Tra i nomi in ballo per i ruoli “tech” dell’Amministrazione Biden, ci sono figure che hanno espresso posizioni decisamente ostili ai giganti della Silicon Valley. Colloquio con Emiliano Battisti, autore del libro “Storie Spaziali. Successi e insuccessi dei pionieri dell’universo”
È uscita una short-list, pubblicata recentemente da Axios, sui possibili nomi tra cui l’Amministrazione Biden potrebbe scegliere per dirigere gli uffici tech di Washington. Sembra che nessuno di loro abbia legami stretti con il mondo delle Big Tech, anzi, molti hanno espresso posizioni ostili ai campioni digitali e a favore di leggi più restrittive. Ne discutiamo insieme ad Emiliano Battisti, autore del libro “Storie Spaziali. Successi e insuccessi dei pionieri dell’universo”, consulente per le comunicazioni in un’azienda aerospaziale e Segretario Generale presso Il Caffè Geopolitico per la sezione Nord America e Spazio.
Tra i nomi riportati da Axios ci sono Karl Racine, Jon Sallet e Anna Gomez, tre figure che con il mondo Big Tech sembrano avere poco a che fare, ma in realtà hanno dei profili che parlano da soli. In particolare, Karl Racine è l’attuale procuratore generale per il District of Columbia, e con le Big Tech non va per niente d’accordo. Infatti, Racine nel 2018 aveva citato in giudizio Facebook per lo scandalo di Cambridge Analytica e attualmente è uno dei district attorney che ha aderito alla causa antitrust contro Facebook e Google, iniziata a fine 2020.
Anche Jon Sallet ha preso parte alla causa contro Google; ma non come delegato. Sallet attualmente lavora come consulente del procuratore generale dello Stato del Colorado, dopo molteplici esperienze presso la Federal Communications Commission. Anna Gomez, invece, è una delle uniche donne nella short-list di Biden.
Gomez non sembra avere un passato particolarmente scontroso con le Big Tech, ma faceva parte del team di transizione di Biden (e forse per questo rimane). Insieme a questi tre nomi, che sono in ballo rispettivamente per posizioni alla Federal Trade Commission, all’Antitrust e alla Federal Communications Commission, ci sono anche Lina Khan e Tim Wu – due personalità estremamente schiette e critiche delle Big Tech.
Se e quali ruoli Biden affiderà a Khan e Wu non è ancora chiaro, dato che sono già consulenti dell’economia per la Casa Bianca e per il Presidente, ma è chiara la loro posizione. Khan ha sempre avuto una posizioni “forti” contro Amazon, mentre Wu, ricordato per aver coniato il termine “net neutrality”, ha delle idee molto dure sulla politica della concorrenza.
Secondo lei, come mai Biden ci ha messo così tanto tempo a scegliere queste persone?
Per quanto queste nomine siano importanti, la priorità di Biden per i primi mesi è stata ottenere la conferma da parte del Senato delle figure scelte per completare i membri del gabinetto (cabinet) e, soprattutto, far passare al Congresso l’American Rescue Plan, il piano di stimoli all’economia con ampi interventi anche di welfare state per combattere la povertà.
Sicuramente, queste nomine, potrebbero far parte di un piano tech molto più vasto – considerando che sia Lina Khan sia Tim Wu sono due forti critici delle Big Tech. Quali sono, secondo lei, gli obbiettivi tecnologici di Biden?
Il Presidente è consapevole che quella tecnologica è una delle sfide principali che gli Stati Uniti dovranno affrontare nei prossimi anni, soprattutto nell’ambito della rivalità strategica con la Cina. Gli USA al momento hanno un vantaggio per quanto riguarda le cosiddette Big Tech, che sono le aziende tecnologiche tra le più quotate al mondo. Il loro raggio d’azione copre vari ambiti, tra cui quello della nostra vita quotidiana. Mantenere questo vantaggio è importante per Washington, ma c’è anche il problema sempre più pressante della privacy degli utenti e della capacità di queste aziende (ad esempio Google e Facebook) di influenzare l’opinione pubblica.
Considerato tutto quello che lei ha descritto, l’amministrazione spingerà per una regolamentazione più rigida sulle Big Tech? Questa “battaglia” e solitamente portata avanti dai rappresentanti democratici più progressisti, ma considerando queste eventuali nomine, non si può escludere l’eventualità.
La battaglia per la regolamentazione parte, come accennavo in precedenza, dal ruolo avuto da colossi come Google e Facebook (ma anche Instagram e Twitter) nell’influenzare l’opinione pubblica e le scelte elettorali. Soprattutto sui social media, gli algoritmi tendono a creare bolle in cui ognuno riceve solo news e post di persone e pagine che la pensano in modo simile e tra questi si nascondono troppo spesso autentici teorici del complotto o diffusori di notizie false.
Penso che l’Amministrazione Biden, in base anche alle nomine di cui stiamo parlando, proverà a fare qualcosa per non lasciare campo libero alle aziende tecnologiche e social di scegliere chi può parlare e chi no e cercare quantomeno di creare una cornice di regole comuni, ma è un percorso pieno di ostacoli. Ancora più difficile sarebbe creare una forma di responsabilità delle piattaforme per ciò che viene pubblicato al loro interno.
E per quanto riguarda lo spazio, secondo lei riuscirà l’amministrazione Biden a gestire l’emergere di aziende private (e Big Tech) sempre più competitive come SpaceX?
Ormai dall’Amministrazione Obama (ma con accenni già al tempo di Bush figlio) la strada verso lo spazio per le aziende private statunitensi è stata spianata. Anche i militari iniziano a usare lanciatori commerciali per portare i propri satelliti in orbita. Ovviamente, SpaceX è in testa grazie alle sue innovazioni tecnologiche certo, ma non va dimenticata la sua capacità di comunicazione che, a mio avviso, finora non ha eguali.
È probabile che nel breve-medio periodo avrà alcuni competitori come Blue Origin di Jeff Bezos e la dinamica Rocket Lab, ma per il Governo statunitense questo è tutto un vantaggio. Quello che forse l’Amministrazione dovrà fare bene è coordinare tutti gli sforzi includendo anche la NASA, in modo tale da convogliarli senza sprechi verso gli obiettivi importanti e simbolici come l’esplorazione lunare e marziana.