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I conflitti esistono, impariamo a governarli. Le strategie di Comin

Come far accettare decisioni fondamentali nelle comunità, sui territori, presso gli stakeholder? Servono tecniche e sensibilità particolari, come quelle che hanno permesso al Porto di Genova di chiudere il primo “débat public” all’italiana. Ne parla Gianluca Comin, docente di Strategie di Comunicazione, Luiss Guido Carli

Pax e Rilancio, sono le due parole chiave di questa fase in cui il nostro Paese si prepara al più massiccio piano vaccinale mai fatto e a finalizzare la più alta dotazione finanziaria (209 miliardi di euro) mai vista dai tempi del Piano Marshall. Pax come un momento di relativa tranquillità sociale, istituzionale e politica, che – se togliamo i dissidi all’interno dei partiti – possiamo osservare in modo abbastanza netto rispetto alla fase precedente, che era invece segnata da continue frizioni tra le parti dello stesso Stato che dovevano affrontare la pandemia. E Rilancio, perché la partita sugli investimenti e le scelte strategiche per il futuro del Paese sarà più che mai decisiva per il futuro di tutti.

L’Italia ha potenzialità eccezionali: un patrimonio pubblico immenso, rimasto immobile per decenni e ancora da valorizzare attraverso riqualificazioni e partnership tra il pubblico e il privato; un tessuto produttivo da supportare e collegare per favorire sinergie; territori e aree urbane di cui prendersi cura; infrastrutture da completare e convertire in una logica di sostenibilità; un piano Energia e Clima approvato da implementare; politiche pubbliche innovative ancora rimaste nei cassetti, e che è il momento di ritirare fuori.

Per fare tutto questo servono scelte decise, non v’è dubbio, ma anche una nuova capacità da parte del pubblico e del privato a trovare tecniche e modalità per far accettare senza conflitti queste decisioni nelle comunità, sui territori, presso gli stakeholder. Una capacità di muovere e costruire un consenso diffuso che nel recente passato non è stata sufficiente ad evitare scontri, proteste e un diffuso effetto Nimby, secondo quell’approccio DAD (Decidi – Annuncia – Difendi) che ha di fatto causato il naufragio di tante opere pubbliche e infrastrutture che oggi si sarebbero rivelate essenziali.

Abbiamo osservato negli ultimi anni come la disintermediazione tra cittadini e istituzioni e autorità abbia portato al progressivo indebolimento dei corpi intermedi, e come questo abbia di fatto depotenziato quel fondamentale “ammortizzatore” che intercorre tra le decisioni di soggetti pubblici e privati che legittimamente, e il più delle volte in modo sensato e generativo, scelgono di investire in una particolare opera, e le comunità e le persone che da quell’opera saranno investite. La mancanza di quella frizione ha portato a conflitti spesso insanabili, come ad esempio quello contro la TAV, che non si è stati purtroppo capaci di prevenire e governare con successo.

Governare il conflitto, senza negarlo: questo è il mantra su cui autorità politiche, enti locali e soprattutto le aziende dovranno lavorare nei prossimi mesi. Per farlo c’è bisogno di tecniche e sensibilità particolari, come quelle che hanno permesso al Porto di Genova di chiudere nelle scorse settimane, a proposito della nuova Diga Foranea, il primo débat public all’italiana dopo che il Codice dei Contratti Pubblici ne aveva normato la natura, ispirata dalla tradizione francese del confronto con i territori nel momento in cui si progettano le opere pubbliche.

A Genova, in particolare, l’Autorità Portuale del Mar Ligure Occidentale ha fortemente voluto portare avanti un processo che ha visto partecipazione diffusa di tutti i soggetti interessati, anche quelli critici, in ben 12 incontri, accompagnati da una conversazione strutturata che ha coinvolto la stampa e i social media (126 articoli pubblicati, più di 60mila telespettatori sulle tv locali, 25mila visualizzazioni su Facebook), e che grazie a una cosiddetta “pre-conferenza dei servizi” ha posto le basi per velocizzare l’iter approvativo di una infrastruttura così importante.

Per arrivare a questi risultati sono state adottate tecniche particolari, che non possono essere improvvisate, e che possono seguire degli step precisi, che aiutano a impostare dei processi di reale condivisione, con l’obiettivo di arrivare a progetti migliori e pertanto più condivisi, facendo parlare tutti ma evitando polarizzazioni controproducenti, e andando ad analizzare, prevedere, pubblicizzare l’impatto sociale di ogni infrastruttura, progetto o investimento.

Gli esperti del settore individuano in sintesi tre macro-fasi:

  • il Conflict Assessment, che permette di mappare tutti i soggetti rilevanti per il territorio, ricostruirne le posizioni con diverse metodologie, restituirne una analisi corretta e una strategia conseguente;
  • il Consensus Building, l’intero set degli strumenti di comunicazione trasparente e coinvolgimento degli stakeholder, incluso il dibattito pubblico, volti al raggiungimento di una soluzione condivisa;
  • la Negoziazione Dedicata, per le situazioni in cui è necessario un confronto più ristretto, che includa gli esperti e che porti a un “punto di caduta” finale tra le diverse posizioni in campo.

Un piano di Conflict Assessment & Management – così possiamo chiamare l’insieme di queste tecniche, discipline e passaggi descritti rapidamente qui sopra – che, per essere pienamente efficace, richiederà di essere accompagnato da una comunicazione istituzionale efficace, trasparente e aperta, dalla capacità di interloquire con gli enti locali e le autorità amministrative in modo chiaro, e in modo onesto con la stampa e con i cittadini.

Si apre una fase, dunque, in cui il Paese dovrà accelerare, e di molto, su diversi fronti e impegnando decine di miliardi di euro per opere infrastrutturali chiave. Si apre una fase in cui, sperabilmente, grazie a questa spinta top-down anche tanti privati impegnati in settori come l’edilizia e l’energia vorranno proporre ai territori nuovi e progetti. La sfida per l’esecutivo, la politica e le imprese sarà quella di prevedere e governare i conflitti che da queste iniziative discenderanno: fondamentali saranno il dialogo con le comunità, il monitoraggio attento degli impatti sociali ed economici, una comunicazione sensibile e svolta con cura.

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