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Di Maio, Blinken e il commercio internazionale

Riunione dei ministri degli Esteri della Nato, dove Luigi Di Maio ha incontrato il nuovo Segretario di Stato americano, Antony Blinken. Un primo importante faccia a faccia tra due differenti personalità

Oggi e domani a Bruxelles si tiene la riunione dei ministri degli Esteri della Nato. Inizia oggi 23 marzo a mezzogiorno e termina nel primo pomeriggio di domani. Vi parteciperà il ministro degli Esteri e della Cooperazione Internazionale, Luigi Di Maio. Al di là dei temi consueti all’ordine del giorno dell’alleanza atlantica, in occasione di questo appuntamento, si terrà un incontro tra Di Maio ed il nuovo Segretario di Stato americano, Antony (detto Tony) Blinken.

È un primo ed importante “faccia a faccia”. Blinken viene dalla carriera diplomatica Usa. Nato a New York nell’aprile del 1962, dopo una laurea in legge ad Harvard e le prime esperienze lavorative come avvocato, è entrato nel dipartimento di Stato durante l’amministrazione Clinton non per nomina politica ma in seguito a regolare concorso, il selettivo Foreign Service Exam.

Il suo rapporto con Joe Biden è iniziato nel 2009, quando per quattro anni è stato il Consigliere per la sicurezza nazionale dell’allora vicepresidente. Nei successivi due anni è stato vice consigliere per la sicurezza nazionale del Presidente, mentre dal 2015 al 2017 ha ricoperto l’incarico di vicesegretario di Stato, il tutto sempre durante le amministrazioni Obama. Tony Blinken è quindi tutto meno che un novellino al dipartimento di Stato dove conosce molto bene i vari dossier sul tavolo, dato che ha lavorato negli ultimi mesi fianco a fianco con Joe Biden. Per i media americani, la nomina di Blinken a Segretario di Stato servirà a cercare di dare stabilità internazionale dopo lo tsunami Trump, con Biden che ha più volte manifestato l’intenzione di cancellare quelle che sono state alcune politiche nazionali ed estere del suo predecessore.

Quindi, l’incontro sarà tra due persone molto differenti: Di Maio arrivato a guidare la diplomazia italiana dopo una rapida carriera politica e Blinken giunto ai vertici del Dipartimento di Stato dopo un lungo percorso tra Foggy Bottom, il quartiere di Washington dove ha sede il dicastero degli esteri degli Stati Uniti.

Avranno molti temi di cui parlare. Senza dubbio, lo staff dei due ministri avrà preparato con cura l’incontro. Non sappiamo se tra gli argomenti che verranno trattati c’è la politica estera internazionale, ed in particolare la politica commerciale. Mentre da circa due anni, in Italia la Farnesina ha piena competenza in materia di politica estera internazionale e di politica commerciale, negli Stati Uniti dai tempi del “Kennedy Round of Trade Negotiations” nei lontani anni sessanta del secolo scorso, Foggy Bottom divide le responsabilità in materia con l’Office of the United State Trade Representative che riferisce direttamente al presidente ed ha un rango equivalente a quello che in Italia ha un ministro senza portafoglio.

In materia commerciale va tutto liscio ed anzi si prepara una Pax Atlantica come sottolineato su questa testata il 6 marzo? Non proprio, i tempi dell’amministrazione Biden sono molto rapidi e ci sono molte cose da chiarire.
Il nuovo United State Trade Representative, confermata quasi alla unanimità dal Senato (98 voti su 100), è Katherine Tai, una politica di lungo corso che non ha mai celato le proprie tendenze protezionistiche; d’altronde, tradizionalmente il protezionismo e l’“American First”, sono stati sempre più connaturati alla cultura politica del Partito Democratico che di quello Repubblicano. In un certo qual senso, nella storia della politica commerciale americana, le “guerre commerciali” dell’Amministrazione Trump possono essere considerate quasi un’anomalia.

Nelle audizioni in Senato, Katherine Tai ha detto esplicitamente ai senatori che curerà la promozione dell’export di ciascuno dei loro collegi elettorali. Nel rispondere ad un senatore della Pennsylvania, che chiedeva dei vantaggi e degli svantaggi mirati alla apertura degli scambi, ha detto che “verranno valutati caso per caso” in base ai vantaggi che porteranno agli Stati Uniti: “Dieci anni fa – ha detto- avrei risposto che l’apertura degli scambi porta benefici a tutti, ma abbiamo avuto troppe cattive esperienze sulla nostra pelle ed occorre attenzione e declinare con cura la nostra politica commerciale”.

D’altronde, Tony Blinken in un’intervista recente ha tenuto una linea molto simile: “Terremo un linea differente perché in troppi accordi bilaterali e multilaterali per il libero scambio, l’export americano è stato danneggiato”.
Clyde Prestowitz, che è stato United State Trade Representative negli anni di Reagan, parla di una vera e propria “rivoluzione protezionista”. Robert Lighthizer, che ha avuto lo stesso ruolo con Donald Trump sottolinea, invece, “la continuità”. Di Maio dovrà aiutare a dipanare la matassa.

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