Anders Fogh Rasmussen, ex segretario generale della Nato, ha lanciato un appello per una forte alleanza tecnologica tra Ue e Usa
Anders Fogh Rasmussen ha scritto un editoriale su Project Syndicate in cui lancia un allarme: le divergenze in campo tecnologico tra l’Europa e gli Stati Uniti hanno giovato alla Cina e a molti altri regimi non democratici. Ciò evidenzia il bisogno immediato di una soluzione unica e democratica per garantire esigenze di sicurezza internazionale e di difesa. L’ex segretario generale della Nato continua sottolineando come l’agenda politica del presidente Joe Biden possa rappresentare una nuova opportunità per il mondo liberale, considerando che Biden, assieme alla vicepresidente Kamala Harris, si è impegnato a convocare un vertice per la democrazia entro la fine dell’anno – conferenza che affronterà anche questioni tecnologiche e di intelligenza artificiale. Questo deve essere, per Rasmussen, il focus principale per la politica globale di oggi.
In primis, bisogna trovare un punto di incontro su alcune questioni essenziali relative alle tecnologie più rilevanti, quindi sui semiconduttori e i dati – entrambi materie di (pesante) scontro tra l’UE e gli USA.
L’Unione Europea ha delle direttive molto rigide rispetto ai dati; regolamenti applicati in maniera simile dal Giappone e dall’Inghilterra post-Brexit – scrive Rasmussen – ma completamente divergenti da quelli adottati negli Stati Uniti. Per quanto riguarda i semiconduttori invece, una cosa che la pandemia da COVID-19 ha insegnato all’UE è l’urgenza di realizzare una propria supply chain al fine di evitare eventuali (nuove) carenze future di chip.
La società statunitense Intel, seguendo lo stesso ragionamento dell’UE, ha infatti già investito 20 miliardi di dollari per la produzione di semiconduttori in Arizona, denominando questa strategia come IDM 2.0 (IDM sta per Integrated Device Manufacturer, ed è il nome di un’altra azienda che progetta e produce semiconduttori, il 2.0 va a sottolineare come Intel ora fornisce i propri). Si potrebbe, quindi, cercare anche qui una collaborazione futura, sempre rivolta a contrastare ulteriori sviluppi informatici da parte di paesi poco amichevoli. Partnership tra privati? Tra stati e privati? O solo tra stati? Sono tutte eventualità possibili.
Inoltre, Rasmussen sottolinea che una futura coalizione in campo tecnologico tra l’UE e gli USA potrebbe contribuire a lanciare “un’iniziativa internazionale per la democrazia digitale” per “sviluppare, promuovere e finanziare l’adozione dell’intelligenza artificiale e delle tecnologie associate che si accordano con i valori democratici e fanno avanzare gli interessi delle nostre società libere.” Effettivamente, gli Stati Uniti hanno già una Commissione (simile) che si occupa di aspetti concernenti l’intelligenza artificiale, ed è la US National Security Commission on Artificial Intelligence – forse, potrebbe essere utile allargare le sue competenze ed applicarle a livello internazionale.
Non tutti sono però d’accordo. Rispondendo a Rasmussen su Twitter, c’è chi gli ha chiesto di fare attenzione con il mondo tech e di “non soffocare l’innovazione con la standardizzazione,” alludendo al fatto che potrebbe causare problemi allo sviluppo tecnologico. Altri invece hanno paura dell’intelligenza artificiale, mentre società come Boston Dynamics hanno addirittura già sviluppato un robot ‘magazziniere’. Sicuramente la robotica in senso “intelligente” potrebbe porre molti dubbi sul futuro della supply chain (umana), ma è proprio per questo che in molti credono sia fondamentale regolare questi sistemi e trovare un modo per unire il know-how statunitense – privato e pubblico – con quello europeo. Un’intesa tra i due blocchi è infatti utile non solo per contrastare la tecnologia ‘negativa’ ma anche per creare un sistema dove il settore tech è regolamentato, e dove vengono rispettate le norme sui dati, privacy e del mondo democratico (the free world).