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L’euro digitale sarà il prossimo motore dell’integrazione europea?

Di Andrea Filtri

Tra le criptovalute e le iniziative private come Libra (Diem) di Facebook, si fa strada un terzo sistema, quello delle banche centrali. L’Euro digitale promosso dalla Bce potrebbe cambiare per sempre la storia dell’integrazione europea. L’analisi di Andrea Filtri, Co-head di Mediobanca Securities

La pandemia ha dato una decisa accelerata a tendenze che erano già in corso, con riflessi per la vita quotidiana; dal lavoro alla formazione a distanza fino alla digitalizzazione dei servizi. A livello dei singoli paesi, la Cina – da cui la pandemia è scaturita – ne sta paradossalmente uscendo vincitrice e – galvanizzata dal successo con cui ha gestito l’emergenza – sta alzando il tiro nella sfida agli Stati Uniti per la supremazia mondiale: una potenziale seconda Guerra Fredda secondo il Segretario Generale dell’ONU.

Mutuando questo parallelismo, se la Guerra Fredda precedente si giocò sulla corsa all’approvvigionamento di testate nucleari e sul controllo della produzione di petrolio – ingrediente di base dell’economia del tempo – è probabile che questo confronto si giocherà sul controllo di asset strategici come i semiconduttori e i dati (sotto forma di informazioni, come i social media, o del loro trasporto, ovvero la rete 5G).

Nei due decenni passati, salate multe americane ad aziende europee come conseguenza di sanzioni americane a paesi terzi, la posizione pro-Brexit dell’amministrazione Trump, il ridimensionamento della NATO e l’annuncio del ritiro di truppe americane dalla Germania ha indebolito l’alleanza storica fra Europa e Stati Uniti. Contemporaneamente la Cina è diventata il primo partner commerciale europeo, con forti prospettive di crescita futura.

Ecco che l’Europa – con la sua forte vocazione alle esportazioni e un passo indietro nel controllo degli asset strategici (saldamente in mani americane o cinesi) pare non avere intenzione di prendere posizione nella contesa, al contrario del Regno Unito che post-Brexit si è schierato fermamente con gli USA. Storicamente, ogni confronto per il dominio mondiale è passato anche da uno scontro valutario.

Fu così per la sterlina che si impose come valuta mondiale di scambio durante l’impero britannico e così è stato e lo è tuttora per il dollaro americano che – combinato al sistema di pagamenti SWIFT – ha consentito agli Stati Uniti di controllare i traffici mondiali e di imporre pesanti sanzioni a paesi considerati ostili. In questo contesto, pensiamo che anche le valute giocheranno un ruolo in questo confronto, sotto forma di valute digitali.

Di fronte alla proliferazione di nuovi progetti, ne distinguiamo tre: 1) le criptovalute, di cui Bitcoin è l’apripista, 2) Libra (ora Diem) il progetto di Facebook, 3) le valute digitali delle banche centrali (CBDC). Le prime hanno più una funzione di investimento che di mezzo di scambio, non sono quindi vere e proprie monete. Libra/Diem punta invece a sfruttare la scala e la capillarità globale di Facebook (che raggiunge tre miliardi di persone) per offrire un nuovo sistema di pagamento internazionale al dettaglio associato ad una nuova valuta che se prendesse piede avrebbe il potenziale di soppiantare le valute nazionali.

Le CBDC sono la risposta delle autorità a tutti questi progetti e rappresentano l’evoluzione digitale delle monete tradizionali. Esse consentirebbero ai cittadini di aprire conti direttamente presso le banche centrali, quindi privi di rischio e potenzialmente in concorrenza coi depositi bancari. La Cina è pioniera in questo campo con progetti pilota in corso e con l’obiettivo per il governo cinese di acquisire informazioni sugli scambi dei cittadini e usare questo strumento (DC/EP) sia per erodere l’utilizzo del dollaro negli scambi internazionali che per affrancarsi dal controllo americano.

Curiosamente, per motivi diversi, sia Libra/Diem (concentrazione di potere in mano di pochi privati) che DC/EP (strumento di un governo autoritario) potrebbero rappresentare un rischio per le democrazie mondiali. Tutte le banche centrali occidentali stanno valutando contromisure a tali minacce, studiando il lancio di loro valute digitali. L’Europa sembra voler far presto e – attraverso la BCE – sta studiando l’emissione dell’euro digitale, il cui progetto implementativo potrebbe partire dalla metà del 2021.

La BCE intende procedere coi piedi di piombo – partendo da un mero sistema di pagamento al dettaglio – stimolando lo sviluppo di un nuovo sistema di pagamento digitale europeo, positivo per le società di pagamento perché’ accelererebbe la transizione dal contante ai pagamenti digitali, ed evitando scossoni al sistema bancario di cui è supervisore.

È ipotizzabile quindi che la BCE possa implementare una versione potenziata dell’euro digitale solo di fronte ad una minaccia concreta per la sovranità monetaria europea. Questo caso estremo potrebbe richiedere il ripensamento della struttura del sistema finanziario, mettendo nei fatti la BCE al suo centro come prestatore di prima istanza delle banche, dei loro prestiti e dei titoli di stato nei loro portafogli; una condivisione dei rischi fra paesi europei ben oltre le diatribe sul tema del decennio passato. Le banche manterrebbero così il ruolo chiave di allocatori di risorse e gestori di rischio.

Spiegando forse il perché della fretta, notiamo che, al contrario delle altre giurisdizioni, per l’Europa l’euro digitale soddisferebbe contemporaneamente esigenze plurime: rafforzando la BCE nella difesa della sovranità monetaria, assecondando l’obiettivo della Commissione di acquisire maggiore indipendenza strategica per l’Europa, e imprimendo un forte impulso all’integrazione europea.

Ancora una volta, salvando l’euro, la BCE – allineata al famoso “whatever it takes” di M. Draghi – si rivelerebbe determinante per il destino dell’Europa.

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