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Come e perché Ericsson e Nokia sbuffano su Open Ran

L’Ue punta alla sovranità digitale, anche sul 5G. Ma l’iniziativa Open Ran è la soluzione? Il quotidiano tedesco Handelsblatt racconta i dubbi di Ericsson e Nokia, che temono di essere schiacciate dalla Cina ma pure dagli Usa

Due settimane fa raccontavamo la nascita del fronte delle sovraniste (digitali) europee: quattro leader del Nord Europa – Angela Merkel (Germania), Kaja Kallas (Estonia), Sanna Marin (Finlandia) e Mette Frederiksen (Danimarca) – scrivevano a Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, invitandola a promuovere una rivoluzione in chiave europea, di fatto anti Big Tech e anti Cina. Nella missiva si faceva esplicito riferimento ad alcune tecnologie che potrebbero essere alternative al 5G sviluppato dalle società Huawei e Zte (accusate dagli Stati Uniti di spionaggio per conto del governo cinese), come l’Open Ran, progetto sostenuto da diverse aziende tra cui Deutsche Telekom e l’italiana Tim.

L’ATTENZIONE DEGLI 007 ITALIANI

Sull’iniziativa ha acceso i riflettori anche l’intelligence italiana: “Il Comparto segue con particolare interesse lo sviluppo di architetture basate su tecnologie aperte, quali l’iniziativa Open Ran, uno standard industriale che definisce i componenti della parte radio e come comunicano tra loro, per favorire una maggiore trasparenza e una diversificazione dei fornitori”, si legge nella Relazione 2020 sulla politica dell’informazione per la sicurezza.

I TIMORI DI BERLINO

Ma proprio da Berlino si registra qualche mugugno. A riferirli è il quotidiano finanziario Handelsblatt, che riporta voci interne alla svedese Ericsson e alla finlandese Nokia, aziende europee che fanno parte del progetto, temono però di finire schiacciate nel progetto Open Ran dai colossi cinesi già molto forti sul 5G e pure da quelli statunitensi che sono in netta ascesa (a partire da Facebook e Microsoft). E pensare che soltanto nel 2020, l’amministrazione Trump non escludeva l’acquisto di Ericsson o Nokia per affrontare il suo deficit strategico. Perplessità emergono anche dalla Commissione europea: un portavoce ha spiegato che bisogna capire ancora bene Open Ran, soprattutto da “una prospettiva di sicurezza”.

I DUBBI DEGLI ESPERTI

Open Ran è fuori tempo massimo sul 5G, ha spiegato l’analista John Strand: “Potrebbe essere un’alternativa in futuro” ma “non oggi né domani”. Thorsten Benner, direttore del Global Public Policy Institute di Berlino, ha messo in guardia da un “ingenuo entusiasmo per Open Ran” che piace agli operatori di rete come Deutsche Telekom (azienda molto legata alle apparecchiature Huawei, per esempio) perché attraverso esso possono “attingere a milioni di sussidi”. Inoltre, Open Ran è vulnerabile agli attacchi informatici e ha un consumo energetico estremamente elevato, “cinque volte di più rispetto alle soluzioni complete utilizzate finora”, ha dichiarato Hosuk Lee-Makiyama, direttore dello European Centre for International Political Economy di Bruxelles. Caratteristiche “non compatibili” con la direzione europea verso la neutralità climatica, sottolinea Handelsblatt.

LA PRESENZA CINESE

Lo stesso giornale evidenzia come, nonostante sempre più società occidentali stiano cercando di far a meno di Huawei, la Cina è il secondo Paese più rappresentato in Open Ran con 44 aziende. Tra queste ci sono Zte e China Mobile, che sono sotto sanzioni statunitensi. Davanti al Dragone ci sono soltanto gli Stati Uniti, con 82 società.

IL PROGETTO PILOTA

Handelsblatt rincara, infine, la dose citando il progetto pilota di Deutsche Telekom per Open Ran, lanciato a dicembre. C’erano cinque società: le statunitensi Dell e Mavenir, le giapponesi Fujitsu e Nec, una sola europea, Nokia. “L’ecosistema europeo tanto pubblicizzato” anche dalla cancelliera Merkel, “non sembra giocare un ruolo importante nemmeno nel progetto pilota”, conclude il giornale.

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