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Libia e non solo. Ecco l’Italia nel Mediterraneo (e la sponda Usa)

L’Italia oggi può essere un punto di riferimento nel ripristinare pace e sicurezza nel conflitto in Libia e, più in generale, nel Mediterraneo, alleviando le tensioni che potrebbero sorgere fra le varie potenze esterne presenti sul territorio, in particolare fra Turchia ed Egitto e mantenendo saldo il legame con gli Stati Uniti. L’analisi di Karim Mezran, resident senior fellow dell’Atlantic Council, responsabile dell’area Nord Africa del Rafik Hariri Center for the Middle East

Domenica 21 Marzo il ministro degli Esteri Luigi di Maio si è recato a Tripoli per incontrare i nuovi esponenti del governo tecnico libico, governo insediatosi il 16 di Marzo a seguito di un voto di fiducia voluto dal Parlamento libico (HoR). Di Maio ha incontrato Abdulhamid Dbeibah, il nuovo primo ministro che prende il posto di Fayez al Serraj in carica dal 2016, e i vice presidenti Mousa Al Koni e Abdullah Al-Lafi. Anche Najla Al-Mangoush, la neoeletta ministra degli Esteri, era presente all’incontro.

Questo rende Di Maio il primo tra i ministri Ue ad incontrare esponenti del nuovo governo di unità nazionale libico.

“Italia e Libia sono accomunate da importanti interessi geo-strategici”, ha ribadito Di Maio, tra i quali “il tema dei flussi migratori” e “la cooperazione economica fra i nostri Paesi”. Inoltre, il ministro degli Esteri ha anche sottolineato il ruolo fondamentale dell’Italia nel suo impegno a sostegno de “il processo di pace e sicurezza in Libia”. Sebbene fosse una visita a sorpresa, la mossa di Di Maio non è un evento a sé stante; infatti, appena insediatosi il nuovo governo libico, il primo ministro italiano Mario Draghi ha subito telefonato ad Abdulhamid Dbeibah, al quale ha ribadito il sostegno italiano verso un percorso di pace e riunificazione della Libia. Questa telefonata ha quindi subito stabilito un rapporto diretto tra i vertici dei due Paesi, segnalando possibilmente la volontà italiana di ripristinare un ruolo da protagonista nella crisi libica.

Infatti la storia delle relazioni fra Italia e Libia è caratterizzata da momenti di grande collaborazione a momenti di alta tensione. Il punto più basso è stato sicuramente quello causato dall’attacco missilistico libico a Lampedusa del 1986. Il punto più alto è forse il rapporto di amicizia stabilitosi con il Trattato di Bengasi nel 2008 ratificato dall’allora premier Silvio Berlusconi e l’ex dittatore libico Muammar Gheddafi che rendeva l’Italia un partner alleato e di fiducia per la Libia.

A seguito delle rivolte del 2011 e la caduta del regime di Gheddafi, l’Italia ha cercato di operare in modo costruttivo nei confronti della nuova classe politica libica con alterni risultati. In particolare può essere considerata un’occasione persa la condotta tenuta di fatto nei confronti del legittimo governo guidato da Serraj durante l’attacco di Tripoli da parte delle forze del generale Haftar. Se da un lato il governo italiano ufficialmente teneva una posizione di sostegno a Serraj in ossequio alla sua legittimazione da parte dell’Onu, d’altro lato riconosceva di fatto un ruolo al generale Haftar e alla sua aggressione. Questo ha significato una certa perdita di fiducia da parte del legittimo governo di Tripoli per il ruolo che l’Italia stava tenendo e ha portato all’intervento turco che ha di fatto soppiantato la posizione di privilegio finora tenuta dall’Italia.

È chiaro che il nuovo governo italiano deve cercare un ruolo e una funzionalità che lo possano riportare allo stato di potenza privilegiata in Libia, oltre a permetterle di giocare un ruolo più importante nell’area del Mediterraneo allargato. In particolare, in Libia, l’Italia potrebbe svolgere un ruolo decisivo nell’assistere il governo del primo ministro Dbeibah nel completare il proprio mandato e assicurare la tenuta delle elezioni previste per dicembre. Per ottenere questo risultato e raggiungere il suo scopo, l’Italia dovrebbe riuscire ad utilizzare in suo favore il forte rapporto transatlantico con gli Stati Uniti.

Infatti, nonostante il neoeletto Segretario di Stato Antony Blinken (con cui oggi Di Maio ha avuto un faccia a faccia bilaterale) si sia prontamente congratulato con il nuovo governo libico in un tweet, sorge da più parti il dubbio che gli Stati Uniti vedano la crisi in Libia come di secondaria importanza. Infatti, nel corso della telefonata fra Biden e Putin del 27 Gennaio, non è stato mai menzionato dal presidente statunitense il ruolo della Russia in Libia, nonostante la presenza dei 2000 mercenari del gruppo “Wagner” sul territorio per difendere la posizione del warlord Khalifa Haftar. In tal caso l’Italia, che ha di recente nominato un inviato speciale per la Libia, Pasquale Ferrara, può giocare un ruolo di tramite fra gli Usa e la Libia, dando così l’opportunità alla potenza statunitense di rivitalizzare i rapporti transatlantici e di fatto svolgere un ruolo positivo in tutta l’area mediterranea.

In questo senso, il conflitto in Libia può essere un mezzo per riavvicinare i due continenti dal momento che condividono l’interesse strategico di porre fine alla guerra in Libia e alla stabilizzazione della regione. Gli americani sembrano pronti a rilanciare l’Italia come broker internazionale; infatti, nella telefonata fra Blinken e Di Maio del 28 Gennaio, si è parlato anche di Libia, tema che non è stato menzionato in nessun’altra telefonata tra il Segretario di Stato americano e le altre potenze europee.

L’Italia può decisamente avere un ruolo strategico in Libia, e nel Mediterraneo in generale, se riuscirà ad alleviare le tensioni che potrebbero sorgere fra le varie potenze esterne presenti sul territorio libico, in particolare fra Turchia ed Egitto. Ancora una volta, l’Italia, che ha forti legami sia con uno che con l’altro Paese, può evitare che vi siano scontri futuri tra le due potenze regionali se riuscisse a inserirsi come broker politico tra di esse, utilizzando a suo favore sia i legami con gli Stati Uniti, sia i propri interessi nei due Paesi.

 



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