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Ecco perché con Salvini vado a Budapest. Scrive Zanni (Lega)

Di Marco Zanni

Marco Zanni, presidente del gruppo Identità e democrazia, anticipa i temi dell’incontro tra Salvini, Morawiecki e Orbán: costruire un’alternativa forte e valida all’attuale maggioranza di sinistra, di cui è purtroppo ostaggio anche il Ppe

Riaffermare un’idea diversa di Europa. Differente da quella vista finora, che da tempo non funziona, a causa di un sistema di regole fallimentare che in tempi recenti è entrato in crisi, mostrando in maniera clamorosa tutti i propri limiti e difetti che noi da sempre critichiamo. Alternativa a quella promossa dall’attuale maggioranza nelle istituzioni europee, corresponsabile delle scelte che hanno portato la Ue sempre più lontana dalle reali esigenze dei cittadini, più affezionata alla forma che alla sostanza, a un ‘europeismo’ a parole e non nei fatti, e sempre più sbilanciata a sinistra. È questo l’obiettivo, mai nascosto, a cui lavoriamo fin dal primo giorno: l’incontro previsto a Budapest tra Matteo Salvini, il primo ministro polacco Mateusz Morawiecki e il primo ministro ungherese Viktor Orbán non è che un nuovo passo in questa direzione, la prosecuzione di un dialogo che la Lega non ha mai interrotto, con rappresentanti di altre forze politiche europee con cui condividiamo valori comuni.

Un’occasione importante per discutere di temi di attualità per i cittadini europei, lavoro, famiglia, benessere e per guardare insieme le sfide che attendono i nostri Paesi e tutto il continente, anche con una dichiarazione comune di intenti sulla base di quei valori su cui si fonda l’Europa stessa, ma che troppo spesso vengono dimenticati o messi da parte. L’interesse mediatico legato a questo appuntamento, relativo a possibili manovre in vista di nuove collocazioni e nuove formazioni all’interno del Parlamento europeo ha già trovato risposta nelle parole dello stesso Matteo Salvini: se in futuro si riuscisse a dare vita un gruppo in grado di rappresentare un’alternativa forte e valida all’attuale maggioranza di sinistra, di cui è purtroppo ostaggio anche il Ppe, sarebbe sicuramente un’ottima notizia per noi e soprattutto per la democrazia, tuttavia domani non saremo a Budapest per parlare di un nuovo gruppo, bensì di una nuova idea di Europa.

È ormai evidente e innegabile che le strategie adottate dall’Ue, ultima fra tutte quella vaccinale e la pessima gestione dei contratti con le case farmaceutiche, non abbiano funzionato. I cittadini, da Roma a Budapest, da Berlino a Madrid, sono fortemente provati da oltre un anno di pandemia e ora vogliono da Bruxelles risposte concrete su temi fondamentali. Ragioneremo di un’Europa che ristabilisca le sue priorità, ripartendo da valori comuni: sul piano economico, dove è necessario cambiare i trattati che finora hanno rallentato la crescita economica del Continente, sul fronte della difesa dei confini, dove urge una seria revisione delle politiche migratorie, in materia di geopolitica, dove serve fare serie riflessioni su come l’Europa voglia rapportarsi con le potenze globali e come voglia affrontare le sfide future. L’Ue che si autoproclama paladina dei diritti quando punta il dito contro i governi democraticamente eletti di Ungheria e Polonia, ma che al tempo stesso si siede al tavolo delle trattative con la Turchia di Recep Tayyip Erdogan o per fare affari con il regime comunista cinese, ha evidenziato un sistema di due pesi e due misure inaccettabile.

L’Europa che abbiamo in mente non è quella che combatte con nemici immaginari in casa propria chiamandoli una volta sovranisti, una volta inglesi, un’altra volta ungheresi, ma quella che difende i propri cittadini dalle vere minacce, dalla pandemia al terrorismo islamico, preservando e tutelando la propria identità. Non più solo una realtà finanziaria burocratica senza un’anima, ma un’entità che ritrova sé stessa, riscoprendo finalmente le radici dalle quali si è allontanata. Di questo e di molto altro ancora parleremo a Budapest. Ed è solo l’inizio.

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