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L’Ue prepara carote e bastoni per la Turchia

Erdoğan ha abbassato i toni, Bruxelles studia un piano per mantenere il dialogo su binari costruttivi. Dalle sanzioni sul turismo e sull’energia alle aree di collaborazione, ecco la strategia Ue e i nodi ancora da sciogliere

Segnali di disgelo tra Unione europea e Turchia, complice l’abbassamento dei toni da parte del sultano Recep Tayyip Erdoğan. Settimana scorsa l’Ue ha evitato di imporre ulteriori sanzioni su Ankara, e secondo diverse testate gli ufficiali europei starebbero mettendo a punto un nuovo meccanismo di collaborazioni e sanzioni – carote e bastoni – per mantenere il dialogo tra le due potenze sui binari di un partenariato costruttivo.

Il piano è sul tavolo della riunione dei ministri degli esteri europei di oggi. Tra le “carote” europee si contano svariate “aree di cooperazione” quali l’espansione dell’unione doganale e una maggiore partecipazione turca nei programmi europei come Erasmus+ (esperienze accademiche all’estero) e Horizon Europe (ricerca e innovazione). Proposte ghiotte per la Turchia, che ha tra i propri obiettivi l’ingresso nell’Unione europea.

I “bastoni” sono invece pensati per colpire la Turchia dove fa più male, ossia l’economia, misure “mirate, proporzionate e reversibili” da mettere in campo se Ankara “rinnova azioni unilaterali o provocazioni in violazione della legge internazionale” contro “gli interessi dell’Ue e i suoi stati membri, particolarmente nel Mediterraneo orientale”.

Nel pratico si tratta di sanzioni economiche e restrittive che limiterebbero le elargizioni europee nei confronti di Ankara, come quelle della Banca d’investimento europea. Si parla anche di divieti mirati per settori strategici dell’economia turca, come il turismo o il commercio di energia, che taglierebbero temporaneamente

La forza di queste misure è accentuata dalla lunga e stagnante crisi economica in Turchia, dove l’inflazione galoppa attorno al 15% e anni di politiche monetarie poco ortodosse hanno causato il crollo della lira. Lunedì la situazione è peggiorata: nel fine settimana Erdoğan ha licenziato Naci Agbal, il presidente della banca centrale che dalla sua nomina a novembre 2020 ha fatto risalire la moneta turca del 20% contro il dollaro. Secondo il Financial Times, nella giornata di lunedì la borsa turca ha perso un decimo del suo valore; la lira ha toccato il meno 14%.

Tutto sommato, non è il momento migliore per le bravate del Sultano. Che si sta dimostrando molto più disponibile alla cooperazione, almeno da inizio 2021. Il colloquio virtuale di venerdì scorso tra Erdoğan e alcune autorità europee, cioè Ursula von der Leyen e Charles Michel, ha portato alla luce la volontà di Ankara di cambiare passo rispetto al 2020.

Le tensioni dello scorso anno erano sfociate nello sfioramento di un conflitto navale tra Turchia e Grecia per ragioni territoriali, uno scambio di stoccate tra il presidente francese Emmanuel Macron ed Erdoğan e un’aggressività generalizzata che ha contraddistinto gli interventi esteri di Ankara, tra cui primeggiano una serie di scavi non autorizzati nel Mediterraneo orientale, nei domini della compagnia petrolifera francese Total e l’italiana Eni.

A dicembre 2020 l’Ue aveva annunciato sanzioni contro la compagnia petrolifera statale turca (la TPAO). Bruxelles aveva anche condannato l’erosione della democrazia turca a opera del Sultano, che rispediva le accuse al mittente. Ma il cambio di guardia alla Casa Bianca ha certamente influito sull’attenuamento dei toni di Erdoğan, come anche la mediazione della Germania di Angela Merkel.

Il ministro degli esteri Mevlüt Çavuşoğlu ha assicurato che il cambio di toni è sincero e che Ankara desidera concentrarsi sulle aree di cooperazione. In una nota inviata alle capitali europee, l’Alto Commissario Josep Borrell ha chiarito che serve altro tempo per capire se la distensione in corso “è credibile e porterà a risultati duraturi”, vista la natura oscillante delle posizioni turche.

È ancora presto perché l’Ue e la Turchia si dichiarino amici. Bruxelles punta alla via diplomatica, come hanno confermato svariati ufficiali europei a Reuters, ma la Turchia ha ancora parecchia strada da fare per far progredire la sua candidatura europea. In più i dossier da affrontare sono tanti, dai migranti (la Turchia ne “ospita” 4 milioni dietro pagamento europeo), alla Libia (affollata di militari e armi turche, in contravvenzione con le disposizioni ONU) alle succitate esplorazioni nel Mediterraneo orientale.

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