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Cari uomini, né auguri né mimose. Piuttosto, svegliatevi

Di Martina Carone e Sara Borraccino
mimose uomini svegliatevi

Dal punto di vista sociale, economico, culturale, le donne non hanno molto da festeggiare. Quindi invece di recidere fiori e omaggiarci oggi, fate una cosa utile, tutti: svegliatevi. Il commento di Martina Carone, Quorum/YouTrend e docente di Analisi dei media all’Università di Padova, e Sara Borraccino, Quorum/YouTrend

Auguri, ci dicono in tanti – soprattutto uomini – oggi. Buona Festa della donna, ci viene detto, buon 8 marzo. Eppure, oggi non è la Festa della donna. L’8 marzo è la “Giornata internazionale dei diritti delle donne”. Non fateci quindi gli auguri, per favore, perché noi non stiamo festeggiando. E non festeggeremo questa giornata per i prossimi 108 anni, tempo necessario a raggiungere la parità di genere secondo i dati dell’ultimo Global Gender Gap.

Niente mimose, quindi, perché qui mancano le basi per festeggiare: noi donne non godiamo propriamente degli stessi diritti degli uomini italiani. Siamo “un passo indietro”, e forse è il caso che vi diate una mossa e iniziate a rendervi conto che questa disparità di genere significa che le vostre sorelle, mogli, compagne, figlie, parenti e amiche hanno meno possibilità di voi uomini.

Dal punto di vista sociale, i problemi emergono già nella fase di accesso alla professione e alla carriera: già in sede di colloquio a una candidata vengono poste domande insidiose sulla sua vita personale, ad un candidato uomo no. Una ricerca Linkedin ha registrato che le donne, a differenza degli uomini, tendono a proporsi solo per le offerte di lavoro in cui il proprio profilo corrisponde perfettamente a quello richiesto, mentre i colleghi uomini sono più propensi a lanciarsi. Fortunatamente le dimissioni in bianco sono vietate dal 2012 (avete presente quel foglio che facevano firmare, senza data, per licenziarci una volta incinta?), ma anche dopo la situazione non migliora. Una volta intrapresa l’attività, i tentativi di minare la nostra autorevolezza e professionalità non mancano. Dal mancato uso di richiami al titolo di studio all’odiosissimo fenomeno del mansplaning, il percorso verso l’indipendenza economica è lastricato di ostacoli e fatiche. Vuol dire che se vostra figlia fa un colloquio, potrebbe non passarlo perché dichiara di voler, un domani, provare ad avere un figlio.

Per quanto riguarda l’aspetto economico non ce la passiamo meglio, al punto che spesso ci si riferisce all’attuale crisi economica da Covid con il termine inglese she-cession, per sottolineare appunto l’altissimo impatto che sta avendo sulle donne. Un esempio lampante: secondo il rapporto ISTAT, dei 101mila posti di lavoro in meno a dicembre, 99 mila sono donne. Un dato che dovrebbe far inorridire, ma che non rappresenta una novità. Se una donna guadagna mediamente in meno degli uomini (in Europa il gender pay gap in si attesta intorno al 14,1%) chi pensate che lascerà il lavoro per badare ai figli? E chi pensate guadagni meno, in fondo? Solo lei o tutta la famiglia – voi compresi?

Last but not least, una questione talmente ampia da non poter trovare adeguato spazio in questa panoramica: quella culturale. Senza toccare i temi delle violenze, che meriterebbero capitoli a sé e figure specializzate a parlare di tematiche così complesse e radicate, la nostra società non assicura vita facile anche alle donne che scelgono di avere ruoli nella vita pubblica. Un esempio su tutti, la politica: se una donna decide di entrare nel dibattito pubblico, ricevendo quindi visibilità, non avrà vita facile.

Dovrà sfidare odiosi stereotipi di genere secondo cui una leader donna non sarà percepita come competente abbastanza da ricoprire la carica per cui viene eletta (dinamica che, ovviamente, non avviene per gli uomini) e dovrà schivare illazioni sulle sue competenze o malelingue sul percorso fatto per arrivare in posizioni di leadership. E la situazione non migliora neanche arrivando in alto: ad una donna leader, spesso vengono rivolte critiche che faranno riferimento più alla sua sfera sessuale o alla sua identità che al suo operato. Vuol dire che se vostra sorella si spende per una causa, qualcuno le dirà di essere inadeguata comunque vada. Vuol dire che se vostra figlia sarà eletta in qualcosa, in qualche chat del calcetto si faranno battute su una ipotetica carriera costruita stando sotto al tavolo.

Allora, diteci, cari uomini. Cosa c’è da festeggiare? Auguri di cosa?

Invece di recidere fiori e omaggiarci oggi, fate una cosa utile, tutti: svegliatevi, iniziate a tenere d’occhio questi indicatori. Magari così inizierete a rendervi conto che la parità di genere, in realtà, vi riguarda eccome.



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