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Andrea Orlando ha un’occasione da non perdere

La pandemia ha mostrato le contraddizioni di quasi tutti i sistemi di welfare, come documenta un’analisi dell’Economist Intelligence Unit. Orlando potrebbe precedere, non andare a rimorchio, nel proporre un lavoro urgente ed importante che lo caratterizzerebbe come un vero riformatore non come uno dei tanti passeggeri a Palazzo Balestra in quel di Via Veneto 56. L’analisi di Giuseppe Pennisi

Se non si farà troppo distrarre dalle traversie e dai travagli del Partito democratico, il ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Andrea Orlando, avrebbe una grande occasione a portata di mano: progettare, e cominciare a realizzare, una riforma organica del welfare. La pandemia ha mostrato come l’Italia, al pari di gran parte degli altri Paesi industrializzati, ne abbia urgentemente bisogno. Lo studio Istat sulla povertà lo conferma.

All’inizio degli Anni Novanta del secolo scorso, due ricerche nate all’Istituto universitario europeo di Fiesole, classificarono in vario modo i sistemi di welfare nei principali Paesi industrializzati. Gosta Esping-Andersen identificò tre modelli: a) un welfare orientato al mercato nei Paesi anglosassoni in cui lo Stato ha un ruolo residuale di protezione dei più deboli; b) un welfare sostanzialmente basato sulla famiglia in Europa continentale in cui lo Stato ha una funzione integrativa rispetto all’unità familiare; c) un welfare universalistico visto come funzione principale dello Stato nei Paesi scandinavi. In parallelo, un lavoro di Maurizio Ferrera definiva una tassonomia basata su quattro tipologie: a) un welfare universalistico ispirato a Beveridge in Gran Bretagna (a livelli bassi di spettanze) e in Scandinavia (a livelli, invece, alti), b) un welfare “particolaristico” per categorie sociali ispirato al sistema assicurativo di Bismarck prevalentemente in Europa continentale; b) un welfare “corporativo” tipico della Penisola Iberica. L’Italia aveva un modello a sé che Ferrera definiva “particolaristico-clientelare” in quanto, pur basato su un sistema di assicurazioni sociali per categoria, rapporti extra-istituzionali influivano nel trasformare spettanze in prestazioni, quanto meno per incidere sull’elemento tempo.

Da allora, i vari modelli sono cambiati in gran misura fondendosi. In Italia, ad esempio, due aspetti fondamentali del welfare – la sanità e la previdenza – sono diventati essenzialmente universalistici, pur se la gestione della prima è affidata alle Regioni ed alla Province autonome e la seconda è imperniata sull’Inps (dove coesistono differenti “regimi”) ed ad una mezza dozzina di istituti categoriali. L’assistenza è frammentata tra una fin troppo ampia varietà di forme, alcune altamente centralizzate (come il “reddito di cittadinanza”) ed altre molto decentrate a livello dei comuni. Le politiche per il lavoro – che avranno un ruolo centrale quando si uscirà dalla pandemia – sono anche esse frammentate e caratterizzate da sovrapposizioni ed inefficiente. Il carattere “clientelare”, purtroppo, permane come mostrano quasi ogni settimana le procure a proposito del “reddito di cittadinanza” e come suggeriscono inchieste giornalistiche a proposito delle vaccinazioni.

La pandemia ha mostrato le contraddizioni di quasi tutti i sistemi di welfare, come documenta un’analisi dell’Economist Intelligence Unit. In sedi come l’Ocse si dovrà promuovere un riassetto. Orlando potrebbe precedere, non andare a rimorchio, anche in quanto a ragione della nostra finanza e debito pubblico, per non parlare della nostra struttura demografica, i problemi dell’Italia nell’assicurare un adeguato e sostenibile welfare sono più gravi di quelli di gran parte degli altri Paesi industrializzati ad alto reddito medio.

Si dovrebbe definire, d’intesa con le Regioni e le Province autonome, un modello di welfare ed alla luce del modello concordato rivedere norme ed istituti approntando un “testo unico”, o strumento analogo, per la materia. Un lavoro urgente ed importante che lo caratterizzerebbe come un vero riformatore non come uno dei tanti passeggeri a Palazzo Balestra in quel di Via Veneto 56.

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