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Salvini in Europa? Approdi vicini e lontani. La bussola di Ocone

Corrado Ocone legge tra le righe dell’intervista rilasciata da Matteo Salvini ad Annalisa Chirico. Il pezzo forte? La collocazione europea della Lega. Due alternative e una terza via…

Il pezzo forte dell’intervista rilasciata da Matteo Salvini ad Annalisa Chirico è quello concernente la collocazione europea della Lega. Ma lo è, a mio avviso, più per quello che il leader non dice, o meglio dice implicitamente, che non per ciò che ha colpito in prima istanza gli organi di comunicazione, sempre abbastanza tendenziosi, e i commentatori. Che è l’elemento che potremmo riassumere così: “altro che europeismo: Salvini chiude ai popolari e si schiera con il ‘sovranista’ Viktor Orbàn!”.

Mai come in questo caso, invece, bisogna saper leggere fra le righe. Intanto, la notizia è che la Lega sta lavorando, nel parlamento europeo, ad un “nuovo gruppo con ungheresi e polacchi”. Il che significa che la rottura con il gruppo di Marine Le Pen e dell’Afdp, già evidente nel voto in aula sul Ricovery Fund di qualche settimana fa, si è di fatto consumata. A questo punto, se si potesse percorrere la strada di ciò che in Europa già c’è, le alternative di approdo sarebbero due: o il gruppo dei conservatori, guidato da Giorgia Meloni, da una parte; o quello dei popolari, dall’altra.

Due approdi in questo momento impraticabili. Che la prima strada non sia percorribile, è politicamente evidente: nonostante diverse affinità culturali, i conservatori hanno già un referente italiano, e anzi hanno appena eletto come leader proprio la presidente e fondatrice di Fratelli d’Italia. Un partito che è alleato, ma anche per molti aspetti concorrente della Lega. Quanto ai popolari, Salvini è ancora più esplicito: non dice che non vuole entrarvi, ma che l’ingresso “non è all’ordine del giorno”. Che significa questa espressione? A mio avviso, solo ed esclusivamente che nell’immediato non ci sono le condizioni, ma che un domani potrebbero esserci. Il fatto è che i matrimoni si fanno in due, e più che Salvini a non volersi sposare credo che siano oggi soprattutto i popolari. Non per incompatibilità ideale in assoluto, ma per incompatibilità fra la politica della Lega e la curvatura imposta ai popolari dallo loro attuale maggioranza. Che, fra l’altro, è uscita rafforzata con l’elezione recente a leader dei cristiano democratici tedeschi di Armin Laschet.

L’escamotage di una terza via è perciò un’operazione necessitata da un punto di vista ideale solo in negativo, cioè per quel che rifiuta: l’appartenenza della Lega alla Destra radicale e antisistema. Mente in positivo è politicamente utile perché permette, momentaneamente, di avere un peso e contare qualcosa nella dialettica parlamentare. In attesa, appunto, che muti il contesto. Un futuro approdo fra i popolari, per quanto certo non temporalmente vicino, non è da scartare per principio, e infatti Salvini non lo scarta. Perché possa realizzarsi dipende però più dall’evoluzione politica che il gruppo di Angela Merkel avrà che non dalla Lega.

Che il popolarismo guardi esclusivamente a sinistra, non è affatto pacifico: i valori cristiani sono profondamente altri rispetto a quelli liberal o di sinistra. E anche storicamente, l’alleanza coi socialisti è abbastanza impropria: tradizionalmente le due forze si sono sempre poste come alternative, cioè antagoniste. E oltre ai valori anche sugli interessi rappresentati c’è una convergenza fra popolari e Lega: nell’un caso e nell’altro, sono quelli del mondo produttivo, industriale e post-industriale.

Quello che comunque a me sembra evidente è che nel guado non si possa stare troppo a lungo: la cultura politica, a livello europeo e non solo nazionale, alla fine reclama i suoi diritti e le forze politiche devono corrispondervi. È sui grandi temi di fondo, sugli ideali e i suoi metodi del loro perseguimento, che il dibattito deve cominciare ad attivarsi. Anche e soprattutto a livello europeo.


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