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La scelta Draghi? L’epilogo del populismo grillino. Ma ora…

Di Santo Primavera

La crisi del Pd, la spaccatura dei Cinque Stelle e il dibattito nella Lega disegnano la dialettica politica in vista di mutazioni. Pubblichiamo un intervento di Santo Primavera, esperto in Teoria e tecnica del lobbying “Link Campus University”

Nel sistema politico di un Paese ci sono date che come delle scosse telluriche ne segnano indelebilmente il futuro. Quando il 7 febbraio 2013 Beppe Grillo twittava “Apriremo il Parlamento come una scatoletta di tonno”, sicuramente immaginava altri risvolti futuri rispetto all’incarico di formare un governo conferito il 3 febbraio 2021 dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella a Mario Draghi.

Il risultato referendario del 20 e 21 settembre 2020 sulla riduzione del numero dei parlamentari, fortemente voluta dai Cinque Stelle ha inaugurato effettivamente sull’onda populista uno scenario di riforme dovute relativamente a nuovo assetto istituzionale. La scelta presidenziale di Mario Draghi è l’epilogo paradossale della transizione aperta negli anni dal populismo grillino.

Grillo e i Cinque stelle hanno sempre immaginato una “democrazia dal basso” ma il 3 febbraio 2021 si sono dovuti arrendere ad una “democrazia dall’alto”. Come ci ha fatto notare il costituzionalista Gustavo Zagrebelsky la logica dal basso è propria della democrazia rappresentativa. Nel nostro sistema costituzionale il compito del Presidente della Repubblica è di registrare la situazione politico-parlamentare e di favorire, ove occorra, la formazione di una maggioranza che esprima un governo.

Il buon esito non è affatto garantito, il rischio in agguato è l’impasse per i veti incrociati. In presenza dello stallo, la logica si è rovesciata: al “dal basso” si sostituisce “dall’alto”. Nella dichiarazione pubblica del 2 febbraio, il Presidente della Repubblica ha certificato l’inesistenza di una maggioranza politica parlamentare a sostegno del Presidente del Consiglio uscente, Giuseppe Conte, e al contempo ha formalmente considerato l’extrema ratio dello scioglimento delle Camere e delle nuove elezioni.

I costi nell’attuale crisi epidemiologica ed economica sarebbero stati però abbastanza alti sotto diversi profili, e Mattarella ha quindi deciso di convocare una personalità fuori dalla politica e autorevole anche dal punto di vista europeo ed internazionale come Mario Draghi, per conferirgli l’incarico di governo. Si è passati da una “democrazia dal basso” ad una “democrazia dall’alto”, facendo uso di un potere presidenziale quasi di riserva.

Richiamando l’insegnamento di uno studioso francese, Maurice Duverger, per spiegare il “funzionamento effettivo delle istituzioni, è necessaria una stretta combinazione tra il commento giuridico e l’analisi di scienza della politica”. Il diritto costituzionale non può limitarsi al primo senza restare nel puro formalismo.

I fatti italiani, sebbene in circostanze diverse, richiamano alla mente la storia francese e in particolare quando l’allora Presidente della Repubblica, René Coty, il 13 maggio 1958 accoglie all’Eliseo Charles de Gaulle, come salvatore della Patria e lo nomina Presidente del Consiglio, l’ultimo della Quarta Repubblica, nel pieno della crisi algerina. La Quarta Repubblica in Francia era ormai all’agonia e la società era profondamente spaccata, così come la rispettiva rappresentanza partitica.

Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, oltre che un navigato politico democristiano è un fine costituzionalista e proprio nella sua formazione sta la chiave di lettura del suo operato. Risulta chiaro ormai che il referendum ha innescato la stagione delle riforme istituzionali, ormai impellenti anche come garanzia alla Comunità Europea per le copiose risorse finanziarie concesse al nostro Paese con il Recovery Fund. Il punto di equilibrio politico di questa nuova stagione è il Quirinale, e il suo suggello la formazione del Governo Draghi.

Per questo, visto anche il precedente di Napolitano, starebbe ormai nei fatti il motivo della rielezione alla Presidenza della Repubblica di Sergio Mattarella, anche solo per il tempo necessario a chiudere questa nuova fase costituente. Quando De Gaulle si insedia, solo ristrette minoranze rimangono all’opposizione. La Costituzione della Quinta Repubblica è scritta da un comitato ristretto di alti funzionari, così come dietro le scelte di politica economica ci sono grand commis. Il governo del Presidente De Gaulle finisce nel 1958 con il passaggio all’Eliseo. La crisi strisciante della Quarta Repubblica finisce con il varo di una riforma istituzionale che riapre la competizione elettorale fra i partiti, garantendo la governabilità per la Francia.

Il metodo Duverger mira ad individuare le norme costituzionali ed elettorali che siano efficaci nella situazione specifica: la lettura della società e del contesto politico non è fine a sé stessa, ma è finalizzata al riordino delle istituzioni in modo efficiente.

In questo momento “sospeso” per i politici, i partiti italiani, o ciò che ne rimane, avrebbero tutto il tempo di riconfigurare l’offerta di posizionamento e di aggregazione organizzativa non solo per incidere sulla nuova fase costituente con il relativo sistema elettorale ma anche per trovarsi pronti ai nastri di partenza. La crisi del Pd, la spaccatura dei Cinque Stelle, il dibattito nella Lega disegnano la dialettica politica in vista di mutazioni: la rincorsa di un vasto elettorato moderato ormai rimasto orfano di uno spazio politico, perché in Italia non basta solo la destra o la sinistra ma si vince e si governa al centro, come si stava convincendo Giuseppe Conte.

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