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Europa in tilt sui vaccini? Draghi segua Johnson. La bussola di Ocone

L’impressione è che il buon senso pratico di Draghi, così come il suo coerente atlantismo che non lo porta a guardare con sufficienza a ciò che accade lungo l’asse Washington-Londra, saprà non solo trarre dall’impasse l’Italia ma anche dare gradualmente una nuova direzione all’Europa

In queste ore, in quella suburra postmoderna che sono spesso i social, si rincorrono le teorie complottistiche più sofisticate (si fa per dire) per spiegare la decisione presa ieri dalla Germania, e a seguire dagli altri più importanti Paesi europei, di sospendere a scopo precauzionale la somministrazione del vaccino prodotto da Astrazeneca. E sempre sui social riprendono, come era da aspettarsi, anche vigore quelle mai sopite voci no-vax che sono un vero pericolo per il successo dei piani di vaccinazione di massa messi in atto dalle autorità.

A noi che piace stare coi piedi sulla terra, l’unico elemento che non possiamo non notare, con poco stupore e molto disappunto, è la gran confusione politica e gestionale di queste ore che rischia di compromettere seriamente l’immagine dell’Unione Europea. Quell’immagine che il Recovery Fund aveva in buona parte rinforzata sia fra le genti del continente sia all’esterno dell’Unione. Perché ci stupiamo poco di quanto accaduto è sostanzialmente per due motivi: da una parte, la generosa messa a punto del Recovery Plan aveva solo occultato alcuni difetti storici e strutturali della costruzione europea; dall’altra, la gestione della campagna vaccinale, non considerando queste difficoltà ma cercando di proiettare il cuore oltre l’ostacolo, è stata impostata in un’ottica centralistica e mercantilistica che non poteva forse non portare dove alla fine si è arrivati.

Il difetto storico principale dell’Unione Europea a me sembra essere ancora oggi il suo deficit democratico. Il che comporta che le sue politiche oscillino fra i due poli opposti del centralismo burocratico e regolistico, da una parte, e nella rincorsa dell’opinione pubblica coi suoi umori momentanei dall’altra e come compensazione.

Ieri sembra che sia successo proprio qualcosa di simile: venuti alla luce sui media dei casi di decessi, in un rapporto causa-effetto tutto da verificare e comunque in percentuali minimali, nel giro di poche ore si è presa una decisione che forse non ha tenuto conto fino in fondo delle conseguenze pratiche: se per la riuscita di una campagna di vaccinazione è necessaria l’adesione ad essa del più gran numero possibile di persone, è chiaro che una decisione così drastica compromette seriamente l’obiettivo. Piuttosto che rassicurare, essa fa perdere credibilità non solo al vaccino di Astrazeneca ma tendenzialmente anche agli altri se non si lavora subito a ricostruire la fiducia compromessa.

Molto probabilmente, in questa azione poco riflessa c’entra molto il declino, anche elettorale, di Angela Merkel, che lascia vuota la leadership europea oltre che tedesca. Poiché a prendere il suo posto, Mario Draghi è la persona più qualificata, è chiaro che dal nostro presidente del Consiglio si attenda da oggi un surplus di responsabilità e autorevolezza ancora maggiore se possibile.

Ciò dovrebbe coincidere, a mio avviso, con una piena adesione al “modello inglese”. E intendo da tutti i punti di vista: bisogna non solo prendere esempio dalla capacità di leadership che Boris Johnson sta dimostrando, con la piena fiducia del suo popolo (pure ieri non ha tentennato minimamente dopo la decisione europea su Astrazeneca: la campagna inglese continua massicciamente), ma anche tenere da conto le ragioni che hanno portato alla Brexit.

Certa “retorica europeistica”, invece, aveva dipinto il colto premier inglese per poco più che un “buffone”; e aveva con tono di superiorità giudicato le obiezioni inglesi al modello regolistico e “giacobino”, che con gli anni ha preso piede in Europa, come espressione di un bieco “nazionalismo”.

L’impressione è che il buon senso pratico di Draghi, così come il suo coerente atlantismo che non lo porta a guardare con sufficienza a ciò che accade lungo l’asse Washington-Londra, saprà non solo trarre dall’impasse l’Italia ma anche dare gradualmente una nuova direzione all’Europa.


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