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Phisikk du role – Il decalogo televisivo (azzeccato) di Grillo

Stavolta Grillo l’ha azzeccata, tirandosi addosso una camionata di stizze, qualche volta servite in vassoi coltissimi. Abbiamo letto di accostamenti a Pasolini, Derrida e Baudrillard. Forse più appropriato sarebbe ciò che a Grillo effettivamente appartiene: il situazionismo di Debord. La rubrica di Pino Pisicchio

In fondo Beppe Grillo è l’emblema di quell’arci-italiano perennemente periclitante tra il serio e il faceto, il dramma e la farsa, alternando colpi di genio con colpi di fortuna, discese ardite con risalite. Più o meno temerarie. Comunque provateci voi a fare un partito, a portarlo ai livelli elettorali della Dc di De Mita, togliendovi lo sfizio non solo di non entrare in Parlamento- o di andarci di quando in quando indossando gli scafandri da astronauta o da palombaro- ma anche di mandarci un esercito di giovanotti di primo pelo, con l’attitudine a brandire, più che noiosi testi di procedura parlamentare, apri-scatole-di tonno e redditi di cittadinanza.

Basta: “l’eccelso” ha fatto discutere assai in questi giorni sul decalogo dettato ai suoi portavoce per stare nei talk televisivi insieme agli altri. Si è sollevato il putiferio, con indignazioni di conduttori a-un-passo-dalla santificazione, che gridavano allo scandalo per l’attacco liberticida del comico-garante dei Cinque Stelle. Che, in verità, aveva espresso un bouquet di regole d’ingaggio che pareva una cassetta degli attrezzi per difendersi da quella roba ermafrodita che è l’infotaiment: metà informazione e metà spettacolo. Mixato e somministrato come una papagna, la tisana delle nonne di una volta a base di Papaver somniferum per intontire un popolo ormai senza più speranza ne’ forza di reagire.

Grillo chiedeva, alla fine, una sobrietà stile Jader Jacobelli – re delle tribune politiche in bianco e nero- elencando i suoi desiderata: che i partecipanti “siano messi in condizione di poter esprimere i propri concetti senza interruzioni di sorta per il tempo che il conduttore vorrà loro concedere, e con uguali regole per il diritto di replica, che dovrà sempre essere accordato”.

Da uomo di televisione si preoccupava di inquadrature malevole, mezzi calzini e suole bucate di scarpe, chiedendo di evitare inquadrature improprie al fine di “focalizzare l’attenzione sui concetti espressi” dall’ospite. Insomma può fare meraviglia ma stavolta Beppe l’ha detta proprio giusta. La gente- in cattività da un anno, costretta ai domiciliari e alla tv- ha il diritto di avere “informazioni” separate dallo spettacolo. Nelle centinaia di canali satellitari in bianco, se lo stomaco regge gli spot pubblicitari, si trova un’offerta di spettacoli immensa: se uno vuole se li vede. Ma non li deve subire mentre si finge di somministrare informazione: il politico nello spazio ermafrodita proprio no, non si può reggere. Un modo di riconnettere politica e popolo diverso dal fare il battutista nei talk show della Rai, di Mediaset e della Sette, ci dovrà pur essere.

Un’idea originale potrebbe essere quella di tornare a dialogare con il corpo elettorale ( do you remember?) e non consumare tutto il tempo a trastullarsi con comparsate nei salotti televisivi, a far finta di discutere di massimi sistemi. Il tema, gettato sul tappeto alla maniera dell’eccelso, un po’ straniata e un po’ vera, è serio e meriterebbe qualche profondità soprattutto nel tempo che stiamo vivendo, in cui l’elettrodomestico televisivo è diventato il centro della vita famigliare di migliaia d’Italiani, costretti non solo a contristarsi per il dramma quotidiano del covid, ma anche ad attingere informazione politica dalla compagnia di giro – completata da “opinionisti” variopinti e stagionati- che invade i salotti. Dello studio televisivo e, ahimè, anche quelli di casa.

Insomma: stavolta Grillo l’ha azzeccata, tirandosi addosso una camionata di stizze, qualche volta servite in vassoi coltissimi. Abbiamo letto di accostamenti a Pasolini, Derrida e Baudrillard. Forse più appropriato sarebbe ciò che a Grillo effettivamente appartiene: il situazionismo di Debord. Il gesto dissacrante che strania il contesto. Ecco, anche stavolta l’eccelso lo trovi lì, in uno spazio sospeso tra serio e no.

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