Skip to main content

Giorgetti, Breton e l’ultimo treno di Salvini in Ue

L’assist politico del commissario Ue Thierry Breton a Giancarlo Giorgetti può far fare gol alla Lega a Bruxelles. Ammesso che Salvini ne colga il significato e spezzi il cordone sanitario montato contro i sovranisti. Il commento di Francesco Giubilei, presidente della Fondazione Tatarella

L’incontro tra il ministro Giancarlo Giorgetti e il commissario europeo Thierry Breton a Roma non è stato sufficientemente enfatizzato alla luce dell’asse sempre più stretto che si sta creando tra Italia e Francia, anche in vista dell’uscita di scena di Angela Merkel dalla politica europea.

Giorgetti lavora per accreditare la Lega all’interno dell’Unione europea (senza dimenticare il suo stretto rapporto con il mondo americano) e al tempo stesso porta avanti l’attività ministeriale attraverso due grandi settori d’azione: il piano vaccinale e la riconversione industriale.

L’affidabilità dell’interlocutore italiano che si è trovato davanti ha fatto sì che Breton si sbilanciasse in elogi fino a poco tempo fa inimmaginabili nei confronti del ministro leghista. Il commissario europeo al Mercato interno ha fatto un’allusione non casuale a Marine Le Pen affermando: “Quello che posso dirvi è che (Giorgetti, ndr) non è Marine Le Pen, ha familiarità con gli argomenti”.

Una dichiarazione da leggere non solo come un riferimento a un avversario in politica interna di Macron ma che, visto il contesto internazionale in cui è stata pronunciata, assume il tono di un aut aut al posizionamento della Lega in Europa.

L’alleanza con La Pen rimane il nodo principale per i progetti leghisti in Ue, l’idea di Matteo Salvini di realizzare un nuovo gruppo al parlamento europeo coinvolgendo i polacchi del Pis si scontra, oltre alla loro adesione all’Ecr, con l’incompatibilità di un’alleanza con un partito legato a posizioni filo-russe come il Rassemblement National. Uno scoglio che Salvini deve superare per realizzare il nuovo gruppo europeo. L’alternativa Giorgetti la suggerisce da tempo e sarebbe l’ingresso nel Ppe ma, anche in questo caso, bisognerebbe andare oltre all’alleanza con La Pen.

Senza dubbio è in atto un’evoluzione delle posizioni della Lega dopo l’adesione al governo Draghi non solo a livello nazionale ma anche europeo con l’obiettivo di trovare nuove sponde. L’obiettivo è evitare il perpetuarsi di un “cordone sanitario” nei confronti del partito di Salvini che non ha ragion d’essere alla luce dell’affidabilità che ha dimostrato negli ultimi anni su tanti temi, dal governo locale a quello nazionale.

Giancarlo Giorgetti è consapevole che l’esperienza del governo Draghi sarà una parentesi (l’orizzonte massimo è il 2023) e, alla luce dei tempi brevi della politica, in parallelo alla sua attività istituzionale, lavora per rendere la Lega una forza politica accettabile agli occhi delle istituzioni europee.

Il numero due della Lega sa benissimo che senza il placet dall’Unione europea, un governo a trazione Lega e centrodestra alle prossime politiche non avrebbe vita facile. La presenza della Lega nel governo Draghi deve essere letta in quest’ottica, così come il posizionamento in Europa che, se da un lato nasce certamente da un nuovo sovranismo maturo, dall’altro è agevolata da un’Unione europea che è cambiata sotto numerosi punti di vista, a partire dai temi economici con un superamento delle politiche di austerità. È ancora presto per vedere i risultati di questo lavoro che emergeranno con evidenza nei prossimi mesi ma la strada è tracciata.



×

Iscriviti alla newsletter