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Crisi in Libano. Un Paese sull’orlo del default

Inflazione, recessione economica e stallo politico. La crisi libanese rischia di peggiorare in questi mesi. La strategia della comunità internazionale

È crisi in Libano, la peggiore dai tempi della guerra civile del 1975-1990. Mentre la classe politica si scontra da sette mesi per la formazione di un nuovo governo, il sistema economico e finanziario del Paese rischiano il collasso.

Non esiste un esecutivo operativo, capace di operare riforme e garantire il funzionamento dei servizi più basilari. I partiti principali sono bloccati in negoziati interminabili. Il presidente Michel Aoun e il premier incaricato Saad Hariri si accusano reciprocamente dello stallo.

A peggiorare la situazione c’è stata l’esplosione del porto di Beirut il 4 agosto 2020 e le misure restrittive per la pandemia. Questo ha provocato un’ondata di manifestazioni, che denunciano la leadership per corruzione e incompetenza.

Il sito svizzero SWI indica che la lira libanese, che aveva un indice cambiario fisso dal 1997 rispetto al dollaro di 1507 lire, ha perso il 90% del valore nel mercato nero. Martedì era arrivato al livello più basso della storia: 15.000 lire per ogni dollaro. La svalutazione della moneta locale ha scatenato un’inflazione molto alta, che si riflette nella capacità di acquisto della popolazione.

Secondo gli esperti e le banche straniere, le riserve della Banca centrale libanese dovrebbero essere di circa 2 miliardi di dollari, che basterebbero per solo sei mesi di importazioni. Gli indici di quest’anno prevedono una caduta economica di circa il 6% con il crollo del Pil del 25% rispetto all’anno scorso. Le autorità sostengono che l’inflazione è del 148%, mentre altri analisti indipendenti dal governo dicono che in realtà supera il 250% e prevedono un’accelerazione del 400%.

Intanto, non c’è una settimana in cui un settore professionale o un sindacato convochi uno sciopero o protesta. Il ministro degli Interni ha confermato il peggioramento della sicurezza, con l’aumento preoccupante della criminalità, mentre il ministro dell’Energia, Raymond Ghaja, ha annunciato un possibile blackout totale alla fine del mese; nelle casse dello Stato non ci sono i dollari necessari per acquistare il combustile delle centrali elettriche locali. Il Libano ha assicurato l’invio di 500.000 tonnellate di carburante dall’Iraq, ma serve il doppio per non lasciare al buio il Paese. Persino il capo dell’Esercito, Joseph Aoun, si è lamentato dei tagli al proprio bilancio.

 

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Che cosa fare per evitare il tracollo? La comunità internazionale, guidata dalla Francia, condiziona lo sblocco degli aiuti finanziari alla formazione di un governo tecnico che metta in atto una serie di riforme strutturali. E così potere riprogrammare il debito di 90 miliardi di dollari.

Nel 2020 il Libano aveva cominciato un tavolo di negoziazione con il Fondo Monetario Internazionale, ma non c’è stato alcun esito positivo. La scorsa settimana il Parlamento libanese cominciò la discussione sul prestito della Banca Mondiale di circa 246 milioni di dollari.

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