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La guerra economica è (anche) questione di intelligence. Lo spiega Gagliano

“È importante utilizzare agenti dei servizi segreti ma anche le imprese, poiché l’intelligence economica ha il compito di raccogliere le informazioni, di elaborandole in modo chiaro per poi trasmetterle nelle mani del decisore politico”. L’analisi di Giuseppe Gagliano, presidente e fondatore del Centro Studi Strategici “Carlo de Cristoforis”, nel corso della sua lezione al Master in Intelligence dell’Università della Calabria, diretto da Mario Caligiuri

“La guerra economica è una guerra di carattere finanziario ed ha un potere distruttivo maggiore della guerra militare. È guerra psicologica, strategica, cognitiva e dell’informazione, e il campo di battaglia è dappertutto”. Sono le parole di Giuseppe Gagliano, presidente e fondatore del Centro Studi Strategici “Carlo de Cristoforis”, nel corso di una lezione dal titolo “Guerra Cognitiva ed Intelligence Economica. Il Caso Francese” tenuta durante il Master in Intelligence dell’Università della Calabria, diretto da Mario Caligiuri.

Durante il suo intervento, Gagliano ha spiegato che “la guerra economica è una guerra totale che coinvolge Stati ed imprese. Si è imposta a livello globale dopo la guerra fredda ed è in grande crescita. Il concetto di guerra economica è stato elaborato in maniera molto precisa da Bernard Esambert nel suo libro “La guerra economica mondiale” del 1991, in cui viene confutata la teoria che dopo la guerra fredda ci sarebbe stata una pace perpetua. Anche Edward Luttwak aveva capito lucidamente quello che stava accadendo assimilando le imprese agli eserciti e i disoccupati alle vittime delle guerre. Non a caso teorizza il turbo-capitalismo. A tale proposito Gagliano ha opportunamente sottolineato: “La guerra economica – ha affermato ancora Gagliano – altro non è che la prosecuzione della guerra militare combattuta con altri mezzi”.

La guerra economica si basa su tre elementi: guerra delle informazioni, presenza degli Stati e delle imprese dei territori stranieri e “normalizzazione”. “La guerra dell’informazione, ha detto il docente, tende a condizionare gli attori politici attraverso la disinformazione e l’opinione pubblica attraverso la manipolazione dell’informazione. Per quanto riguarda, invece, la presenza degli Stati e delle imprese nei territori stranieri un ruolo fondamentale viene svolto dalle camere di commercio, che hanno il compito di sostenere e controllare le imprese. Mentre per “normalizzazione” si intendono i procedimenti politici e le tecniche giuridiche che regolano opportunità e vincoli che tendono a proteggere i mercati interni e consentono agli Stati di espandersi all’esterno del proprio territorio.

In questo contesto, ha affermato Gagliano, un ruolo fondamentale viene svolto dell’intelligence attraverso lo spionaggio economico. “A tal fine è importante utilizzare agenti dei servizi segreti ma anche le imprese, poiché l’ intelligence economica ha il compito di raccogliere le informazioni, di elaborandole in modo chiaro per poi trasmetterle nelle mani del decisore politico”.

Gagliano si è poi soffermato sul caso ArcelorMittal, colosso industriale nel settore siderurgico, quale esempio di guerra economica combattuta a livello europeo e mondiale. “L’Offerta Pubblica d’Acquisto (Opa) da parte di Mittal Steel Company su Arcelor produttore dell’acciaio in Europa (Spagna-Francia-Lussemburgo), è un esempio di scuola per comprendere la tecnica utilizzata e gli effetti che può produrre la guerra economica. La multinazionale indiana Mittal, infatti, per riuscire a portare a termine l’Opa sull’azienda europea Arcelor, ha influenzato tutti i protagonisti dell’azione pubblica, in una battaglia che ha visto la partecipazione di molti attori tra cui: le agenzie di comunicazione, gli studi legali, i rappresentanti politici, le banche, le multinazionali e le agenzie di rating. Riuscendo in tal modo a neutralizzare ogni azione di Arcelor. Questa operazione ha avuto anche delle implicazioni geopolitiche, poiché è stata posta in essere per preservare l’Europa dall’espansionismo cinese nel settore siderurgico. Ma in tal modo l’Europa ha dimostrato di svolgere, sullo scacchiere internazionale, un ruolo irrilevante”.

Nella guerra dell’informazione operano non solo gli Stati e le multinazionali ma anche le organizzazioni non governative. Greenpeace, organizzazione non governativa, utilizza la destabilizzazione informativa per contrastare la globalizzazione attraverso il movimento no global. Unitamente ad Attac è riuscita attraverso questa guerra informativa – che è anche cognitiva – a condizionare il governo francese e la stessa Ocse sugli accordi multilaterali degli investimenti costringendo il governo di Lionel Jospin Aspen a ritirarsi da questi accordi.

La guerra economica, ha detto Gagliano, per essere combattuta richiede una trasformazione profonda e un rafforzamento del ruolo dello Stato, perché il concetto di potenza si è profondamente modificato. Infatti come aveva ipotizzato Alvin Toffler si è passati dall’hard power al soft power, che è influenza e conoscenza, meno costoso e più efficace dell’hard power.

Gagliano ha poi ricordato che uno degli obiettivi della guerra economica è il mantenimento dell’occupazione industriale. Non dimentichiamo, infatti, che la disoccupazione industriale ha creato la nuova classe esplosiva dei precari ed incide sulle delocalizzazioni delle imprese. Un altro aspetto della guerra economica è relativo alle risorse. Non è un caso se si stia registrando una lotta feroce tra gli Usa e la Cina per il controllo del petrolio e delle terre rare. Pensiamo a tale proposito a Huawei e al 5G. Un altro aspetto che il docente ha sottolineato e certamente il risveglio delle potenze asiatiche come la Cina ma anche come l’India che stanno contribuendo a modificare profondamente l’equilibrio mondiali a conclusione della guerra fredda.

Gagliano ha definito la guerra economica anche come una guerra politica e strategica, che prevede l’indebolimento degli Stati concorrenti. Le sanzioni ed i dazi economici, sono utilizzati per fare cambiare politica interna ed estera degli Stati che ne sono colpiti. Basta ricordare alle sanzioni del 1936 contro contro l’Italia a causa della Guerra di Etiopia all’embargo delle armi in Siria o a quelle relative alla annessione russa della Crimea.

È evidente, ha affermato Gagliano, che la guerra economica significa un ritorno ed un rafforzamento degli Stati Nazionali cioè ad una sorta di neomercatilismo. Tutto questo smentisce, quindi, le teorie che profetizzavano la fine degli Stati-Nazione e che vedevano la mano invisibile del mercato regolare tutte le cose. Ci riferiamo in particolare alla Scuola austriaca – Von Mises e Von Hayek – a Milton Friedman e ,in Italia ,a Bruno Leoni. A differenza della scuola austriaca la griglia di lettura che pone l’enfasi sulla guerra economica sottolinea il ruolo altamente conflittuale del mercato, conflittualità questa che si concretizza anche attraverso l’uso della guerra dell’informazione e dell’intelligence economica.

Anche in questa fase di grande difficoltà per il mondo a causa della pandemia da covid-19 ci sono Stati come la Cina e la Russia che si stiano rafforzando. In particolare la Cina ha posto in essere un postura basata sul soft power incrementando la propria presenza ed influenza in Africa e nel sud America. Ma nonostante la gravità della pandemia gli equilibri delle grandi potenze si stanno nuovamente rafforzando come dimostra in modo evidente la contrapposizione tra Stati Uniti e Cina sia sotto l’amministrazione Trump che sotto l’amministrazione Biden. Tuttavia gli equilibri tradizionali si stanno rafforzando ancora di più. Gli Stati Uniti e la Cina sono sempre più protagonisti sulla scena mondiale mentre l’Unione europea ha un ruolo ancora marginale.

In ultima analisi, contrariamente ad una visione pacificata del mondo lontanissima dal realismo politico, la fine della cold War ha semplicemente riproposto una nuova conflittualità di natura multidimensionale. Oggi infatti le guerre si combattono su tutti i fronti – da quello tradizionale a quello cyber o a quello economico – come è stato opportunamente osservato nel celebre saggio Guerra senza limiti redatta dai colonnelli cinesi Qiao Liang e Wang Xiangsui.

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