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La sveglia di Biden ai putiniani di casa nostra. Scrive Cicchitto

Di Fabrizio Cicchitto

Non basta una sola parola per descrivere Vladimir Putin. La lunga carriera dell’ex spia del Kgb è attraversata da un solo file rouge: destabilizzare l’Occidente a favore di una “Grande Russia”. In Europa e in Italia abbiamo una fila di adulatori, un po’ rintronati dall’ultimo schiaffo di Joe Biden. Il commento di Fabrizio Cicchitto, presidente di Riformismo e Libertà

Premessa: già prima del 1989 il Pcus era ormai ridotto ad essere guidato da una gerontocrazia, invece il Kgb era costituito da un nucleo di gente sveglia e aggressiva che conosceva bene il mondo occidentale e le nuove tecnologie. Gorbaciov impersonò il tentativo di riformare il sistema comunista, il suo fallimento dimostrò la veridicità della tesi sostenuta da Pietro Nenni fin dal 1956-1957 e cioè che il sistema comunista era irriformabile.

Successivamente la Russia fu segnata da una breve e contrastata fase liberale impersonata da Eltsin. Neanche Eltsin ce la fece e consegnò il potere a Vladimir Putin che guidava l’unica classe dirigente rimasta in campo, quella del Kgb che ha cambiato sigla in Fsb. Guidati con mano ferrea da Putin gli uomini del Kgb si sono riconvertiti parte in ministri e uomini politici parte in businessman titolari dei grandi gruppi economici privatizzati.

Putin non è un comunista, ma è un cultore quasi fanatico della grande Russia, un cultore di tutto il suo passato, quello di zar come Pietro il Grande e Ivan il Terribile e quello di Stalin. Putin ha detto: “Il crollo dell’Urss è stata la più grande tragedia geopolitica del XX secolo”. Con questo retroterra ideologico e professionale ha avuto la genialità di capire per primo nel mondo che attraverso l’uso politico di internet, attraverso l’attacco cibernetico, attraverso gli hackers è possibile manipolare le democrazie occidentali particolarmente esposte.

Putin ha messo in campo questa dottrina in molteplici occasioni, dal referendum sulla Catalogna a quello su Brexit. Il suo capolavoro però è stato, nel 2016, il massiccio intervento a favore di Trump e specialmente l’attacco frontale alla Clinton. I democratici furono del tutto presi alla sprovvista da questo attacco e comunque quando se ne accorsero lo sottovalutarono. Sta di fatto che il presidente russo ha fatto il capolavoro di contribuire alle elezioni di un presidente degli Stati Uniti che oggettivamente, nella gestione concreta della politica estera americana, ha fatto tutto quello che era possibile fare a favore della Russia.

Trump è stato sempre in rottura con tutto il deep-state, dalla Cia all’Fbi all’esercito, è stato contro la Nato, contro l’Unione europea, contro la Germania, ha sostenuto Brexit, in Medio Oriente ha portato alle estreme conseguenze gli errori commessi da Bush jr. e da Obama, ha tradito i curdi: la conseguenza di tutto ciò e di altro ancora è stato che Putin è diventato decisivo in Medio Oriente nella vicenda siriana e adesso, in concordia discors, con Erdogan anche in Libia.

Il capo del Cremlino ha ripetuto il gioco anche nelle ultime elezioni americane concentrando il fuoco su Biden e su suo figlio. Nel passato ai tempi dell’Urss mai il Pcus e il Kgb avevano osato tanto, casomai avevano fatto il contrappunto alla Cia nell’intervento su questo o su quello Stato.

Una volta però che non è riuscito nuovamente a vincere le elezioni americane nel 2020 (in modo assai significativo Putin è stato l’ultimo a riconoscere la vittoria di Biden) gli Usa come Stato e come deep-state non potevano accettare che Putin continuasse a cercare di manipolare la vita politica americana.

Quanto poi al resto, le cronache di questi anni sono piene delle vicende di oppositori uccisi in Russia e anche di quello che è avvenuto in Inghilterra prima nei confronti di Litvinenko e poi di altri personaggi con una reazione durissima del governo inglese. Recentemente è stato clamoroso il tentativo di assassinio messo in atto contro Navalny che poi ha avuto il coraggio di tornare in Russia venendo subito arrestato.

A questo punto Biden ha presentato a Putin il conto. Su alcuni giornali italiani è uscito il titolo “Biden è tornato alla Guerra Fredda”: a dir la verità, casomai, quello di Biden è un fallo di reazione, francamente Putin si era allargato troppo, Trump glielo aveva lasciato fare e adesso Biden a nome delle Stato americano in tutte le sue componenti gli ha comunicato che loro sanno tutto e che la deve smettere.

Sarà interessante a questo proposito, fra l’altro, capire come si schiererà l’Europa, che finora si era molto lamentata di come era stata trattata da Trump, e come si schiereranno le forze politiche italiane.

Sul governo Conte I da un lato i cinesi, dall’altro i russi la facevano da padroni, anche perché gli americani, a partire dalla loro ambasciata, erano scomparsi dalla scena. Di tutto ciò l’avvocato Conte sapeva molto, e forse anche per questo finché ha potuto e ha voluto avere il controllo totale dei Servizi segreti.

Adesso per molti aspetti la musica è cambiata e bisognerà vedere come faranno i conti con questo cambiamento da un lato i grillini, dall’altro Salvini. Nella legislatura 2013-2018 i riferimenti in politica estera del Movimento 5 stelle erano Maduro, Russia Unita e poi i cinesi; a sua volta Salvini proclamava che lui si sentiva a casa sua più quando stava a Mosca o a San Pietroburgo, che non in un altro Paese europeo.

Il mondo è bello perché è vario, sarà interessante vedere come faranno i conti con questo cambiamento le forze politiche italiane che per di più, con l’eccezione della Meloni, stanno tutte al governo.


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