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Giornata mondiale dell’acqua. Vi racconto la Via della Sete

Di Biagino Costanzo

Il 22 marzo è la Giornata mondiale dell’Acqua (World Water Day), ricorrenza istituita dalle Nazioni Unite con lo scopo di richiamare l’attenzione su questo tema che ormai da troppo tempo è fonte di diseguaglianze economiche e sociali. È necessario tenere alta la guardia, mettendo in campo tutti gli strumenti a nostra disposizione per far sì che il diritto all’acqua non diventi tema di negoziazione e sia accessibile a tutti irrevocabilmente. L’intervento di Biagino Costanzo, dirigente di azienda e Co-founder di Knowledge for a Safe and Secure Organization (Knosso)

Il tema mi sta a cuore. Nel 2015, in un articolo sulla questione (L’acqua come bene strategico), ho affermato che avere abbondanza di un bene, non significa averlo a disposizione per sempre.

Continuo a pensare che sia vero, e riparto dunque, da qui.

La risoluzione Onu del 28 luglio 2010 dichiara l’acqua un “diritto umano universale e fondamentale per tutti, senza discriminazioni di accesso ad una sufficiente quantità di acqua potabile”, strettamente legato alla dignità della persona ed alla sua salute.

Questo meraviglioso diritto umano non incontra, però, nessun piccolissimo cavillo giuridico né all’interno del diritto nazionale, né in quello internazionale: ed è proprio in questo spiraglio che si insidia la speculazione.

Ovattati ormai da informazioni cicliche e monotematiche, per pigrizia tendiamo ad abbassare il livello di guardia e le notizie scomode non ci raggiungono, né ci scuotono come dovrebbero: così è passato in sordina il comunicato della prima quotazione in borsa dell’acqua.

Nel mese di dicembre 2020, Cme-Group, in collaborazione con Nasdaq, ha annunciato la creazione del primo contratto future sull’acqua, ovvero un contratto a termine che prevede la consegna di un bene a una data stabilita e al prezzo convenuto al momento della stipula.

Il Nasdaq Veles California Water Index (NQH2O) si propone di monitorare il tasso spot dei diritti sull’acqua nello stato della California, riferito ai cinque bacini presenti in California, che sono: Central Basin, Chino Basin, Main San Gabriel Basin, Mojave Basin e Surface Water.

Doveroso sottolineare che la California è lo stato più popoloso del continente, che produce circa il 20% del Pil totale statunitense (grazie ai settori cinematografico, tecnologico e, soprattutto, agricolo) e raggiunge il 9% del consumo giornaliero di acqua rispetto al resto del Paese: dunque il mercato idrico californiano conquista inevitabilmente il podio delle transizioni finanziarie legate a questo bene.

Inoltre, considerando i frequenti periodi di siccità che colpiscono la California sorge spontanea una duplice considerazione: da un lato avere un contratto centralizzato, significa maggiore trasparenza sull’andamento dei prezzi e la possibilità per gli agricoltori e le industrie in generale, di pianificare i propri investimenti su un più lungo periodo, diminuendo i rischi legati a pericolose fluttuazioni e favorendo un’ottimizzazione delle proprie risorse finanziarie.

D’altro canto, questo nuovo indice finanziario potrebbe fare da apripista ad altri indici meno votati alla trasparenza.

Come sappiamo, il cambiamento climatico che stiamo vivendo minaccia tutti gli ecosistemi, dunque diventa improrogabile un monitoraggio sui consumi e sulle modalità di impiego delle risorse idriche, poiché al pari di petrolio, oro, argento, grano ecc., la domanda globale di acqua è crescente e sta diventando un ulteriore e drammatico motivo di contrasto.

Il 22 marzo è la Giornata mondiale dell’Acqua (World Water Day), ricorrenza istituita dalle Nazioni Unite con lo scopo di richiamare l’attenzione su questo tema che ormai da troppo tempo è fonte di diseguaglianze economiche e sociali.

Proprio per questi motivi, nel 2020 lo slogan del Rapporto Mondiale Sullo Sviluppo Delle Risorse Idriche si focalizzava sullo stretto legame con i cambiamenti climatici, mentre nel 2019 un più eloquente “Nessuno sia lasciato indietro” denunciava il rischio allarmante di disparità e discriminazione evidenziando l’inversa proporzionalità tra acqua e povertà.

È inquietante, infatti, venire a conoscenza che tra il 2000 e il 2018 siano stati documentati circa 300 conflitti legati alla gestione di questo bene, perlopiù in Paesi già fortemente provati da tensioni di natura etnica, religiosa, socio-sanitaria ed i terreni di scontro rimangono quelli lungo i principali corsi d’acqua: Giordano, Nilo, Mekong, Tigri ed Eufrate…

Se a tutto questo sommiamo potenziali speculazioni finanziarie inappropriate o eticamente dubbie, il pericolo assume dimensioni inquietanti.

Perché i Paesi maggiormente abbienti dovrebbero, per primi, avere interesse nel tutelare l’acqua ed investire nella sicurezza delle infrastrutture per i servizi idrici? La risposta è semplice: perché le vulnerabilità sono molteplici ed il rischio di minare la resilienza universale è altissimo.

In Cina, ad esempio, in seguito alle pesanti inondazioni del 2015 che hanno fortemente provato la capacità di drenaggio e bonifica delle acque, si è pensato ad un progetto sperimentale (Sponge City), che coinvolge già una quindicina di città e permette di assimilare e riutilizzare, attraverso una progettazione infrastrutturale ad hoc, almeno il 70% dell’acqua piovana.

Chiaramente questo è possibile soltanto grazie ad investimenti importanti, volti ad anticipare le grandi sfide che possono derivare da prosciugamenti dei bacini, dal rischio di siccità o, ancora, da alluvioni.

Anche nel Distretto della Columbia, il “Clean Rivers Project”, si propone la costruzione di tunnel sotterranei per il trattamento ed il trasporto delle acque piovane e reflue per evitare che confluiscano nei fiumi, producendo così temibili straripamenti.

La collocazione di capitali per evitare sperperi sono frequenti anche in Medio Oriente, dove la scarsa disponibilità di acqua, ha favorito la costruzione di grandi impianti di dissalazione e purificazione dell’acqua marina: nel Golfo Persico l’acqua proveniente da tali processi costituisce il 90% di quella utilizzata dalla popolazione.

Insomma, le iniziative a sostegno della valorizzazione dell’acqua stanno crescendo velocemente.

In Europa, dove i Paesi Bassi, per ovvi motivi, sono all’avanguardia rispetto al trattamento ed alla valorizzazione dei loro mari, l’Italia purtroppo non si posiziona ai primi posti per la qualità delle proprie infrastrutture, spesso obsolete e con alte percentuali di dissipazione.

È necessario ponderare i consumi ed evitare gli sprechi: gli impianti e le installazioni hanno bisogno più che mai di un processo di ammodernamento da troppo rimandato… e se non ora, quando?

Lo stanziamento di risorse a favore di tutta la rete infrastrutturale idrica deve senz’altro tener conto delle caratteristiche ambientali, ma non può trascurare un altro importante aspetto.

Avendo constatato, soprattutto nell’ultimo anno, la crescente necessità di prevedere una gestione da remoto degli asset, è fondamentale assicurare l’integrità, la disponibilità e la riservatezza delle informazioni e dei dati da amministrare poiché le minacce sono sempre dietro l’angolo.

Già nel 2019, un impianto idrico israeliano è stato bersaglio di un atto sovversivo da parte di cyber criminali che, passando attraverso server statunitensi, hanno cercato di compromettere le reti di distribuzione dell’acqua.

Più recente la notizia del tentato attacco informatico in Florida ai danni della rete idrica, dove sono stati modificati i livelli di liscivia, una soluzione detergente che, in piccole e controllate quantità, serve a bilanciare l’acidità dell’acqua: fortunatamente un solerte dipendente, accortosi della manomissione delle dosi, ha ristabilito le giuste quantità nel giro di pochi minuti, evitando il peggio.

È necessario quindi tenere alta la guardia, mettendo in campo tutti gli strumenti a nostra disposizione per far sì che il diritto all’acqua non diventi tema di negoziazione e sia accessibile a tutti irrevocabilmente. Soprattutto perché, con Fuller “non conosciamo mai il valore dell’acqua finché il pozzo è asciutto”.

 

 

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