Dopo mesi di rinvii, il governo britannico presenta la sua strategia “integrata” per la Global Britain. La Russia? “Il pericolo maggiore”. Linguaggio più morbido con la Cina. Meno truppe ma più moderne e aumento delle testate atomiche. Tutti i dettagli
Largamente anticipata dai giornali britannici e commentata anche da Formiche.net nei giorni scorsi, oggi il governo britannico guidato da Boris Johnson ha pubblicato il documento “Global Britain in a Competitive Age”, la review strategica integrata di sicurezza, difesa, sviluppo e politica estera. Si documento si articoli in quattro obiettivi: un Regno Unito “più forte, più sicura, prospero e resiliente”; “una nazione che risolve i problemi e condivide gli oneri con una prospettiva globale”; la creazione di “nuove basi per la nostra prosperità” a partire dall’ambito tecnologico; la capacità di “adattarsi a un mondo più competitivo” ossia l’“approccio integrato”.
IL DOCUMENTO
Più volte rinviata nei mesi scorsi a causa della pandemia in corso, il documento di 114 pagine è stato definito “una dichiarazione della visione post Brexit del primo ministro”, ossia la Global Britain, dal Financial Times. La review “più radicale dalla fine della Guerra fredda”, scriveva invece il Times. A curare la review, la prima “integrata” – ecco la prima novità, quella già evidente nel titolo – è stato il professor John Bew del King’s College London, esperto di grande strategia e consigliere del primo ministro per la politica estera.
TRA CINA E RUSSIA
Uno dei punti che già hanno alimentato le tensioni all’interno del Partito conservatore riguarda il rapporto con i regimi. Mentre la Russia viene identificata come il nemico numero uno e definita “il più grave pericolo per la nostra sicurezza”, il linguaggio utilizzato è assai più sfumato per la Cina, visto anche il suo ruolo nella sfida ai cambiamenti climatici (non va dimenticato che il Regno Unito ospita quest’anno la conferenza delle Nazioni Unite sul clima, Cop26). Si parla, infatti, di una “sfida sistemica”. Eccolo il ramoscello d’ulivo: il Regno Unito “investirà in capacità avanzate di fronte alla Cina”, perché “le economie aperte e commerciali come il Regno Unito dovranno impegnarsi con la Cina e rimanere aperte al commercio e agli investimenti cinesi”. Ma non mancano elementi di preoccupazione: la Cina è vista come “la più grande minaccia statuale” alla sicurezza economica britannica. Ma servono infrastrutture critiche, siti sensibili e tecnologia nel Regno Unito più sicuri per consentire “rapporti commerciali più profondi e maggiori investimenti cinesi”. A tentare di rassicurare il partito dopo le indiscrezioni di questa mattina si è dovuto muovere il ministro degli Esteri, Dominic Raab, che dichiarato che “non smetteremo mai di difendere i nostri valori”.
MENO TRUPPE, MA PIÙ IMPEGNATE
Le forze armate britanniche saranno inviate all’estero “più spesso e per periodi di tempo più lunghi”, si legge. Ma l’esercito dovrà affrontare pesanti tagli: 10.000 uomini, quattro battaglioni di fanteria, 77 carri armati e 760 veicoli da combattimento Warrior in meno, novità che dovrebbero essere annunciate la prossima settimana. Inoltre, la Raf perderà 24 jet Typhoon e la sua flotta di 13 aerei da trasporto Hercules. E la Marina metterà fuori servizio due fregate. La scelta di rimpicciolire l’esercito potrebbe convincere gli Stati Uniti soltanto se sull’altro piatto della bilancia il Regno Unito mettesse, come suggerito da Jack Watling, analista del Royal United Services Institute, al Financial Times, elicotteri, missili a lungo raggio e forze speciali.
L’INDO-PACIFICO
Lo sguardo è rivolto soprattutto all’Indo-Pacifico, definito il “motore della crescita” globale. Basti pensare che il primo ministro sarà in visita in India il mese prossimo e che al prossimo G7 da lui presieduto il premier Johnson ha deciso di invitare come Paesi ospiti Australia, Corea del Sud e India. Ma questo approccio, come già spiegavamo su Formiche.net, non è privo di controindicazioni. controindicazioni: per esempio, agli occhi degli australiani i progetti di “Blighty” – il nome sprezzante con cui viene definito il Regno Unito, retaggio della seconda guerra anglo-boera – rischiano di apparire neoimperalistici, aveva evidenziato Euan Graham, esperto dell’IISS. Inoltre, agli Stati Uniti potrebbe risultare più utile che il Regno Unito riempia i suoi vuoti nel Nord Atlantico piuttosto che aggiungersi nel quadrante indo-pacifico.
IL “SOFT POWER”
Il documento celebra il soft power britannico. Quarta rete diplomatica, tra i principali finanziatori dell’Organizzazione mondiale della sanità, primo contributo dell’alleanza vaccinale Gavi, membro fondatore di Covax. Ma non solo. Terzo Paese per soft power grazie anche al British Council che opera in oltre 100 Paesi e alla BBC, “l’emittente televisiva più affidabile al mondo, che raggiunge 468 milioni di persone ogni settimana, in 42 lingue”. Il che dimostra come su questo Londra punti molto su questo aspetto dopo l’uscita dall’Unione europea.
LA MODERNIZZAZIONE MILITARE
Nel documento c’è ampio spazio per la Difesa, per cui si prevede un processo di modernizzazione ad ampio spettro, con focus sull’innovazione tecnologica. In sintesi, “un approccio più robusto in risposta al deterioramento della sicurezza globale, all’adattamento alla competizione strategica e a una più ampia gamma di minacce, statuali e non, abilitate dalle nuove tecnologie”. Ciò si traduce in un piano a tre livelli: aumento della sicurezza interna, potenziamento della proiezione militare esterna (e della deterrenza) e rafforzamento delle alleanze, per cui si citano la Nato, ma anche la collaborazione con l’Unione europea e i suoi nuovi strumenti di difesa comune. Tra i responsabili del deterioramento delle condizioni di sicurezza si citano Russia, Iran e Corea del Nord, autori di “un indebolimento dell’ordine internazionale”. Si aggiungono attori non statali, con strumenti classici e nuovi, minacce ibride, disinformazione e cyber-space. Ne deriva l’approccio “integrato”, per cui non ha più senso parlare separatamente di Difesa e di Sicurezza nazionale.
IL BUDGET
Crescerà il budget della Difesa, con 24 miliardi di sterline aggiuntivi (28 miliardi in euro), spalmati sui prossimi quattro anni, su un budget che nel 2020 contava circa 40 miliardi. L’aumento è considerevole, considerando che già a novembre il primo ministro Johnson annunciava un piano di spesa aggiuntivo “alla faccia della pandemia” per 16 miliardi di sterline su quattro anni, ora dunque aggiornati a 24. Si darà priorità a “sviluppo e integrazione di nuove tecnologie”, in aree che comprendono “lo spazio, le armi ad energia diretta e i missili ipersonici”, per cui si prevedono 6,6 miliardi in quattro anni. D’altra parte, ha detto Johnson, “dobbiamo preservare il nostro stato di superpotenza scientifica e tecnologica”. Oltre alla conferma per il nuovo Space Command, c’è anche quella per la National Cyber Force, un corpo separato gestito dal ministero della Difesa insieme ai Government communications headquarters (Gchq), agenzia per l’intelligence delle comunicazioni, a tinte dunque più che interforze.
TRA DIFESA E SICUREZZA
Si rafforzerà comunque anche la postura militare all’estero. Si prevedono investimenti per potenziare le infrastrutture e le basi tra Cipro, Gibilterra, Germania, Oman, Singapore e Kenya. Varrà 60 milioni di sterline l’aumento di un terzo per il British Defence Staff, chiamato a supportare la rete diplomatica. Entro i confini, grande attenzione è rivolta al terrorismo. Quello di tipo chimico, biologico e nucleare ha scalato le priorità militari anche grazie al Covid-19. Un attacco di questo tipo è ritenuto “probabile” entro il 2030 dalla review britannica, che prevede così la creazione di un nuovo centro per le operazioni di contro-terrorismo (Ctoc), chiamato a sovrintendere tutti i centri esistenti che hanno competenza sul tema. Notevole anche l’impegno sul capitolo intelligence, per agenzie world-class con un budget (tra Sis, Gchq e MI5) di 3,1 miliardo quest’anno, in crescita del 5,4%, con 695 milioni da spendere fino al 2025 su ricerca e sviluppo di tecnologie cutting-edge.
NOVITÀ NUCLEARI
Tra le novità che si faranno sentire di più c’è l’aumento dell’arsenale nucleare. Nel 2010 il governo di Londra sottoscrisse l’impegno a ridurre il numero di testate disponibili da 225 a 180 entro la metà di questo decennio. “Tuttavia”, si legge, “riconoscendo l’evoluzione dell’ambiente di sicurezza, incluso lo sviluppo del range di minacce tecnologiche e dottrinali, ciò non è più possibile”. Il Regno Unito procederà dunque ad aumentare l’arsenale fino a 260 testa, così da avere un deterrente “minimo, credibile, indipendente, assegnato alla Difesa della Nato”. Resteranno quattro i sottomarini nucleari, così da preservare il Continuous At Sea Deterrent con almeno un assetto operativo in mare. Si prevede per il 2030 l’ingresso in servizio del primo sommergibile di classe Dreadnought, chiamata a sostituire la classe Vanguard.