreme e documentate necessità, ma con lunghi periodi di quarantena.

I tour operator e le agenzie di viaggio hanno ridotto l’anno scorso il loro giro d’affari di oltre il 90%, gli hotel hanno subito cadute di presenze ben oltre il 70% (pur avendo lavorato nel primo bimestre e parzialmente qualche settimana in estate) con punte dell’85% per il turismo straniero e quest’anno ben difficilmente potranno riaprire visto che un hotel – anche volendo – non si può riavviare in pochi giorni.

D’altronde oggi nessun viaggio organizzato è possibile (con crisi totale quindi di tutta la filiera legata agli spostamenti) e si spera che la diffusione dei vaccini permetta almeno la prossima estate gli spostamenti dei privati verso destinazioni scelte all’ultima ora, anche se tutto lascia pensare ad un ulteriore blocco – soprattutto nei week end – per almeno l’intera primavera.

Al di là di qualche servizio di routine nessuno accenna a come concretamente intervenire per la categoria, con alberghi che – presentata a fine anno una richiesta di “ristoro” per l’ultimo periodo del 2020 come annunciato dai media – si sono sentiti dire dall’Agenzia delle Entrate “che non erano obbligati a chiudere” e quindi che la chiusura era dovuta ad una “scelta aziendale”, nulla di più. Infatti – a ben pensarci – nessuno ha formalmente vietato l’apertura degli hotel, anche se pochissimi lo hanno fatto davanti ad una perdita certa e con tutti i rischi legati alla scoperta anche solo di un caso positivo tra personale o clienti, positività che metterebbe poi a rischio l’immediata chiusura di tutto l’esercizio.

Sconforto, rassegnazione, qualche speranza nel nuovo ministro Garavaglia se mai otterrà audience e ristori, con un senso di frustrazione e beffa perché l’anno scorso si sono comunque dovute pagare la TARI (tassa rifiuti) pur con gli alberghi chiusi, ma anche il canone Rai e tutte quelle spese fisse legate ad attività normalmente operative.

Non solo stanno male proprietari e gestori, ma soprattutto i dipendenti che attendono da mesi interventi di cassa integrazione che permettano un mantenimento in vita. Crisi totale per i tanti lavoratori stagionali e per quegli hotel “di famiglia” che si sono trovati sostanzialmente rovinati.

La categoria è in ginocchio, l’incertezza totale, le notizie sconfortanti si sommano alle beffe dell’ultima ora come è avvenuto per la non riapertura del comparto dello sci il 15 febbraio, notizia comunicata poche ore prima del debutto e quando molte strutture avevano riaperto nei giorni precedenti confidando nelle vacanze di carnevale, ma che ora hanno definitivamente chiuso per tutta la stagione.

Tra un mese è Pasqua, tradizionale avvio del turismo estivo, ma la data sembra pericolosamente vicina per sperare in un qualsiasi miglioramento generalizzato e quindi la quasi totalità delle strutture non aprirà. Oltretutto il comparto – almeno per ora – non ha ottenuto alcuna corsia preferenziale per la vaccinazione degli addetti che pur dovrebbero rimanere a contatto con gli ospiti e quindi rischiare più di altri.

Ad oggi, se un gruppo di turisti stranieri avesse comunque la ventura di venire in Italia, dovrebbe anche sottoporsi a tampone molecolare entro 72 ore da arrivo e partenza ed è difficile pensare all’arrivo di un bus davanti ad un ospedale per sottoporre a tampone tutti i trasportati, ergo si resta tutti a casa.

Così il turismo, potenziale prima azienda italiana per fatturato ma senza santi in paradiso, sconta la polverizzazione delle strutture e – evidentemente – la poca attenzione generale. Speranze ora in “Santo Garavaglia”, ma basterà?

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