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Poteri dello Stato e regioni colorate. Chi ha l’ultima parola sulla pandemia?

Di Tommaso Edoardo Frosini

Come conciliare la sentenza della Consulta che riafferma la competenza dello Stato sulla salute dei cittadini, e i poteri delle Regioni cui il governo ha delegato la gestione delle zone “colorate”? Le libertà costituzionali vengono prima di tutto. L’opinione del costituzionalista Tommaso Edoardo Frosini, ordinario all’Università Suor Orsola Benincasa

A sostegno della tesi favorevole alla competenza esclusiva dello Stato nella tutela della salute viene ora brandita, a mò di scudo, una recente sentenza della Corte costituzionale, la n. 37 del 2021. Dove, a un certo punto del periodare, la sentenza dichiara: “è da affermare il divieto per le Regioni, anche ad autonomia speciale, di interferire legislativamente con la disciplina fissata dal competente legislatore statale” nella profilassi internazionale. Tradotto in concreto, le Regioni non possono legiferare in materia di prevenzione e tutela della salute al tempo del Covid-19.

Posizione da condividere ma da specificare. Le Regioni, ovvero i Consigli regionali, non possono fare leggi ma i presidenti delle Giunte possono emanare ordinanze, che sono atti amministrativi e pertanto non assoggettabili al giudice costituzionale. È con le ordinanze, piuttosto che con le leggi (fatta eccezione per quella della Val d’Aosta, che ha consentito lo scrutinio di costituzionalità all’inizio ricordato), che le Regioni stanno provando a regolamentare alcune situazioni, derivate dall’imposizione cromatica che il Governo, per mezzo di un algoritmo, stabilisce settimanalmente. A ogni colore corrisponde un maggiore o minore impedimento delle libertà costituzionali.

Il Governo impone dei colori alle singole Regioni, con le quali stringe o allenta le limitazioni a tutta una serie di diritti costituzionali, a cominciare da quello di libera circolazione. Spetta, allora, alle singole Regioni adoperarsi con provvedimenti normati sotto forma di ordinanze, il cui obiettivo è quello di riuscire a cambiare il colore che il Governo gli ha assegnato, passando dal rosso smeriglio al giallo canarino o, auspicabilmente, al bianco candido.  Infatti: chi se non le stesse Regioni conoscono e controllano il loro territorio e quindi sanno cosa fare per evitare la circolazione del virus? D’altronde, la colorazione governativa è riferita alle singole Regioni e quindi diventa una competenza a loro stesse attribuita. Da esercitare con le ordinanze, se no con che? Anche in nome dell’autonomia che alle Regioni spetta secondo costituzione.

Prendiamo il caso della Sardegna, che vantava il bianco quale colore identificativo del basso livello di contagio nel territorio. Il Presidente della giunta ha emanato delle ordinanze, ultima delle quali il 5 marzo scorso, che avevano il chiaro intento di preservare la zona bianca. Il provvedimento assunto dalla Regione Sardegna prevedeva, come già fatto in Islanda e Israele, un controllo sanitario attraverso il tampone, fatto e dimostrato oppure da farsi appena sbarcati, ovvero l’avvenuta vaccinazione e quindi l’immunizzazione dal virus.

Un provvedimento con il quale si voleva garantire, alla cittadinanza, sicurezza e tutela sanitaria ed esercizio di diritti costituzionali, quali quello di impresa e di iniziativa economica, quello di circolazione e di soggiorno. Un’ordinanza, quindi, che può essere definita di interpretazione costituzionalmente orientata. Poco vale, piuttosto, invocare l’art. 120 della costituzione, nella parte in cui afferma che “La Regione non può […] adottare provvedimenti che ostacolino in qualsiasi modo la libera circolazione delle persone e delle cose”.

Primo, perché l’ordinanza non prevedeva nessun ostacolo ma piuttosto un controllo sanitario delle persone che accedono in Sardegna; secondo, perché il ripristino delle libertà costituzionali, che si può ottenere soltanto con provvedimenti che tutelino la zona bianca, prevale sempre e comunque. Insieme alla tutela del diritto fondamentale alla salute dell’individuo e nell’interesse della collettività, di cui all’art. 32 della costituzione.

Purtroppo, il bianco sardo si è macchiato di arancione. L’obiettivo però è quello di farlo tornare lindo. Soprattutto per il tramite di ordinanze che impongano regole per salvaguardare il territorio, i suoi cittadini e le loro libertà costituzionali. L’esempio della Sardegna deve valere per le altre Regioni: ognuna delle quali deve assumere provvedimenti amministrativi per garantire l’esercizio dei diritti costituzionali alla cittadinanza, che sono compressi con il rosso ma che si espandono con il bianco.

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