Li Junhua, ambasciatore cinese a Roma, sarà ricevuto oggi dalla viceministra Marina Sereni dopo la rappresaglia diplomatica scatenata da Pechino dopo le sanzioni europee per la repressione nello Xinjiang
C’è anche la Farnesina tra i ministeri degli Esteri di Paesi europei che hanno convocato l’ambasciatore cinese dopo la dura reazione di Pechino alle sanzioni europee contro i responsabili della repressione uigura nello Xinjiang. Nel mirino cinese non soltanto politici ma anche centri studi. Il che dimostra, come ha scritto su Formiche.net Giulia Sciorati, ricercatrice presso l’Asia Centre dell’Ispi, quanto si sia acceso lo scontro tra Cina e Unione europea, alla luce dell’abbandono del pragmatismo e della realpolitik da parte del governo cinese a favore di un approccio ideologico.
Ieri sera la Farnesina ha comunicato che l’ambasciatore cinese a Roma, Li Junhua, è stato convocato per oggi al ministero degli Esteri in merito alle sanzioni imposte da Pechino nei confronti dell’Unione Europea. Sarà ricevuto dalla viceministra Marina Sereni. Di seguito un esempio degli attacchi dell’ambasciata cinese in Italia contro i giornali che hanno rivelato la repressione sistematica nello Xinjiang.
Alcuni media occidentali hanno riportato accuse contro il governo cinese di imporre misure di controllo delle nascite per sopprimere gli uiguri nello Xinjiang sulla base di un rapporto con dati falsi.
L’infografica per conoscere la verità sulla popolazione dello #Xinjiang ⬇️ pic.twitter.com/PDTAsh556u— Ambasciata Repubblica Popolare Cinese in Italia (@AmbCina) September 11, 2020
Stessa sorte è toccata agli ambasciatori cinesi a Parigi, Berlino, Bruxelles e Copenaghen. Il che testimonia la preoccupazione delle cancellerie europee davanti ai cosiddetti “lupi guerrieri” (una definizione pensata da Pechino per descrivere l’assertività dei suoi diplomatici), che già avevano preso di mira il Vecchio continente nei primi mesi della pandemia tutt’ora in corso.
Grande pressione, in particolare, sull’ambasciatore cinese a Parigi, convocato al Quai D’Orsay dopo che su Twitter la rappresentanza di cui è capo ha attaccato lo studioso Antoine Bondaz, che aveva enunciato le pressioni di Pechino su alcuni deputati francesi che volevano visitare Taiwan.