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La mappa delle proteste anti-Covid, per la gioia degli estremisti

Dalla Thailandia al Paraguay, le proteste contro la gestione della pandemia (e non solo) aumentano. Organizzazioni politiche estremiste, negazionisti e regimi autoritari sfruttano l’emergenza. L’allarme di Human Rights Watch

 

A poco più di un anno dall’inizio della pandemia Covid-19, in molti Paesi aumentano le tensioni. Come nel 2019, i disordini e le proteste sembrano riprodursi con un effetto domino. All’epoca, la motivazione delle manifestazioni erano le diseguaglianze sociali ed economiche, oggi invece la bandiera comune è la lotta contro le restrizioni per evitare la diffusione del virus. Una bomba ad orologeria che rischia di essere sfruttata da formazioni politiche estremiste e dai regimi autoritari per imporre nuove limitazioni alla libertà di espressione e protesta.

LA SCINTILLA EUROPEA

Sabato, per esempio, la città tedesca Kassel è stata lo scenario di una manifestazione anti-Covid, che è finita in scontri con la polizia. Circa 20.000 persone hanno protestato contro l’obbligo dei vaccino e contro la censura. La protesta è stata organizzata dal Movimento Querdenker (in tedesco “pensare fuori dagli schemi”), che sostiene alcune teorie cospirative ed è appoggiato dai negazionisti e partiti di destra come Alternativa per la Germania.

A Londra, la polizia ha dovuto arrestare 33 persone in una protesta a Hyde Park, dove gli agenti sono stati aggrediti con bottiglie e pietre. Le proteste contro le restrizioni hanno spinto a 60 legislatori britannici ad inviare una lettera al ministro degli Interni, Priti Patel, chiedendo di permettere le manifestazioni. Tuttavia, il ministero ha confermato l’ordine di restare a casa fino al 29 marzo. “Mentre siamo in pandemia, insistiamo che le persone devono evitare riunioni grandi, in linea con le misure restrittive del coronavirus”.

Nella comunità di Liestal, in Svizzera, circa 5000 persone hanno manifestato contro il vaccino e le restrizioni anti-Covid. La protesta è iniziata poche ore dopo la posticipazione della flessibilizzazione delle limitazioni. Da oggi era prevista l’apertura a eventi all’aria aperta, concerti fino a 150 persone e la riaperture delle terrazze dei ristoranti. Ma con l’aumento dei contagi, e il ritmo lento della campagna vaccinale, sono stati bloccati tutti i piani.

A Bucarest e Cluj-Napoca, in Romania, le organizzazioni di estrema destra, insieme al partito Alleanza per l’Unità dei Romeni, hanno guidato le proteste contro la gestione della pandemia. Alle manifestazioni sono stati esposti diversi simboli cristiani per denunciare il divieto di officiare le cerimonie religiose.

“TIRANNIA DELLA MASCHERINA”

In Finlandia, c’è stata una protesta questo weekend a Helsinki contro le restrizioni del governo per la pandemia. E, anche se la manifestazione è stata pacifica, sono state violate tutte le misure di distanziamento sociale.

In cinque città della Croazia, Zagreb, Osijek, Split, Dubrovnik y Sibenik, ci sono state proteste contro la cosiddetta “tirannia della mascherina”, obbligatoria anche in posti all’aperto, dove non è possibile rispettare il metro e mezzo di distanza. Anche a Vienna, Amsterdam e Belgrado ci sono state rivolte anti-Covid.

C’è anche chi protesta al contrario. In Grecia, a metà marzo, un gruppo di persone ha protestato dopo che il governo ha annunciato l’intenzione di aprire ai turisti per la primavera. Sui social network è apparso il video di un agente della polizia che picchia un manifestante con un manganello in un sobborgo di Atene. Il New York Times ha scritto che dopo le rivolte contro gli eccessi della polizia, il primo ministro Kyriakos Mitsotakis è apparso in televisione chiedendo calma e moderazione: “La svolta violenta della protesta ha alimentato il dibattito nei media greci sulle tattiche della polizia per far rispettare il blocco”. Il leader del partito di opposizione Syriza, l’ex premier Alexis Tsipras, ha denunciato il “crescendo di violenza della polizia con il pretesto di imporre misure sanitarie”.

LA SCUSA ANTI-COVID

Ma l’Europa non è l’unico epicentro delle proteste. In Thailandia, per esempio, hanno ripreso slancio le manifestazioni contro la monarchia, e a favore di una riforma costituzionale e l’apertura democratica del Paese. Ma le limitazioni anti-Covid hanno servito da scusa alle autorità per reprimere le proteste a Bangkok usando gas, idranti, e proiettili di gomma. Persino il premier thailandese Prayuth Chan Ocha, ha provveduto a “disinfettare” personalmente i giornalisti quando gli è stata fatta una domanda scomoda sulle rivolte durante una conferenza stampa. Ecco il video postato da Reuters:

In Paraguay, la crisi sanitaria si è trasformata in una crisi politica che rischia di fare cadere il governo del presidente Mario Abdo Benítez. Dopo essere stato uno dei Paesi con meno casi di Covid-19 in America latina, ora il Paraguay è indignato dalla cattiva gestione dell’emergenza e i numerosi casi di corruzione. Per molti, la pandemia ha fatto diventare intollerabili molti dei problemi che sempre ha avuto il Paese.

Circa 10.000 persone protestano ogni giorno davanti alla casa del presidente – figlio del segretario privato dell’ex dittatore Alfredo Stroessner – e alle abitazioni di altri leader politici. Nel mirino c’è il Partito Colorado, che ha controllato tutti i poteri dello Stato paraguaiano dagli anni ‘90 (ad eccezione del 2008 e del 2012).

L’ALLARME DI HRW 

Al di là degli episodi stravaganti, in alcuni Paesi dove alcune libertà sono condizionate, la pandemia ha provocato la perdita di molti diritti fondamentali. A lanciare l’allarme è stata l’organizzazione Human Rights Watch (HRW) in un rapporto speciale dove sono documentate molte violazioni in nome della sicurezza sanitaria.

In almeno 51 Paesi, tra cui Uganda, Bangladesh, Egitto, Azerbaijan, Turchia e Russia, sono stati usati provvedimenti speciali per condannare voci critiche alla gestione della pandemia. La repressione della polizia si è scagliata contro manifestazioni pacifiche. Da quanto si legge su Repubblica, “spesso queste persone avevano mosso critiche alla gestione della pandemia, denunciando ad esempio la mancanza di dispositivi di protezione individuale per il personale sanitario. Uno degli abusi più gravi documentati è avvenuto in Uganda, dove le forze di polizia hanno ucciso 54 persone e ferite altre 45 nel corso di una protesta politica”.

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