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Perché ricordare tutti i caduti della Grande guerra. Parla Rossini (M5S)

Dopo la Commissione Difesa del Senato, anche l’omologa della Camera ha approvato una risoluzione volta a riabilitare i 750 fucilati durante la Grande guerra, condannati allora dalle Corte militari per reati di varia natura. Intervista al primo firmatario, Roberto Rossini, deputato M5S

Dopo la Commissione Difesa del Senato, anche l’omologa della Camera ha approvato una risoluzione volta a riabilitare i 750 fucilati durante la Grande guerra, condannati allora alla massima pena dalle Corte militari per reati di varia natura. Il primo firmatario della risoluzione a Montecitorio è Roberto Rossini, in quota M5S, che abbiamo sentito per commentare l’iniziativa.

Onorevole, da dove nasce questa iniziativa?

Stiamo parlando di un tema delicato: soldati italiani uccisi da “mano amica”, esecuzioni da parte di plotoni italiani, eseguite in gran parte con processi sommari o senza alcun processo. Cose che chiaramente sono accadute in tutti gli eserciti ma, nel nostro, in modo molto più frequente. La giustizia militare italiana all’epoca usò il pugno di ferro per reprimere i reati contro la disciplina e le leggi di guerra. Un esempio significativo della brutalità della normativa di guerra in vigore all’epoca è la circolare Cadorna 2910 del novembre 1916, che autorizzava gli ufficiali – in caso di mancato accertamento dei responsabili – a estrarre a sorte i nomi dei soldati da fucilare per dare l’esempio agli altri. Esecuzioni a caso per dare una lezione alle truppe, situazioni dove la distinzione tra colpevoli e innocenti passa in secondo piano. Un capitolo doloroso e troppo a lungo rimosso della nostra storia, che tocca sensibilità vive ancora oggi, soprattutto in alcuni territori. Già nella scorsa legislatura il MoVimento 5 Stelle aveva posto il tema, con la mia risoluzione – appena votata alla Camera – raggiungiamo l’obiettivo.

I 750 caduti sono stati fucilati a seguito di sentenze emesse dalle Corti militari per reati contro la disciplina e contro le leggi di guerra. Insomma, anche disertori (veri o presunti) e colpevoli di reati. Il tema è dunque delicato. Quale è il messaggio che la risoluzione vuole dare?

Dare una risposta importante al Paese, a tutti quei territori da anni in attesa della riabilitazione dei propri cittadini che sono stati uccisi e dimenticati. Tanti sindaci che ci tengono a riabilitare i loro compaesani; tanti figli e nipoti per i quali riabilitare la memoria dei loro padri, nonni, zii può significare il riscatto sociale di una famiglia. Intitolare una targa commemorativa ai fucilati di guerra presso l’Altare della Patria vuol dire preservarne e onorarne la memoria. Una testimonianza di solidarietà e riconoscenza ai militari caduti, ai loro familiari e alle popolazioni interessate. Il messaggio è chiaro: l’Italia non dimentica le proprie vittime.

Qualcuno ha paventato il rischio di equiparare i fucilati ai caduti in combattimento. Non c’è secondo lei tale rischio?

Qui non si tratta di equiparare i fucilati a chi è caduto in combattimento per difendere il nostro Paese, niente medaglie al valore. Si tratta di restituire la dignità a cittadini italiani che, colpevoli o innocenti che fossero, sono comunque vittime di guerra. Si tratta di riabilitare i nostri caduti, reintegrare nella memoria nazionale quella pagina dolorosa della nostra storia. Altri Paesi hanno fatto i conti da tempo con questa scomoda memoria, riconoscendo i loro fucilati per mano amica come caduti in guerra, riabilitandoli così agli occhi delle famiglie e del loro Paese. Penso per esempio alla Francia, alla Gran Bretagna, al Canada. Ora anche il nostro Paese può fare i conti col passato.

La risoluzione impegna il governo a promuovere ogni iniziativa volta al recupero della memoria dei 750 caduti. Quanto è importante la “memoria” per un Paese? E quanto conta la memoria sullo specifico caso dei fucilati durante la Prima guerra mondiale?

La memoria storica rappresenta il pilastro fondamentale di una nazione. Ricordare le gesta dei nostri padri, oltre a rendere loro omaggio, serve a rafforzare il sentimento di unione e appartenenza alla comunità. Ma soprattutto serve a imparare dai propri errori. Chi non conosce la storia è condannato a ripeterla. Nel caso specifico, riscattare la memoria dei fucilati della Grande Guerra è importante per rendere giustizia a soldati uccisi brutalmente e in tanti casi anche ingiustamente. In questo senso, assume particolare rilevanza l’apertura degli archivi delle Forze armate e dell’Arma dei carabinieri, la possibilità per gli storici di approfondire lo studio di pagine ancora oscure del nostro passato. Ma anche a livello locale, il recupero delle informazioni, la pubblicazione dei nomi e delle circostanze della morte dei caduti negli albi comunali è la risposta, come dicevo, a un bisogno molto sentito sui territori. Non è che il giusto tributo alla storia.

Come è proceduto il dibattito in commissione Difesa?

Il confronto tra le diverse posizioni è stato profondo e tutti hanno dato il loro contributo, arricchendo ulteriormente il testo della risoluzione che era stata già condivisa in Senato. Il presidente della commissione Rizzo è stato molto soddisfatto di come si sono svolti i lavori, lo stesso sottosegretario Mulè si è complimentato. Tutti hanno riconosciuto il valore dell’iniziativa e la bontà del testo finale. E alla fine l’appoggio è stato unanime. Stavolta i presupposti ci sono, anche perché quest’anno abbiamo un’occasione simbolica importante: la cerimonia che si terrà il prossimo 4 novembre per il centenario della traslazione del Milite ignoto all’Altare della Patria. È giunto il momento.



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