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Nozze M5S e socialisti Ue? I dubbi di Pittella (Pd)

Di Gianni Pittella

Gianni Pittella, senatore del Pd, già europarlamentare e capogruppo di S&D al Parlamento Ue, spiega le distanze che separano i Cinque Stelle dai socialisti a Bruxelles. Da Rousseau alla prescrizione, ecco perché le nozze sono in salita

Se la tattica continuerà a guidare le scelte politiche, non usciremo dalla crisi di sistema che rende questo Paese in continua precaria transizione.

Anche sui rapporti tra Pd e 5 Stelle, in Italia come nel Parlamento europeo, dovremmo provare a ragionare sulla base di una discussione di e nel merito e non su quelle che possono apparire convenienze tattiche immediate.

É indubbio che il Movimento pentastellato sia nato sulla spinta di un prevalente moto antisistema e che la prova del Governo, a Roma e in Europa, abbia prodotto una trasformazione profonda, ponendolo di fronte alla responsabilità e ai doveri delle scelte, alla costruzione delle decisioni.

E anche il loro linguaggio iconoclasta e a tratti violento, l’armamentario ideologico, la prassi parlamentare si sono evoluti verso una dimensione di sistema.

Lo considero francamente un bene. Anche mettendo in conto il residuo di ipocrisia e di non detto che lo ha accompagnato.

Ma è un processo di trasformazione ancora lungi dall’essere completato. Su molti fronti.

Nessuna trasparenza democratica nella vita interna del Movimento che alterna richiami al Sacro Blog, leadership messianiche, tentativi di dotarsi di organismi collegiali, selezioni cooptative.

E distanze enormi tra il Movimento e il progressisimo democratico permangono ancora sul tema della garanzie e del giusto processo, sulle resistenze stataliste all’intrapresa economica, sulle politiche del lavoro e la valorizzazione del merito, sulle infrastrutture critiche e più in generale sulla sfida dello sviluppo che deve essere sostenibile certo ma anche sostenuto, perchè ogni politica redistributiva può esistere solo se c’è cosa redistribuire.

Queste distanze devono indurci non ad abbandonare o allentare il confronto bensì a valorizzarlo, a renderlo ancora più vivo e vitale, senza scorciatoie assolutorie, senza tatticismi di corto respiro.

La casa ideale di questo confronto è proprio Bruxelles, e segnatamente il Parlamento europeo. La discussione sulle appartenenze alle grandi famiglie europee può far bene se non si risolve in furbi camuffamenti e operazioni di piccolo cabotaggio.

E soprattutto sarà il sostegno al coraggio riformatore del Presidente Draghi che segnerà il passo della trasformazione del sistema politico, e dunque anche dell’asse della maggioranza del secondo governo Conte, M5S e PD.

Il perimetro naturale del riformismo sarà ben più largo di una alleanza, pure strategica, tra queste due forze.

Solo un nuovo Ulivo, semplificato alle forze europeiste non conservatrici può rappresentare la scommessa ambiziosa di un fronte di governo a Roma e a Bruxelles. Il resto è velleitarismo, minoritatismo o eutanasia strisciante.

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