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Il castello sovranista trema. Una lezione dalla Polonia

Di Giulia Gigante

In Polonia il governo di Morawiecki traballa per lo scontro fra sovranisti ed europeisti. Kaczyński, alleato di Giorgia Meloni a Bruxelles, nel mirino per le simpatie filorusse e filocinesi. Ecco cosa dice il terremoto polacco della fortezza sovranista in Ue

Se l’Europa viene strattonata tra posizioni progressiste e nazionaliste, ancora una volta la Polonia si spacca sulla giusta interpretazione da conferire all’Unione. La solidità dell’esecutivo e la stabilità del panorama politico sono minacciati dal verdetto della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, dalla gestione del piano nazionale di ricostruzione e dalle polemiche scaturite attorno all’utilizzo del carbone e alla necessaria transizione ecologica.

Mentre salta la consegna di 62 mila vaccini da parte di AstraZeneca e si attende quella di Pfizer, prevista per lunedì 8 marzo, il premier Morawiecki valuta le conseguenze del suo articolo pubblicato sul portale di “Echo of Moscow”, un’emittente radiofonica russa indipendente.

In onore degli “accordi di Danzica”, Morawiecki sottolinea che le relazioni tra gli Stati europei, indipendentemente dalle loro dimensioni o dal potenziale economico, devono basarsi sul principio di solidarietà.

“La solidarietà esige comunità” afferma il premier polacco “Sono convinto che saremo in grado di forgiare un futuro comune se porremo questo valore come base delle nostre attività”. Il termine Solidarność evoca una storia lontana che ha plasmato le personalità politiche presenti nell’attuale Sejm, operative sia nel campo conservatore che in quello progressista. Dunque, il più autorevole rappresentante del PiS sembra adottare una strategia di distensione nei confronti di Bruxelles.

Eppure, le divergenze che continuano a maturare in seno alla coalizione di governo, generano crepe, rotture sempre più visibili agli occhi dell’opinione pubblica e della stampa estera. Proprio ieri, il giornalista Jacek Żakowski ha rimarcato le differenze tra “noi” e “loro” sulle pagine di Gazeta Wyborcza.

Con “loro” allude alle forze euroscettiche che tengono stretto il timone del Paese, Pis in primis. “Loro vogliono che la Polonia sia come la Russia, la Cina o l’Iran, noi vogliamo vivere come i tedeschi o gli americani” scrive Zakowski e prosegue “L’Occidente preferisce che noi controlliamo il potere, l’Oriente che il potere controlli noi. Sono loro a preferire lo stato di volontà a quello di diritto, a non voler accettare la sentenza della CGUE”.

La Corte di Giustizia Europea ha stabilito che il meccanismo di nomina dei giudici presso la Corte Suprema Polacca è “passibile di violazione del diritto comunitario”. In buona sostanza, i giudici in corsa per la Sąd Najwyższy devono avere il diritto di presentare ricorso contro i pareri dell’organo che valuta i candidati, ovvero il Consiglio nazionale della magistratura (Krs), contrariamente a quanto previsto dalle modifiche legislative del 2018, le quali escludono qualsiasi effettività del ricorso e rendono definitive le decisioni del Krs.

Ebbene, il Ministro della Giustizia Zbigniew Ziobro reputa inaccettabile il verdetto della Corte, descrivendolo come una minaccia per la sovranità politica della Polonia e per la sua Costituzione. Ed è proprio Ziobro il principale elemento di instabilità all’interno della squadra di governo capeggiata dal Pis, opponendosi alla “trasformazione verde” come obiettivo prioritario e alla correlazione tra Stato di Diritto e fondi per la ricostruzione.

Così Jarosław Kaczyński tenta di sedare i malumori dei propri partners, organizzando tavoli di confronto tra Solidarna Polska, sempre più vicina al programma di ultradestra di Konfederacja, e le posizioni liberali di Gowin, per preservare l’agenda conservatrice, il rapporto con la Chiesa Cattolica, per arginare l’opposizione del fronte democratico e allo stesso tempo indire una programmazione al fine di modernizzare l’economia nazionale e le infrastrutture.

C’è, infatti, la possibilità di stanziare fondi europei per 92 progetti preparati da GDDKiA (Direzione generale per le strade e le autostrade nazionali), e persino Kaczynski riconosce che il futuro della Polonia, legato ad importanti investimenti nel campo della digitalizzazione e della lotta al cambiamento climatico, non può essere ostacolato dalle diffidenze ideologiche di forze minoritarie.

Oltretutto, il PiS deve affrettarsi a trovare una maggioranza per approvare il disegno di legge che introduce la tassa sui media, e forse non basterà l’appoggio dell’eccentrico Pawel Kukiz, ex cantante e attuale parlamentare di PO, portatore sano di punk rock tra gli scranni della camera bassa.

Come ha ricordato il politologo Rafał Chwedoruk, la società polacca è lontana dalle istituzioni pubbliche e dai partiti, l’avanzata di Szymon Holownia, conduttore televisivo di Mam Talent! la versione polacca di Got Talent, sulla scena politica nazionale rappresenta la prova del nove.

Ma lo scontro tra europeisti e sovranisti è esploso nel dibattito pubblico, nei salotti televisivi e nelle piazze polacche. Europa o Nazione? Ovest o Est? Leviatano o Tigre di carta? Sovranità della norma o Stato sovrano? Kelsen o Schmitt?

Se le tradizionali culture politiche di riferimento, come in Italia del resto, sembrano sgretolarsi dinanzi alla pop-politica, la dicotomia tra Atlantico e Mar Giallo attrae l’attenzione del popolo grasso e minuto, del vertice e della base, della città e della campagna, di tutti. Nessuno escluso.

In Polonia si accendono vecchi interrogativi che turbano il nuovo mondo, e nuove risposte che sembrano appartenere al vecchio. Che sia proprio il suolo polacco il palcoscenico per sciogliere il dubbio amletiano dell’assetto euro-atlantico? Chiude sempre Żakowski: “Loro chiamano Pechino quando sono nei guai, noi Bruxelles o Washington”. La soluzione sta nello scoprire chi sono i “loro” e i “noi”.

 

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